Commenti

I costi, non solo sociali, della sottomissione femminile

  • Abbonati
  • Accedi
L'Analisi|Global view

I costi, non solo sociali, della sottomissione femminile

Nella lotteria della vita, nascere femmina in un Paese povero ti pone in una condizione di doppio svantaggio. Nei Paesi poveri le donne sono il gruppo demografico che presenta la maggiore incidenza globale di povertà, oltre alle peggiori condizioni di salute, il minor accesso all’istruzione e la più alta probabilità di essere vittime di violenza.

La disuguaglianza di genere – sotto forma di esclusione dal lavoro e salari più bassi – costa al mondo il 15,5% del Pil. Negare alle donne l’opportunità di sviluppare le proprie potenzialità, per le società significa rinunciare al loro contributo. Eppure la frustrante realtà è che non è così evidente individuare le soluzioni più efficaci per affrontare questo problema.

All’ultimo gradino della scala di questo “depotenziamento”, ci sono i trenta milioni di bambine che nei prossimi dieci anni rischiano la mutilazione genitale femminile (Mgf), ormai diventata quasi una prassi in Somalia, Guinea, Gibuti, Egitto, Eritrea, Mali, Sierra Leone e Sudan. L’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) ha già lanciato un’allerta a riguardo, spiegando che le donne vittime di Mgf avranno problemi di salute a lungo termine e maggiori probabilità di morte perinatale.

Ma è più facile a dirsi che a farsi. Le riforme legali non hanno sortito grandi risultati. Persino nel Regno Unito, dove la Mgf è illegale da trent’anni, non c’è stato un solo caso di imputazione. I primi dati registrati sono stati pubblicati a luglio e rivelano che fra aprile 2015 e marzo 2016 ci sono stati 5.702 nuovi casi nel Regno Unito. Sarebbero almeno 18 le ragazzine sottoposte a Mgf nel Regno Unito, mentre la maggior parte l’avrebbero subita in Africa.

Negli ultimi trent’anni c’è stato un calo nella pratica della Mgf, ma non tutti i Paesi hanno fatto progressi, anzi, per come stanno andando le cose, il numero di ragazzine e donne che subiranno la mutilazione andrà aumentando e anche parecchio nei prossimi quindici anni.

Questo non significa che le organizzazioni benefiche e i governi che stanno lavorando in questo senso non stiano facendo un lavoro eccellente, ma abbiamo bisogno di studi di alto livello su come individuare e ampliare programmi efficaci.

Un’altra pratica inaccettabile è il matrimonio forzato per le bambine, che le priva di qualsiasi opportunità. Fra il 2011 e il 2020, più di 140 milioni di bambine in tutto il mondo verranno costrette a sposarsi, quello che le Nazioni Unite definiscono il «matrimonio prima dei 18 anni». In nove Paesi – Niger, Repubblica Centrafricana, Ciad, Bangladesh, Mali, Guinea, Sud Sudan, Burkina Faso e Malawi - l’Unicef stima che la percentuale di spose bambine sia maggiore del 50 per cento.

Le conseguenze per queste bambine sono devastanti: livelli di istruzione e di reddito più bassi, maggiore tasso di violenza domestica, maggiore rischio di morire durante la gravidanza o il parto e maggiore tasso di mortalità per i loro figli.

Quanto alla Mgf, le leggi non bastano ad affrontare il problema. Prendiamo il Bangladesh, dove il 52% delle ragazze viene costretto a sposarsi prima della maggiore età. Le numerose leggi che vietano i matrimoni precoci e l’obbligo della dote hanno sortito scarsi risultati, con il 18% delle bambine che si sono sposate prima dei 15 anni, il tasso più alto al mondo. I programmi condotti dalle comunità locali per impartire abilità e conoscenze a queste adolescenti hanno avuto un impatto limitato.

L’analisi svolta in Bangladesh dagli economisti della Duke University e dall’Abdul Latif Jameel Poverty Action Lab del Mit rivelano che offrire incentivi finanziari per procrastinare i matrimoni potrebbe essere la strategia più efficace. Le ragazzine che fanno parte del 20% più povero della popolazione mondiale hanno quasi il doppio delle probabilità di sposarsi giovanissime rispetto a quelle che appartengono al 20% più ricco.

Nel Sud del Bangladesh è stato avviato un programma promettente per fornire olio da cucina ai genitori che hanno figlie non sposate. Ogni quattro mesi, i partecipanti ricevevano 4 litri d’olio a patto che le figlie continuassero a risultare non sposate ai controlli di monitoraggio.

E quel modesto incentivo ha funzionato: le probabilità di sposarsi prima dei 16 anni per le figlie delle famiglie interessate erano scese del 30%, con benefici quattro volte maggiori dei costi. E poi il programma ha anche migliorato i livelli di scolarizzazione femminile: le figlie dei partecipanti avevano il 22% di probabilità in più di non abbandonare gli studi.

E questo è un dato importantissimo perché uno degli obiettivi chiave dei Millenium Development Goals, il programma che si è concluso nel 2015, era eliminare la disuguaglianza di genere nella scolarizzazione primaria e secondaria. Sono stati registrati dei promettenti progressi a livello di scuola primaria, ma l’accesso alla scuola secondaria e all’istruzione universitaria permane molto iniquo. Le differenze nelle iscrizioni alla scuola primaria sono diminuite in tutte le regioni, ma l’Africa Sub-sahariana, il Medio Oriente e il Nordafrica sono ancora molto indietro.

I benefici di una riduzione delle differenze di genere nella scolarizzazione si ripercuoterebbero positivamente anche sulle prossime generazioni. Un maggiore livello di istruzione per le ragazze equivale a una migliore salute e a una migliore alimentazione per i loro figli.

Ci sono diversi modi per farlo. Fornire divise gratuite per la scuola, per esempio, aiuta in alcuni Paesi, ma non ovunque. In Bangladesh, l’intervento per la riduzione dei matrimoni precoci ha portato a un maggiore accesso agli studi secondari. Le nuove ricerche dimostrano che, globalmente, il denaro speso per ridurre la disparità di genere nella scolarizzazione porta benefici cinque volte maggiori dei costi.

Molte delle idee indubbiamente valide e piene di buone intenzioni per ridurre la disuguaglianza di genere sono più difficili da analizzare e quantificare. Garantire parità di diritti alle donne per ereditare una proprietà, firmare un contratto, registrare un’attività o aprire un conto in banca costerebbe poco e avrebbe grandi risvolti positivi nel tempo. Nonostante i problemi di dati, un gruppo di premi Nobel riunito dal Copenhagen Consensus ha definito tali misure uno dei 19 migliori strumenti per lo sviluppo, perché ogni dollaro speso potrebbe portare più di 15 dollari di benefici.

C’è un altro problema che sappiamo come affrontare e sul quale disponiamo di dati esaurienti a livello di costi e benefici. Qualcosa come 225 milioni di donne che vorrebbero evitare una gravidanza non usa metodi di contraccezione sicuri ed efficaci e questo per una mancanza di informazione o di servizi adeguati o per la mancanza di sostegno da parte del partner o della comunità di appartenenza.

Garantire un accesso universale alla contraccezione costerebbe 3,6 miliardi di dollari l’anno, ma significherebbe 150mila morti per parto in meno e 600mila orfani in meno. Inoltre il dividendo demografico di una diminuzione del numero di persone dipendenti e di un aumento della forza lavoro farebbe accelerare la crescita economica. I benefici complessivi sono 120 volte maggiori dei costi, un dato strabiliante.

Non vi sono soluzioni istantanee per combattere la disuguaglianza di genere, ma una cosa è certa: non tutti gli sforzi sono validi o si fondano su dati attendibili. E sul piano morale ed economico, i politici dovrebbero adottare le misure più efficaci per garantire pari possibilità alle ragazze e alle donne.

(Traduzione di Francesca Novajra)

© Project Syndicate, 2017

Bjørn Lomborg è direttore del Copenhagen Consensus Center, che studia i problemi ambientali e cerca le soluzioni possibili sfruttando i migliori metodi analitici, e visiting professor alla Copenhagen Business School. Ha scritto diversi libri fra i quali L’ambientalista scettico (Mondadori, 2003), Stiamo freschi. Perché non dobbiamo preoccuparci troppo del riscaldamento globale (Mondadori, 2008) e The Nobel Laureates’ Guide to the Smartest Targets for the World 2016-2030.

© Riproduzione riservata