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Cultura scientifica e umanistica sono inscindibili

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Le lettere

Cultura scientifica e umanistica sono inscindibili

Caro Luca, Freud pubblicò la sua “Interpretazione dei sogni” nel 1900. Aspettò anzi a pubblicarla proprio perché uscisse nel nuovo secolo, che ha inaugurato e quanto mai profondamente segnato. Da allora la psicoanalisi ha conosciuto promettenti sviluppi, applicazioni selvagge, svariate morti e rinascite. Nel 2000 veniva fondata (tra gli altri da Solms e Panksepp) la società internazionale di Neuropsicanalisi che segnava (finalmente) l’avvio dell’«alleanza tra neuroscienze e psicoanalisi» ora “naturale” ma a lungo, e a tratti tutt’ora, osteggiata. Per fortuna non mancano neanche in Italia esempi quanto mai fruttuosi di collaborazione tra psicoanalisi e neuroscienze quali quelli di Gallese e Merciai, per capire più in profondità, dietro i comportamenti, i nostri meccanismi mentali, il potere in gran parte inconscio delle emozioni e degli affetti nella nostra vita quotidiana, la limitatezza della nostra coscienza oltre che conoscenza.

Il nostro secolo è però anche il secolo della tecnologia, del digitale dei social network. In che relazione sta la tecnologia, che, come scrive la Turkle «si propone come l’architetto della nostra intimità» con le scienze che della nostra intimità si occupano? Chi potrebbero essere i novelli Freud che ci aiutano a interpretare il digitale in cui siamo immersi come in un avvolgente inconscio in cui ci dibattiamo con tanta animosità quanto scarsa consapevolezza? Se il social networking stesso, come scrive Balick, risponde al bisogno umano più profondo, quello relazionale, contenendo in sé gli elementi basilari della tecnologia e della vita relazionale, perché ci facciamo così facilmente influenzare e spesso travolgere da Facebook, Twitter, Instagram, Snapchat? Chi, che cosa ci può aiutare a capire che anche sui Social Media non siamo “padroni in casa nostra”? A riconoscere (e a gestire meglio) i dettami del contagio emozionale, della violenza gratuita, del panico di massa?

Giuliano Castigliego


Caro Castigliego,

nella sua lettera c’è il senso del tempo: una pluralità di durate, una sedimentazione di ritmi diversi. La dimensione strutturale, ripetitiva, millenaria, continua a essere il contesto della vita degli umani anche in un’epoca che molti avvertono come caratterizzata da un’accelerazione di innovazioni che apparentemente cambia tutto. E, nella storia, tra ciò che si muove lentamente, nonostante ogni genere di spinta trasformativa, ci sono proprio le dimensioni della cultura, della psicologia, della ricerca sul rapporto tra consapevolezza e inconscio. Non sta certo a me discutere se sia anche “collettivo”, quell’inconscio. Le scuole di pensiero, come i percorsi di ricerca, sono a loro volta molteplici. Ma si può notare come una comunità umana che si osserva nei riflessi digitali che lascia a ogni passo della sua vita quotidiana contemporanea, modifica se stessa, le sue reazioni, la sua consapevolezza e, probabilmente, il suo inconscio: anche questo impone a chiunque tenti autenticamente di comprendere gli umani di progettare la ricerca superando la vecchia separazione tra i percorsi umanistico e scientifico.

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