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Se la bandiera identitaria vanifica le riforme

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L'Editoriale|jobs act

Se la bandiera identitaria vanifica le riforme

Piantare bandierine identitarie non è una gran strategia per fare politica, ma è quanto sembra dominare nella cosiddetta sinistra-sinistra che subordina ogni ipotesi di accordo di coalizione col Pd all’accettazione da parte di questo di alcune misure che certifichino la resa di Renzi alle sue visioni. La principale di queste impuntature riguarda il cosiddetto Jobs Act, magari con l’estensione alla reintroduzione del famoso articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.

Ora che questi supposti bastioni ideologici vengano difesi da componenti nostalgiche del mondo di ieri e un bel po’ distratte su quel che sta accadendo nel mondo di oggi si può anche capire. Un po’ meno che coinvolgano una personalità che occupa la terza carica dello Stato. Non perché si debba negare ad essa il diritto di fare battaglie politiche: ci sarebbero magari questioni di opportunità e di valutazioni sul rimodellamento delle proprie libertà di manovra che è implicito nell’accettare certe posizioni, ma sono questioni di coscienza e come tali soggette a valutazioni in quello che una volta si chiamava il foro interno.

Il tema che viene alla mente è un altro: come mai personalità che siedono in posizioni assai delicate e che di conseguenza hanno a disposizione moltissime informazioni ed una accurata panoramica della situazione nazionale sia sotto il profilo economico che sotto quello sociale si schierano per sostenere a spada tratta operazioni quanto meno assai discutibili?

La presidente Boldrini dovrebbe sapere che l’intervento dei governi Renzi e poi Gentiloni nella regolamentazione del mercato del lavoro ha prodotto risultati interessanti in termini di incremento dell’occupazione e di rilancio del nostro sistema economico. Nessuno dubita che si potrà fare di più, che il cammino è appena iniziato e via di questo passo. Ma cancellare semplicemente una politica che dei risultati ne ha portati per sostituirla non si sa bene con che cosa egualmente capace di garantire un progresso sulla via che si è aperta non ci pare una strategia razionale. Per di più quando non si trova davvero nessuna istanza istituzionale di peso, nè a livello italiano nè a livello europeo e internazionale, che dia un giudizio negativo su quanto si è fatto. Riconoscimenti positivi sono venuti anche dall’Europa che non è sempre generosa nelle sue valutazioni e da agenzie economiche internazionali.

Piantare le proprie bandierine e partecipare al tiro a segno su Renzi può anche scaldare un po’ di cuori nostalgici e dare soddisfazione a qualche rabbia sociale, ma non farà fare nessun passo avanti a questo paese.

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