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Italgas, 180 anni di storia e mercato

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1837-2017

Italgas, 180 anni di storia e mercato

Sono sempre stati anche nel lontano passato a corrente alternata i rapporti economici fra i due versanti delle Alpi. Ma nel corso di un tornante politico cruciale come il decennio preunitario la convergenza di interessi stabilitasi in un nuovo campo d’attività, quello dell’industria del gas, contribuì, insieme alle relazioni in atto da tempo nel settore serico, a creare un’ulteriore complementarità fra gli ambienti economici del Regno di Sardegna e la Francia di Napoleone III. Anche in questo caso Lione agì da protagonista, in quanto traeva notevoli profitti dalla trasformazione in tessuti dei filati provenienti dal Piemonte. Furono infatti alcuni uomini d’affari lionesi a lanciare l’idea, accolta dai loro omologhi torinesi, di creare nella capitale subalpina un’officina per l’illuminazione a gas, fornendo anche la maggior parte delle risorse necessarie. Nacque così nell’agosto 1837 la “Compagnia d’illuminazione a gaz per la città di Torino”, che si avvalse sia di tecnici francesi che di ingegneri del Genio civile subalpino.

Successivamente fu decisivo per la “Società Italiana per il Gas” (questa la sua denominazione dal 1863) l’appoggio del Credito Mobiliare per un programma basato sull’acquisizione o sulla creazione di officine in varie parti della Penisola: a cominciare da Bergamo e da Pavia. Altrettanto importante risultò la realizzazione dopo il 1871 della linea ferroviaria attraverso il Frejus, in quanto permise di ridurre il costo del carbone proveniente per lo più dalla Gran Bretagna. Inoltre l’ampliamento del gasometro di Borgo Dora consentì di sfruttare al massimo gli impianti esistenti.

Dopo di allora, fatta eccezione per gli anni Novanta (segnati dalla “guerra commerciale” fra l’Italia e la Francia e dalla crisi bancaria dovuta all’implosione delle speculazioni immobiliari a Roma), l’Italgas conobbe un lungo ciclo di crescita progressiva durato sino alla prima guerra mondiale.

Dopo la fine del conflitto le cose cambiarono in seguito alle difficoltà valutarie e agli alti costi dei noli per l’approvvigionamento del carbone inglese, nonché al risorgente municipalismo in numerose città sull’onda delle affermazioni elettorali del Partito socialista e del Partito popolare.

Il gruppo di controllo della società, costituito dal Credito Italiano e dalla Compagnie du gaz pour la France et l’Etranger, non era per il momento in grado di varare una strategia dinamica, quando irruppe sulla scena un finanziere d’assalto come Rinaldo Panzarasa che, con l’appoggio di alcuni azionisti, riuscì nel novembre 1923 ad assumere la guida dell’Italgas, che annoverava nel suo portafoglio un consistente pacchetto di azioni della Società Idroelettrica Piemontese. Egli giunse così a controllare anche la Sip appoggiandosi alla Comit. Ma puntava soprattutto a far ingresso nell’industria chimica e farmaceutica, a dispetto della Montecatini. Di fatto Panzarasa mise su una costellazione di iniziative in entrambi questi versanti, a costo di notevoli indebitamenti: finché, venuto meno nell’autunno 1930 anche l’appoggio del governo, ai primi di ottobre il titolo Italgas crollò in Borsa e la mastodontica costruzione allestita da Panzarasa, apparentemente robusta, rivelò in realtà quanto fossero gracili le sue gambe, in quanto poggiavano su un coacervo di attività radunate talora alla rinfusa o rimaste prive di un asse portante.

Tuttavia l’Italgas evitò di finire nel convalescenziario dell’Iri, dopo che i massimi esponenti della Banca Commerciale Giuseppe Toeplitz ed Ettore Conti avanzarono la candidatura di Alfredo Frassati (l’ex direttore-proprietario della “Stampa”, costretto a dimettersi da Mussolini nel novembre 1925) per il salvataggio dell’Italgas e il duce non si oppose.

La liquidazione dell’attività chimica fu la prima operazione varata da Frassati, con il sostegno del vecchio gruppo di controllo torinese, per smontare il “castello di carte” messo su da Panzarasa. Rimasto al timone della Società sino all’8 settembre 1943, egli ne riprese la guida dopo la Liberazione ricostituendo fin dal 1946 pressoché l’intera struttura industriale dell’anteguerra con 42 esercizi (con in testa Roma, Torino, Firenze e Venezia). Ma l’Italgas si autoescluse poi dal settore metanifero, in quanto era già al centro dell’aspro confronto tra l’Agip di Enrico Mattei e la Montecatini di Carlo Faina e Piero Giustiniani.

Una linea di condotta prudente, anche in quanto dovuta a ingenti investimenti per la trasformazione o l’ammodernamento degli impianti, continuò a informare l’indirizzo del Gruppo anche dopo la scomparsa nel maggio 1961 di Frassati. Gli successe a capo della Società, in veste di presidente e amministratore delegato, Paolo Thaon di Revel. Già ministro delle Finanze dal gennaio 1935 al febbraio 1943, quando era stato allontanato da Mussolini, egli possedeva perciò un’esperienza fuori del comune (essendosi dovuto occupare di risanare i conti pubblici falcidiati prima dagli oneri riguardanti il salvataggio delle imprese passate sotto il controllo dell’Iri e poi dalle spese per la conquista dell’Etiopia e infine da quelle eccezionali della guerra). Inoltre aveva il polso necessario per imprimere sia una svolta, impegnandosi per la scelta a favore del metano, sia capacità di mediazione per mantenere compatto il vecchio gruppo di controllo della Società ed evitare incursioni dall’esterno, in una fase in cui sembrava che lo Ior (presente fra gli azionisti con Giulio Pacelli e Massimo Spada) puntasse a sparigliare i precedenti equilibri al vertice della Società.

Passata infine dal novembre 1967 sotto l’egida dell’Eni, l’Italgas (che aveva una struttura che per vari aspetti era ancora quella concepita da Frassati) venne via via modificando le sue direttrici, in quanto il metano fu impiegato non solo più come materia prima ma come gas da distribuire tal quale e prevalsero nuove prospettive di sviluppo sempre più slegate dalla distillazione del carbon fossile.

Anche quale società a capitale misto pubblico e privato, l’Italgas andò man mano operando per fornire ai clienti qualità e sicurezza nei servizi integrati per il territorio. E ciò risultò un fattore essenziale per accrescere il numero degli utenti dagli anni Ottanta. Nel corso poi del decennio successivo si estese la presenza dell’Italgas, di concerto con la Snam e tramite società proprie o in compartecipazione, in Brasile e in Argentina nonché in vari Paesi europei.

Già da qualche anno l’Italgas era impegnata ad agire in funzione di un mercato più aperto e competitivo quando nel gennaio 2002 nuove norme governative stabilirono la separazione dell’attività di distribuzione da quella di vendita. In base a una propria cultura avanzata nel campo della gestione dei servizi l’Italgas aveva sperimentato anche nuove soluzioni sul versante ambientale e della sicurezza degli impianti, continuando a mantenere la sua leadership in Italia nella distribuzione del metano mediante una vasta rete di gasdotti.

Dal 7 novembre 2016 è tornata a essere quotata in Borsa dopo che a quella data giunse a compimento la sua separazione dalla Snam mantenendo un ruolo da protagonista quale primo operatore in Italia e terzo in Europa nel proprio settore d’attività.

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