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La scelta digital dei «big farm»

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La scelta digital dei «big farm»

(Ap)
(Ap)

L’acquisizione del gruppo agrochimico americano Monsanto da parte della tedesca Bayer - operazione da circa 66 miliardi di $ - resta in attesa delle conclusioni dell’indagine aperta dall’Antitrust europea. L’esito è previsto per l’8 gennaio 2018 e, se non ci saranno rilievi, farebbe nascere un colosso mondiale nei settori degli antiparassitari, dei fitofarmaci, delle sementi geneticamente modificate (Ogm).

Il gruppo controllerebbe il 24% del mercato dei prodotti chimici per l’agricoltura e la zootecnia e il 29% del mercato dei semi. E sarebbe uno dei tre competitor globali assieme a ChemChina/Syngenta e Dow/Dupont. Tutti assieme, questi tre big dell’agrochimica avrebbero - secondo alcune analisi - il 77% delle vendite di fitofarmaci nel mondo e il 61% di quelle di sementi Ogm. A livello planetario non esistono settori strategici dell’economia a così alto livello di concentrazione, commercializzazione ma anche innovazione e ricerca. Da qui si è acceso il faro indagatore dell’Autorità europea della concorrenza.

La nuova frontiera

Nelle analisi che, nei giorni scorsi, hanno fatto seguito all’annuncio dell’operazione Bayer-Monsanto – ribattezzata da alcuni “Bayersanto” – è stato messo l’accento sui singoli cavalli di battaglia frutto della ricerca chimica di entrambi i gruppi (i diserbanti a base di glifosate della Monsanto e di glufosinato ammonio della Bayer), sulle produzioni di sementi (mais, grani tenero e duro, soia, colza, cotone) resistenti ai diserbanti non selettivi e geneticamente modificate. Ma Bayer e Monsanto, da qualche anno, hanno allargato la loro sfera di attività a quello che ormai tecnici ed esperti definiscono come il futuro senza ritorno dell’agricoltura: la “precision farming” o l’agricoltura di precisione o, ancora, l’agricoltura digitalizzata 4.0. Sotto la dizione di precision farming stanno quelle nuove tecniche di supporto all’impresa agricola - quindi alle coltivazioni e all’allevamento - scaturite dall’era digitale. Dall’uso dei satelliti per mappare e analizzare i terreni, ai sensori per conoscere in ogni momento lo stato di salute della coltivazione; dai droni che rilevano informazioni sui campi alle centraline meteo; dalle app per smartphone e tablet che permettono di gestire irrigazione e fertilizzazione ai programmi di elaborazione dati per i computer aziendali. Fino ad arrivare ai sistemi di geolocalizzazione che guidano macchine, trattrici e mietitrebbiatrici senza l’ausilio dell’uomo o di manodopera. Per dare una misura dell’importanza di questa nuova scienza - pratica in grande sviluppo e già teorizzata negli anni Settanta - è sufficiente dare una scorsa a Youtube, dove quasi 400mila filmati parlano e spiegano virtù e debolezze dell’agricoltura digitalizzata. I vantaggi comunque - secondo la preponderanza degli esperti - sono maggiori delle critiche: miglior utilizzo dei suoli, minor impiego di mezzi tecnici (appunto fitofarmaci, diserbanti e sementi) e una migliore gestione dell’acqua. In poche parole: più sostenibilità ambientale e minori costi.

Il mondo cresce, il clima cambia

Non è un caso, quindi, che due big dell’agrochimica e delle sementi abbiano deciso di investire risorse importanti nelle tecnologie che meglio accompagnano la sostenibilità. Forse un sistema per fare scudo alle critiche globali di ambientalisti, oltranzisti e scienziati che ogni giorno alimentano blog e canali social per criticare l’attività delle multinazionali della chimica: sotto accusa non solo l’impatto dei loro prodotti sull’ambiente, ma anche la dominanza in mercati strategici come lo è appunto quello delle sementi. Secondo uno studio della Fao, l’80% della dieta alimentare umana si basa sulle piante (consumate direttamente o trasformate); 250mila specie vegetali, 30mila sono adatte all’alimentazione. Tuttavia solo 30 specie sono coltivate su larga scala nel mondo e appena cinque sono cereali (riso, grano, mais, miglio e sorgo). Con il ritmo forsennato della crescita del numero della popolazione mondiale (80 milioni di nuovi individui l’anno per arrivare a una popolazione totale di nove miliardi di abitanti nel 2050) è evidente l’urgenza di incrementare produzione e produttività dell’agricoltura, senza depauperare ulteriormente terreni e foreste. Sempre la Fao prevede che «per sfamarci tutti entro il 2050 sarà necessaria una crescita della produzione mondiale di cibo del 60% oltre i livelli attuali. Inoltre il numero della gente denutrita è cresciuto costantemente negli ultimi 15 anni, da poco meno di 800 milioni nel 1996 a 925 milioni nel 2010. L’aumento dell’insicurezza alimentare si riflette sui prezzi alimentari altamente volatili. La globalizzazione e il rapido processo di urbanizzazione stanno influenzando i comportamenti dei consumatori, inclusa la sostituzione di diete tradizionali con cibi a maggior contenuto di grassi e calorici». Oltre al boom demografico, si sta manifestando con evidenza un altro fenomeno con cui ci stiamo già confrontando: il cambiamento climatico. Come è stato sottolineato e ribadito nel corso del semestre di Expo a Milano nel 2015 (Nutrire il Pianeta, energia per la vita), è imperativo non consumare le risorse naturali della Terra, in particolare acqua, aria e suoli.

Monsanto e Bayer 4.0

Nel 2013 la multinazionale americana Monsanto acquistò la società Climate Corporation di San Francisco. Fondata nel 2006, Climate Co. ha sviluppato sistemi digitalizzati per integrare fra loro dati meteo locali e informazioni agronomiche sulle performance di coltivazioni e campi. Con analisi e algoritmi è possibile calcolare le rese ad ettaro delle colture in atto, e programmare gli interventi necessari. Negli ultimi anni Monsanto ha investito più di un miliardo di dollari per ampliare la propria offerta di supporto digitale per imprese agricole, promuovendo una duplice strategia: alla fornitura di sementi e fitofarmaci si affianca la fornitura di servizi specializzati e personalizzati. Alla presentazione dell’operazione Climate, il vicepresidente esecutivo di Monsanto, Kerry Preete, dichiarò: «Sviluppiamo prodotti che aiutano gli agricoltori a essere più produttivi. Quando si pensa che delle circa 400 decisioni che un agricoltore prende ogni anno ben 300 dipendono dall’andamento climatico, è facile comprendere perché Monsanto sia sempre più al fianco dei coltivatori con prodotti innovativi». Anche Bayer - con la sua divisione Crop Science - ha sviluppato un programma di agricoltura 4.0. Con Digital Farming la multinazionale tedesca si propone come partner delle imprese agricole a supporto del processo decisionale. Le sue applicazioni digitali “Field Manager”, “Scouting” e “Timing” sono gli elementi chiave di una piattaforma studiata con altri partner del calibro di John Deere e Yara. Una volta i coltivatori guardavano alla luna per seminare i campi, oggi ascoltano la voce sintetica di una app. I tempi cambiano.

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