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Nasce Neom, la città da 500 miliardi

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grandi progetti

Nasce Neom, la città da 500 miliardi

Immaginiamo una città del futuro. Interamente alimentata da impianti solari ed eolici. Dove i trasporti saranno elettrici e non necessiteranno di guidatori. Dove ogni servizio sarà automatizzato.

E tutto sarà all’insegna delle più moderne tecnologie. Dagli ospedali, alla sanità, fino alla sicurezza. Un grande polo industriale, la prima zona franca al mondo che abbraccerà tre Paesi; Arabia Saudita, Egitto e Giordania.

Il giovane principe saudita Mohammed Bin Salman è ambizioso e determinato. L’erede designato al trono lo scorso giugno,conosciuto anche con il suo acronimo Mbs,vuole riuscire là dove gli altri suo predecessori - in verità senza profondere grandi sforzi - hanno fallito: guarire l’Arabia Saudita dal morbo della petro-dipendenza e rilanciare l’economia attraverso la diversificazione e la liberalizzazione.

(Afp)

In occasione del forum “Future investment initiative”, a cui hanno aderito 3.500 businessman provenienti da 88 Paesi Salman ha così lanciato ieri il suo piano faraonico – 500 miliardi di dollari di investimenti - per costruire dal nulla un gigantesco ed innovativo polo industriale sulle sponde del Mar Rosso, in quell’angolo del Golfo di Aqaba dove l’Arabia confina con la Giordania e un lembo di mare la separa dall’Egitto.

La città del futuro si chiamerà Neom. Si estenderà su una superficie pari a 26.500 kmq. I settori su cui si concentreranno le sue attività sono quelli su cui punta la “Nuova Arabia Saudita”: energie (con le rinnovabili a far la parte del leone), settore idrico, biotecnologie, filiera alimentare, scienze tecnologiche e digitali, produzione avanzata. Oltre al settore media e intrattenimento (una novità per un Paese così conservatore). Questa zona franca godrà di una sua particolare tassazione, una legislazione ad hoc sul lavoro e di un sistema giudiziario autonomo.Un imponente ponte attraverserà il Mar Rosso e la collegherà all’Egitto. «Neom - ha spiegato ieri Bin Salman - sarà situata su una delle più importanti arterie economiche del mondo. La sua posizione strategica faciliterà anche la rapida affermazione della zona come un hub globale che collega Asia, Europa e Africa».

Il progetto rientra nel faraonico piano “Vision 2030”, che il 32enne principe ha annunciato nel 2016 con un obiettivo tanto ambizioso quanto difficile: cambiare volto all’economia saudita, creare posti di lavoro nel settore privato e snellire la pesante burocrazia. Per farlo, Salman si è assunto nel 2016, il non facile compito di guidare la quotazione del 5% della ricchissima compagnia petrolifera di Stato, la Saudi Aramco, prevista nel 2018. Si tratterebbe dell’Ipo più grande nella storia delle Borse mondiali. La monarchia saudita si aspetta di rastrellare 100miliardi di dollari (anche se diversi analisti ritengono che la quoatazione sarà più bassa). I ricavi confluirebbero nel fondo sovrano per poi essere reinvestiti in “Vision 2030”.

Per centrare l’obiettivo e i tempi – una prima fase del progetto dovrebbe già vedere la luce tra sette anni - la guida del progetto Neom è stata affidata a un top manager occidentale dalla fama mondiale; Klaus Kleinfeld, ex amministratore delegato di Siemens. Oltre a quelli stranieri, buona parte degli investimenti necessari dovrebbero dunque provenire dal fondo pubblico di investimenti (Pif) di cui Salman è presidente, e che ora dispone di 230 miliardi di asset ma che punta a far lievitare il portafoglio una volta quotato il 5% della Aramco (le Borse ancora in corsa per l’Ipo sono New York, Londra, Tokyo e Hong Kong).

Non sarà facile vincere la concorrenza delle zone franche della vicina Dubai. Per questo Salman ha voluto fare le cose così in grande. E in una località incontaminata, su uno dei mari più belli del mondo; il Mar Rosso. Lo scaltro principe ha compreso che per attirare gli stranieri occorre anche portare avanti le riforme sociali, cercando di affrancare il regno saudita dalla nomea di Paese ultra conservatore, culla dell’islam wahabita (uno dei più rigidi), in cui le donne soffrono molte restrizioni. L’ultimo passo è stata la decisione di concedere alle donne il permesso di guida. «Distruggeremo le ideologie estremiste di oggi e la regione tornerà ad un Islam moderato aperto al mondo» hadichiarato ieri bin Salman. Se sarà davvero come descritto da Bloomberg in un video promozionale in suo possesso, la libertà che si godrà a Neom non sarà nemmeno pensabile nelle altre città saudite. Sarà sufficiente un piano del genere a rilanciare l’economia saudita, o sarò solo una cattedrale nel deserto?

Solo il tempo lo dirà. Ma gli anni delle vacche grasse, quando i prezzi del greggio si mantenevano sopra i 100 dollari per anni e la monarchia galleggiava su una mare di petrodollari, sono tramontati. Il crollo del barile si è ritorto sui conti sauditi. Dai generosi surplus che arrivavano senza sforzo, Riad si è ritrovata con ingombranti deficit di bilancio (nel 2015 quasi 100 miliardi di dollari, 79 nel 2016, quest’anno 53) . Per non ricorrere a soluzioni drastiche, azzerando i sussidi e i privilegi, i vecchi monarchi hanno attinto generosamente dalle enormi riserve in valuta pregiata. Erano più di 700 miliardi di dollari nel 2011. In maggio erano meno di 500. E nel 2017, per la prima volta da almeno 4 anni, il Pil ha accusato una contrazione per due trimestri consecutivi. Già nel 2016 anche la monarchia saudita non ha potuto fare altro che imitare i Paesi occidentali: dare il via alla “spending review”. Con una vigorosa sforbiciata ai salari ministeriali, un drastico taglio alle indennità, cancellando i bonus, riducendo i sussidi, imponendo per la prima volta le tasse (l’anno prossimo entrerà probabilmente in vigore anche l’Iva). Un’eresia per l’esercito di dipendenti pubblici - 2/3 della forza lavoro - abituato a generosi benefit. Ma anche questo non basta: occorre investire e diversificare l’economia. Ed attrarre investimenti stranieri.

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