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La fiducia nelle banche si può consolidare con rapporti fra persone

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Le lettere

La fiducia nelle banche si può consolidare con rapporti fra persone

Gentile Fabi,
in una sua recente risposta a una lettera sulle banche (Il Sole 24 Ore del 5 settembre) Lei sosteneva che gli istituti di credito «saranno tanto più affidabili quanto più i risparmiatori saranno consapevoli dei loro diritti e dei loro rischi». Quanto avvenuto negli ultimi anni tuttavia non lascia molto spazio alla fiducia: le banche in difficoltà sono state salvate, ma quanti vi avevano investito i loro risparmi hanno perso in tutto o in parte il loro patrimonio. Non voglio entrare nel merito dei singoli casi o delle responsabilità personali, ma mi sembra che la politica di alcune banche sia stata non solo scorretta da un punto di vista finanziario, ma anche sbagliata nelle scelte di gestione operativa. La banca è diventata un supermarket dove vengono venduti prodotti preconfezionati trattando il cliente come un numero e gli impiegati come dei venditori senza possibilità di manovra. Così è difficile parlare di fiducia che non può che nascere da un rapporto personale, un rapporto che nel settore mi sembra sempre più difficile. La prego di non pubblicare il mio nome: queste considerazioni nascono da un rapporto difficile con la mia banca, e non vorrei complicarmi ancora di più la vita.

Lettera firmata


Caro lettore,
ovviamente devo sottolineare che, nel sistema bancario come in altre realtà, non solo è difficile, ma è sbagliato generalizzare. Vi sono state banche che hanno dovuto essere salvate, ma possono essere ancora considerate un’eccezione all’interno di un sistema che ha indubbiamente tanti problemi, ma che ha dimostrato di saperli affrontare mantenendo una solidità di fondo. E non va dimenticato che il sistema bancario è stato sottoposto negli ultimi anni a tre grandi cambiamenti che si sono concentrati nell’arco di pochi anni: la crisi economica globale, iniziata proprio con il fallimento della banca Lehman Brothers, la politica monetaria conseguente che ha drasticamente ridotto il livello dei tassi di interesse, la rivoluzione tecnologica che ha tolto moltissime operazioni dall’intermediazione del personale. Proprio la politica del personale, concentrata molto sulla riduzione dei costi, è diventata uno dei punti deboli di molti gruppi. Giuseppe Vigorelli, uno dei grandi banchieri italiani scomparso all’inizio di quest’anno, così scriveva nel 2010: «Non è realtà certo di ogni banca, ma ormai il modello di riferimento è quello in cui formazione ed educazione sono considerati costi anziché investimenti, nella convinzione che ciò che non rende denaro non abbia valore». Eppure proprio la tecnologia, liberando il personale dalle operazioni di pura routine contabile, potrebbe offrire lo spazio per esperienze di maggiore partecipazione e responsabilità, valorizzando il patrimonio non monetario della banca, il proprio personale, le proprie risorse umane.
In conclusione, gentile lettore, non bisogna dimenticare che ogni banca è fatta di persone e che la fiducia nasce e si consolida proprio nelle relazioni personali. E tanto meglio se queste si fondano su banche solide, non solo nel patrimonio, ma anche nella corretta gestione operativa e nella capacità di motivare in maniera costruttiva i propri collaboratori.
gianfranco.fabi@ilsole24ore.com

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