Chiunque uscirà vincitore dalle prossime elezioni regionali siciliane, dovrebbe dare un'occhiata non di superficie ai costi della politica. Un po' di spending review a dir la verità è stata fatta negli ultimi anni per contenere le spese fuori misura dell'Assemblea regionale siciliana, il Parlamento dell'isola che gode dello Statuto speciale.
Ma i plausi di soddisfazione che accompagnano le note del bilancio 2016 dell'Assemblea siciliana paiono tuttora fuori luogo. Pur calmierata a partire dal 2013 la spesa per il funzionamento del parlamento resta la più alta in assoluto nella Penisola italiana. L'anno scorso infatti le risorse spese per far funzionare il cuore dell'assemblea legislativa si sono attestate a 146 milioni di euro. Tra l'altro in crescita dell'1,5% sul 2015. Certo siamo al di sotto dei 160 milioni del 2013 quando si avviò la prima politica di austerity, abolendo ad esempio i vitalizi e passando al calcolo contributivo per le pensioni dei parlamentari dell'isola, ma il livello dello spendificio della Regione resta abissalmente alto rispetto a qualsiasi ente regionale italiano.
Basti pensare che la Lombardia spende per il suo Consiglio regionale 68 milioni, meno della metà della Sicilia pur avendo quasi il doppio degli abitanti. Il Lazio si colloca poco sopra gli 80 milioni. La Campania viaggia con spese di funzionamento per poco meno di 70 milioni. Anche la Puglia spende ogni anno meno di 60 milioni di euro.
Come si vede la Sicilia è un unicum negativo. Si dirà che in capo al Parlamento di Palermo pesano le spese per le pensioni degli ex dipendenti ed ex parlamentari. Ma allora il confronto si può fare con la Camera dei Deputati. Montecitorio costa poco più di 900 milioni l'anno, ma vanta 630 deputati contro i 90 deputati dell'isola. E anche il confronto con i dipendenti porta la Sicilia a essere il Parlamento più costoso d'Italia.
Un vero e proprio ricco stipendificio dove è difficile intervenire. Si pensi infatti che nel 2016 la cosiddetta spesa obbligata (in sostanza stipendi e pensioni di deputati e personale) valeva l'88% del bilancio. Per il 2017 si scenderà all'82%, cifra ancora elevatissima. I soli 90 deputati in carica costeranno quest'anno 16 milioni di euro, gli ex parlamentari si portano a casa 19,5 milioni. E poi ci sono i 179 dipendenti a tempo indeterminato che da soli valgono stipendi per 25 milioni di euro che fanno 140mila euro procapite. I dipendenti in pensione costano il doppio dei dipendenti in servizio cumulando 51 milioni di euro di spesa annua. I costi del funzionamento dei gruppi parlamentari si iscrivono a bilancio per 6,2 milioni. Solo per far funzionare la macchina legislativa e pagare gli stipendi e le pensioni quest'anno si spenderanno 130 milioni su una dotazione di 146 milioni. Quella dotazione annua pur in calo dai 160 milioni di qualche anno fa la pagano ovviamente i contribuenti siciliani per tenere in piedi la loro assemblea legislativa.
Come detto in Sicilia si vive in un mondo a sé. Si spende per la politica locale il doppio di quanto si spende mediamente in tutte le Regioni italiane sia quelle a statuto ordinario che quelle a statuto speciale.
Tagli impossibili per il futuro vista la rigidità assoluta data da stipendi e pensioni? Dipende. Pochi sanno in realtà che non tutti i soldi che ogni anno entrano nelle casse del Parlamento siculo vengono di fatto spesi. A fine del 2016 residuava un avanzo di cassa di 22 milioni. Le amministrazioni pubbliche non sono imprese sono enti senza scopo di lucro e non devono gioco forza accumulare risorse in cassa. Basta che chiudano in pareggio. E allora quella provvista di 22 milioni potrebbe essere restituita ai contribuenti anziché restare nelle casse del Palazzo.
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