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L’India alla ricerca di un ruolo sullo scenario globale

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L'Analisi|potenze emergenti

L’India alla ricerca di un ruolo sullo scenario globale

Perché l’India nei dibattiti e conferenze in giro per l’Occidente non suscita la stessa curiosità che noi occidentali mostriamo per la Cina? Di recente, Rahul Gandhi, uno dei leader politici indiani più noti (ora all’opposizione con il partito del Congresso), ha tenuto importanti seminari negli Usa, ma la platea era quasi esclusivamente formata da indiani emigrati. Se fosse stato un leader cinese, avrebbe sicuramente parlato a un parterre zeppo di occidentali.

Eppure la storia secolare dell’India non è certo inferiore a quella cinese. È stata per secoli un riferimento geopolitico a partire dalla conquista senza ritorno di Alessandro Magno e dall’evangelizzazione di San Tommaso Didimo, ucciso nel 72 d.C. nei pressi di Chennai. Per non parlare di Colombo e delle successive esplorazioni alla ricerca di un passaggio via mare per le Indie. O della Compagnia delle Indie Orientali che guidò la conquista britannica. Indonesia significa isole indiane. Nel Seicento l’India aveva un Pil paragonabile a quello cinese ed europeo. Forse distanza e sospetto con l’Occidente si sono create con la scelta del disallineamento di Delhi ai tempi della guerra fredda, un peccato originale non perdonato dagli anglo-americani. Fu il suo leader Jawaharlal Nehru a compiere la scelta. Al contrario, il Pakistan, nato dalla partizione dell’India, si schierò nettamente con gli Usa durante la guerra fredda e ne divenne porta girevole anche per l’avvicinamento successivo con la Cina. Nehru forse esagerò affermando che Usa, Russia, Cina e India sarebbero state le quattro le superpotenze del futuro. Esagerò perché le guerre con il Pakistan non videro l’India vincente: il Kashmir, confine tutt’oggi conteso, per 2/5 è passato al Pakistan, accusato da Delhi di sostenere il terrorismo islamico internazionale. Il peccato originale pesa ancora perché l’India ha continuato con una politica di amicizia con la Russia. Forse più che la predizione di Nehru, si sta avverando la prospettiva globale di Immanuel Wallerstein che riteneva che il mondo globale si sarebbe strutturato attorno a due grandi sistemi-mondo quello euro-russo-indiano e quello americano-cinese.

L’India ha perso interesse presso gli Occidentali anche per non aver sfruttato fino in fondo il vantaggio, su Pechino, di avere una popolazione che per almeno il 25% parla inglese. La Cina sta recuperando velocemente, mentre in India l’ascesa del nazionalista Modi penalizza l’adozione dell’inglese a favore dell’Hindu. Da un canto, Modi sta cercando di sperimentare una modernizzazione del Paese riorganizzandolo come potenza nazionale, ma dall’altro il nazionalismo gioca una partita difficile in un Paese con 29 Stati e almeno 22 lingue parlate diverse tra loro.

Lo sviluppo in India è speziato di paradossi e anti-regole, quello cinese tende alla massima espansione sotto rigida dettatura del partito e delle élite a esso collegate. L’India spesso si presenta come un mondo alla rovescia. La Cina come un colosso di lucido impegno per superare i problemi con un’organizzazione geometrica. La Cina ha una politica globale, l’India stenta ad averne una regionale per il Sud Asia. Delhi ha i 4/5 della potenza militare ed economica del Sud Asia e oltre il 90% degli scambi economici di quest’area sono indiani. Tuttavia, nonostante gli Stati più piccoli gli somiglino per regime democratico, il problema indiano oggi è sempre lo stesso, la Cina, una carta giocata dai suoi piccoli vicini per timore d’essere fagocitati dal colosso indiano.

La Cina surclassa l’India per Pil, ma anche per grado di sviluppo umanitario, per energia, per tecnologia, per cura e salute (Partha Gosh 2016). Per giunta, di recente l’economia indiana ha rallentato sia per la demonetizzazione, che ha fatto perdere colpi al settore informale e alle pmi, sia per l’introduzione di nuova tassa nazionale su beni e servizi (GST). Gli aumenti d’inflazione e del deficit pubblico non aiutano, ma l’India sembra aver raggiunto una stabilità macroeconomica che, come avviene ovunque nel mondo, può essere messa in discussione solo da misure populiste del governo. Modi, a meno di due anni dalle elezioni, potrebbe essere tentato da questa prospettiva, anche perché è andato al potere promettendo crescita e posti di lavoro, mentre questo 2017 non è stato all’altezza delle promesse. Nei giorni scorsi si è concluso un periodo di festa per Vijayadasham e Navratri, per celebrare la doppia vittoria del dio Durga sul demone Mahishasur e di Ram su Ravana. Una conferma di quanto le tradizioni siano ancora forti, ma non più importanti delle nuove ambizioni per il ruolo che questa nazione può esercitare sullo scacchiere globale.

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