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L’Italia merita un posto di primo piano nella storia del pensiero economico

Gentile Fabi,

apprezzo la sua rubrica dedicata ai libri di economia su Radio 24 e vorrei coinvolgerla in una discussione che ho avuto con alcuni amici. Il tema è stato ovviamente quello dell’economia. Alcuni sostenevano che non esiste una scuola economica italiana e che quindi il peso degli economisti italiani nell’evoluzione del pensiero economico è stato sempre irrilevante. A sostegno di questa tesi hanno portato il fatto che a nessun italiano è stato assegnato il Nobel dell’economia, con la sola eccezione di Franco Modigliani ma per i suoi studi svolti in America. Da parte mia ho fatto notare che economisti italiani avrebbero potuto meritare il Nobel, ma non l’hanno ricevuto anche per lo scarso peso politico del nostro Paese. Che ne pensa?

Giovanni Marsili

Gentile Marsili,

innanzitutto ritengo che lei abbia ragione, ma la dimostrazione di questa affermazione richiederebbe molto di più delle poche righe di questa risposta. I premi Nobel rispondono a logiche tutte particolari, anche quello per l’economia che in realtà è stato istituito dalla Banca di Svezia e non era stato previsto nel testamento di Alfred Nobel. Resta il fatto che dal 1969 a oggi il premio è stato assegnato per 40 volte a economisti americani mentre gli altri Paesi seguono a grande distanza (la Gran Bretagna è a quota 7, la Russia a quota 4) e spesso anche questi con studiosi impegnati nelle università americane. Alcuni italiani avrebbero sicuramente meritato il premio quando erano viventi: si possono citare Piero Sraffa, Federico Caffè e Giorgio Fuà. Altri lo meriterebbero oggi. E l’elenco potrebbe essere lungo. Perché l’Italia ha ottime facoltà e una ricca tradizione di teorie e di studi economici. Si può ricordare a questo proposito la figura di Pier Luigi Porta, economista e storico del pensiero, scomparso lo scorso anno e a cui Stefano Zamagni e Michele Dorigatti hanno dedicato una raccolta di saggi in suo onore dal titolo molto significativo Economia è cooperazione (Ed. Città nuova, pag. 272, €22). Porta è stato un appassionato sostenitore di un’economia fondata sui valori umani più che sugli interessi e ha costantemente fatto riferimento alla scuola italiana di economia civile, una scuola che risale al Settecento con, tra gli altri, Cesare Beccaria e Antonio Genovesi. E nella dimensione della globalità è sempre più importante comprendere nelle categorie economiche anche fattori come la solidarietà, il dono, la cooperazione. Tutto questo per dire che l’Italia merita un posto di primo piano nella storia del pensiero economico. Forse non altrettanto nella sua attuazione.

gianfranco.fabi@ilsole24ore.com

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