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Meno monetine in tasca con l’estendersi dei pagamenti elettronici

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Meno monetine in tasca con l’estendersi dei pagamenti elettronici

Certi Paesi hanno da tempo deciso l’arrotondamento ai 10 centesimi, mettendo fuori uso tutte le monetine. Quando frugo nelle tasche mi rendo conto che la situazione è ben peggiore. Le monetine orfane più a lungo sono anche quelle da 10 e da 20 centesimi, ne aspettano altre simili nella speranza di formare un valore di almeno 50 centesimi o un euro. Il giornale costa 1,50, il caffè costa un euro, i vari giochi partono da un euro a salire. Al mercato si vende tutto a 1 o multipli di 1 euro al chilo, o per la merce di valore inferiore si parla di un certo numero di kg per un euro. Il problema dei sottomultipli si pone solo in maniera marginale nei supermercati dove si paga con moneta elettronica, autentico toccasana non per fare un favore alle banche che lucrano sulle commissioni ma per debellare l’evasione, salvo poi leggere sullo scontrino che esso è “non fiscale”. Nel pagamento di utenze il problema non si pone grazie al pagamento con domiciliazione su conto corrente, e anche in questo caso la lotta all’evasione non c’entra. Tutto questo per dimostrare quanta inflazione ha portato l’euro non solo da quando è stato introdotto ma ancora adesso che il suo uso è consueto. Nei Paesi dove il costo della vita è più elevato questo fenomeno è ancora più marcato e tra non molto potrebbe interessare anche i pezzi da 50 cent.
Alfio Gervasutti

Caro Gervasutti,
la questione delle monetine è interessante. Io abito in Australia, dove la moneta più piccola di uso corrente è quella di 5 cent, anche se esistono l’1 e i 2 centesimi. Che però in pratica non si vedono più. Mi ricordo che, in visita nel Canada – un Paese molto simile all’Australia come tenore di vita, e come monetazione (il rapporto fra dollaro australiano e canadese è molto vicino a 1) – notai che le monete da 1 e 2 cent si usavano abitualmente. Perché in Canada sì e in Australia no? Potrebbe essere un soggetto da tesi di laurea, ma non ho una risposta.
Quando sono in Italia, tuttavia, la mia esperienza è diversa dalla sua. Mi è capitato più volte, al supermercato, dove nel conto alla cassa figurano abitualmente i due decimali (specie quando si compra qualcosa a peso), di ricevere il resto con anche monetine da 1 e 2 cent (in Australia nei supermercati invece il conto è automaticamente arrotondato ai 5 centesimi più vicini).
Ma è vero, come dice lei, che l’inflazione spinge verso la “buona morte” delle monete di più piccolo taglio. La ragione sta nel costo: se il costo di produzione di monete da 1, 2, 5 centesimi è maggiore del loro valore facciale, ha senso che lo Stato o la Banca centrale smettano di produrle e rinuncino al signoraggio, che rischia di diventare negativo invece che positivo.
In ogni caso, il problema sarà sempre meno di attualità, con l’estendersi dei pagamenti elettronici e via carta di credito. Per i nostri nipoti le monete, di carta o di metallo, di grandi e piccoli tagli, saranno pezzi da museo...
fgalimberti@yahoo.com

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