Gentile Galimberti,
non condivido alcunché del suo pensiero politico ma invidio il fatto che lei risieda in Australia. Ho risieduto poco e mi è sempre dispiaciuto, per motivi di famiglia, non essermi trasferito in via definitiva in quel Paese che ritengo il migliore del mondo. Perché non spiega la politica australiana nei confronti del problema dell’immigrazione? Ho sentito e letto in Italia che quando si affronta l’argomento Australia/emigrazione molti sinistri ripetono il vecchio detto fascista che l’Australia è popolata dai discendenti dei galeotti europei e quindi non ha alcua autorità per parlare.
Claudio Di Croce
Caro Di Croce,
il problema degli immigrati è sentito in Australia con la stessa intensità dell’Italia (e di molti altri Paesi). Il Nuovissimo continente è una meta ambita per i migranti dato che, come lei giustamente loda, è un Paese con grandi opportunità di lavoro, un clima ospitale, un tessuto sociale accogliente, un welfare saldo e generoso, e servizi pubblici efficienti. E gli immigrati che arrivano legalmente sono trattati coi guanti bianchi: ricevono assistenza, lezioni di inglese, alloggio, formazione...
Ma proprio per questo l’Australia deve limitare il numero degli immigrati: un numero che peraltro, in relazione alla popolazione è nella parte alta della classifica internazionale. E i risultati di questa politica si vedono: forse anche per il fatto che l’Australia stessa è una nazione di immigrati, non ci sono grossi problemi di integrazione. Il problema sta nell’immigrazione illegale: i barconi che arrivano, capitanati dai soliti trafficanti, dall’Indonesia o da altre coste, pieni di disperati che a loro volta arrivano dal Medio Oriente o da altre parti del mondo. Qui l’Australia ha un grosso vantaggio rispetto, per esempio, a Italia o Grecia. Noi siamo a due passi dalle coste africane o medio-orientali – i bracci di mare che separano l’Australia dal resto del mondo sono molto più vasti e i mezzi moderni di sorveglianza possono individuare i barconi con anticipo. Quando le corvette della Marina intercettano un barcone, questo viene dirottato in qualche isola del Pacifico con la quale il governo australiano ha fatto un accordo per farne un campo di rifugiati. Qui vengono processati i richiedenti asilo. Le procedure sono lunghe e le condizioni nei campi sono dure. Spesso il governo è accusato di crudeltà e gli inevitabili “casi umani” diventano motivo di accese accuse e imbarazzate difese. Purtroppo, non ci sono politiche esenti da difetti quando si tratta di arginare gli arrivi di gente senza speranza, che non ha nulla da perdere e tutto da guadagnare, anche a costo di morire...
Quel “detto fascista” che lei cita mi è nuovo. Gli australiani hanno una specie di “snobberia inversa” quando si tratta degli antenati galeotti. Se noi italiani avessimo un antenato nobile - che so, un duca o un marchese, o magari una mezza tacca di barone - e ne conservassimo un ritratto, lo appenderemmo con orgoglio nel salotto. Gli australiani invece, se avessero un ritratto o un certificato penale di uno dei “primi australiani” - che so, un rapinatore, un assassino, uno stupratore portato su queste rive dalle prigioni inglesi – ne esibirebbero le vestigie con lo stesso orgoglio nel salotto di casa...
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