Commenti

Le mani su Reggio Calabria: sul piatto lavori per 500 milioni

  • Abbonati
  • Accedi
si rischia un «nuovo» sacco

Le mani su Reggio Calabria: sul piatto lavori per 500 milioni

(Marka)
(Marka)

Il rumore – finora – è rimasto in riva allo Stretto ma presto deflagrerà nelle stanze romane, anche alla luce del fatto che c'è chi, per verificare eventuali condizionamenti mafiosi nel Comune, ha rilanciato la richiesta al ministero dell'Interno di una Commissione d'accesso agli atti del municipio.

Reggio Calabria non trova pace
Reggio Calabria non trova pace e a poco o nulla pare essere servito lo scioglimento per contiguità mafiosa del consiglio il 9 ottobre 2012. Correvano altri tempi e soprattutto correvano i cavalli di Giuseppe Scopelliti che si era vantato in tutto il mondo della luminescenza amministrativa del “modello Reggio”. Poi si è visto come è andata a finire. Sembra di capire che cambiando cavalli politici e modelli il nodo resti sempre lo stesso: la famelica voracità sui milioni che a pioggia continuano a bagnare la città in riva allo stretto che, come se non bastasse, sarà arricchita da quelli legati all’area metropolitana. Una manna dal cielo che fa gola a tutti – non a caso l'indagine Mammasantissima di luglio 2016 della Dda reggina ha svelato che i soliti noti erano trasversalmente pronti ai blocchi di partenza per lanciare lo sprint sull'accaparramento anche delle briciole – e che sembra trovare pochi argini.

Cifre da capogiro
Le cifre, da investire nei prossimi anni, stimate dal Sole-24 Ore sono da capogiro. Almeno 330 milioni dal decreto Reggio, 77,3 dal Patti per il Sud, 32 milioni dai Fondi europei Pon Metro. In totale fanno 439 milioni ai quali si aggiungono decine di milioni per progetti vari di riqualificazioni edilizie e infrastrutturali. Complessivamente la posta in gioco è di circa 500 milioni. Cifre enormi che oltretutto non tengono conto di quanto sta accadendo nella vicina Messina. Un doppio filo lega da sempre il destino incrociato sullo Stretto, fatto sì di investimenti veri o presunti (si veda il ponte) ma anche di altissimi rischi (quando non certezze) di infiltrazioni mafiose. Un pacchetto plurimilionario di questa entità presuppone una mano forte e ferma in grado di guidare i progetti, canalizzare le risorse, mortificare gli appetiti famelici e denunciare gli illeciti. Il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, l'aveva controvoglia individuata il 15 novembre 2014 in Angela Marcianò, giovane avvocato, ex collaboratrice e persona di stretta fiducia dell'attuale capo della procura di Catanzaro Nicola Gratteri. Anni di litigi, frecciate, stoccate, veleni fino ad un gesto che la Marcianò ritiene inconsulto: anziché accentrare i capitoli di spesa in capo al suo assessorato ai Lavori pubblici, a sorpresa, il 24 dicembre 2016, in occasione di un rimpasto di giunta sotto l'albero di Natale, nelle deleghe è rimasta tagliata fuori da tutti i lavori pubblici finanziati dal decreto Reggio, dai Patti per il Sud e dai Fondi europei Pon Metro.

Il grido di allarme
«Chiedetevi se nelle altre città d'Italia i lavori pubblici sono gestiti da diversi assessori e non invece dall'unico che ne sarebbe pienamente legittimato!» ha scritto Marcianò il 25 luglio in una chilometrica lettera aperta ai reggini, dopo essere stata licenziata, pochi giorni prima, a mezzo stampa dal sindaco. L'ex assessore ai Lavori pubblici e alla legalità, aveva chiesto la riunificazione in capo ad un unico settore già nello scorso anno ma la proposta di delibera le è stata sonoramente bocciata in Giunta. Non solo: tre delegati alle manutenzioni (idriche, stradali e illuminazioni) l'hanno di fatto commissariata, ha spiegato ai cittadini.

Secondo Marcianò c'è «la necessità di adeguare le politiche di gestione dei lavori pubblici al nuovo codice degli appalti, in cui si dice che anche ai fini dell'anticorruzione non è ammissibile la frammentazione della gestione dei lavori pubblici tra più centri decisionali che ne rende più facile l'annidarsi di criticità, episodi di malaffare, o comunque di cattiva esecuzione dei lavori, in assenza di direttive centrali ed unificate e di controlli interni facenti capo ad un'unica dirigenza ed a un unico settore, con univocità di responsabilità».

La risposta del sindaco Falcomatà
Gli stracci sono volati alti tra Marcianò e il sindaco che due giorni dopo, il 27 luglio, ha risposto con una lettera ancor più chilometrica nella quale ha puntualizzato che «il decreto Reggio è, da sempre, prerogativa del sindaco che agisce come funzionario delegato dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti così come previsto dalla legge, tanto che esiste uno specifico ufficio “leggi speciali (...) I Patti, sono prerogativa della città metropolitana; i fondi comunitari e i Pon Metro sono di competenza del settore Ue per l'attrazione e del settore Lavori pubblici per la realizzazione come è sempre stato nel Comune di Reggio Calabria e affermare il contrario è sintomo evidente di una sindrome da mania di persecuzione o, peggio ancora, un ulteriore bieco tentativo di confondere l'opinione pubblica». Risposta in punta di diritto ma che non spiega perché fosse tanto difficile riunire in capo ad un solo assessorato la gestione di quasi 500 milioni.

Ilrischio di una commissione di accesso
E così, dopo aver nel recentissimo passato incassato i complimenti del capo della Procura della Repubblica di Reggio Calabria Federico Cafiero De Raho come interlocutore serio e affidabile e mentre il 29 luglio in mattinata alcune centinaia di persone si sono riunite sotto il municipio di Reggio Calabria per portarle sostegno – Marcianò dal 31 maggio di quest'anno è nella segreteria nazionale del Pd pur non essendo iscritta mentre Falcomatà che pure ambiva al ruolo ne è rimasto escluso – la deputata del M5S è tornata a scuotere il ministero dell'Interno. Nesci, infatti, il 24 luglio ha integrato l'interrogazione del 21 luglio 2016 al ministro dell'Interno (all'epoca era Angelino Alfano), con la quale chiedeva la commissione d'accesso agli atti del municipio dopo che una serie di indagini della magistratura erano tornate a scuotere la città e avevano nuovamente evidenziato gli appetiti criminali sugli appalti pubblici. Oggi ministro dell'Interno è Marco Minniti, che è di Reggio Calabria, è compagno di partito di Falcomatà e dagli anni Novanta (prima come segretario di federazione di Reggio e poi come segretario regionale del Pds prima e del Pd poi) è l'uomo che per il partito regola gli equilibri in regione e detta la linea. Ma alla 31enne Nesci, battagliera parlamentare che interviene su tutto e su tutti quelli che stormiscono in Calabria, tutto questo non interessa. Vuole una risposta dal ministro, quantomeno per contraddire il suo cognome che in toscano vuol dire “far finta di non sapere”. Con lei attendono risposta migliaia di reggini.
r.galullo@ilsole24ore.com

© Riproduzione riservata