La definizione di Industria 4.0 (I-4.0) sta in sei parole, preposizioni escluse: «Utilizzo di macchine intelligenti, interconnesse e collegate alla rete». Varie tecnologie, abilitate dalla microelettronica, consentono oggi di misurare ed elaborare in tempo reale un’enorme quantità di dati e di integrare la fabbrica col sistema logistico-produttivo. Quest’approccio porta innovazione di prodotto, qualità e produttività, fattori oggi determinanti per la competitività sui mercati globali. Dalla semplicità semantica si passa alla complessità reale dell’evoluzione verso nuovi modelli di business e processi gestionali attraverso l’intera supply chain. Per questo era necessario un intervento organico in Italia, come in Germania o in Francia, nel quadro di una politica industriale dal lato dell’offerta. Il Piano Nazionale Industria 4.0 lanciato dal governo a Milano il 21 settembre 2016 sta per compiere il suo primo anno. È tempo per cinque considerazioni.
(1) I-4.0 è un progetto di trasformazione complesso sia nelle imprese che adottano soluzioni I-4.0 sia sulla filiera che sviluppa soluzioni I-4.0. Il Piano si concentra sulla promozione con i Digital innovation hub, sullo sviluppo con i Centri di competenza, sulla adozione di processi produttivi I-4.0 con l’iper-ammortamento e sull’innovazione con il credito di imposta R&S. In una seconda fase sarà necessario rafforzare quest’ultimo strumento per aiutare a sviluppare prodotti e soluzioni I-4.0, mettendo a fattore comune le competenze in un tessuto industriale caratterizzato da poche grandi imprese incubatrici di tecnologia, molte Pmi con eccellente know-how e pochissime start-up.
(2) La trasformazione dei processi I-4.0 richiede un ecosistema collaborativo che faccia rete fra gli attori (imprese, università, centri di ricerca pubblici e privati, finanza e istituzioni) e i fattori (cultura d’impresa, investimenti, competenze e finanziamenti). In particolare il sistema formativo può assicurare un bilancio occupazionale positivo grazie alla necessaria trasformazione dei profili professionali.
(3) Le imprese rispondono positivamente a un quadro normativo sostanzialmente efficace e stanno investendo per prepararsi alla sfida digitale. Secondo dati Ucimu gli ordinativi di macchine utensili sono cresciuti del 28,5% annuo nel secondo trimestre, dopo un +22% nel primo.
(4) Tuttavia si tratta di una trasformazione profonda e pervasiva che richiede tempo. La Germania ha iniziato nel 2011 e continua a promuovere l’I-4.0 con 35 centri di competenza (là li chiamano testbeds).
(5) È quindi determinante continuare, rafforzare e integrare gli strumenti di supporto. L’iperammortamento in Italia è più potente che in altri Paesi. La maturazione culturale, le scelte tecniche e il finanziamento che sono a monte di un investimento I-4.0 impiegano però più di 12 mesi: bisogna quindi perseverare con questo strumento. Il credito d’imposta R&S è efficace ma è limitato rispetto, ad esempio, alla Francia sia nelle risorse (massimale di 20 milioni di euro) sia nella struttura (credito su spesa incrementale): qui ci vorrebbero stanziamenti più elevati. Un nuovo credito formativo per riqualificare le risorse sarà poi il benvenuto, specialmente nella forma di un credito d’imposta che faccia leva fra stanziamenti e interventi attivati. Gli stanziamenti per i Centri di competenza previsti dal Piano devono di fatto essere ancora attuati: è importante promuovere modelli commerciali di collaborazione impresa-università, magari destinando una parte dei fondi stanziati a un credito d’imposta per la partecipazione delle imprese. Infine la riduzione del cuneo fiscale per i giovani neoassunti. Non c’è dubbio che il costo del lavoro per ora lavorata indebolisca la competitivita della manifattura italiana, in particolare rispetto alla competizione asiatica, con un cuneo fiscale che in Italia è fra i cinque più alti d’Europa. Si può discutere di criteri e parametri, quali la percentuale di sgravio o il massimale. Per promuovere l’innovazione servono persone qualificate quindi anche un massimale più elevato è importante. In ogni caso, sarà positivo cominciare a ridurre gli oneri sul costo del lavoro. In conclusione, la combinazione di misure per l’innovazione, l’inserimento dei giovani nel sistema produttivo, la produttività e la riduzione degli oneri sul costo del lavoro vanno alla radice del gap competitivo dell’industria manifatturiera italiana, ossia le risorse per la ricerca e il costo del lavoro per unità prodotta. Continuare, rafforzare e integrare il Piano Industria 4.0 significa questo.
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