Cara Cerretelli,
nel suo ultimo commento ha scritto che paradossalmente il gioco alla frantumazione dell’Europa e dei molteplici interessi che la compongono si verifica proprio quando il ritorno di una ripresa economica creerebbe le condizioni indispensabili per superare molti malumori anti-Ue e rimettere in marcia un’Unione più forte e credibile. Mi chiedo e le chiedo: come mai si è arrivati a una situazione tale? Non crede che invece, al di là delle (possibili) condizioni di ripresa, sono proprio gli insuccessi di un’Europa che non si è mai pensata come una (al di là della sterile burocrazia) ad avere favorito il ripiegarsi su stessi dei nazionalismi? E non è forse troppo tardi gridare dopo che i buoi sono scappati?
Mario Carra
Firenze
Caro Carra,
l’Europa siamo noi e come noi ha i suoi alti e bassi. Trent’anni fa uscì da una lunga fase di europessimismo realizzando il mercato unico, la moneta unica e Schengen, una vera rivoluzione. Poi sono arrivati l’allargamento, la globalizzazione, una travolgente innovazione tecnologica che hanno messo pressione i nostri modelli di sviluppo e di società. E così l’Europa è il capro espiatorio su cui scaricare tutti i problemi e i nuovi guai. Ma le colpe del suo cattivo funzionamento sono nostre, degli Stati che la compongono, non dell’Unione. Che poi, a guardarla bene, ha distribuito a tutti anche molti dividendi positivi.
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