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Dossier L’Europa e la nuova questione orientale

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Dossier | N. 57 articoliMappamondo

L’Europa e la nuova questione orientale

In quanto leader del movimento Solidarnosc e architetto della transizione democratica della Polonia dopo il 1989, non prova un senso di sconfitta di fronte alla Polonia populista emersa con il governo guidato dal partito Diritto e giustizia (PiS) e dal suo leader di fatto, Jarosław Kaczyński?
Non provo un senso di sconfitta, perché il movimento di cui facevo parte nel 1965 sognava una Polonia libera e indipendente. Ciò che noi come società abbiamo fatto con quella libertà è un’altra cosa.

Pensa di aver commesso qualche errore? Come dissidente era amato, ma oggi viene respinto. Perché?
Non mi sento respinto. Sono il direttore di quello che rimane il più grande quotidiano non solo in Polonia, ma in tutta la regione. Giro per il paese, partecipo a incontri in città grandi e piccole. Le aule sono stracolme.

Antoni Macierewicz [politico di estrema destra, controverso ministro della Difesa] attira folle ben più ampie.
Forse, ma non gira per il paese, sta costruendo un esercito privato. Io nel frattempo viaggio, e non mi sento affatto respinto. Certo, ho la sensazione che la Polonia sia polarizzata, tanto quanto gli Stati Uniti, la Francia o la Gran Bretagna.

Ci sono due modi di spiegare il successo del populismo. Il primo è di tipo economico: disuguaglianza, insicurezza e la rabbia che ne deriva. Il secondo mette in evidenza il nazionalismo organico che si sta nuovamente facendo sentire. Cosa ne pensa?
Penso che siano entrambi corretti. È che la disuguaglianza, l’esclusione, la marginalizzazione e la discriminazione sono concetti relativi. Se guardiamo ai paesi ricchi in Europa, è lì che si trovano le tendenze populiste più forti. Pensiamo a Francia o Gran Bretagna.

Concordo sul fatto che il populismo si stia rafforzando globalmente. Ma c’è una cosa in merito al fatto che PiS abbia offerto un bonus di 500 zloty (135 euro) per ogni secondo figlio, incrementato il salario minimo e introdotto medicine gratuite per i pensionati. Si tratta delle maggiori prestazioni sociali nella storia polacca. Perché gli avversari di Kaczyński non hanno proposto politiche simili?
Anche io mi sono chiesto perché il precedente governo non abbia trovato il giusto linguaggio per raggiungere gli elettori che hanno accolto con favore il programma “500+”, e non ho una risposta. Penso che molte delle persone di cui mi chiede, gli ex dissidenti, pensavano che riguadagnare la nostra libertà e la nostra sovranità, il nostro ingresso nell’Unione europea e nella Nato fosse un valore fondamentale per chiunque. Ma così non è stato. Penso anche però che, in termini di politiche a favore della famiglia, gli otto anni di governo guidati da Piattaforma Civica abbiano realizzato significativamente più di quanto abbia fatto Diritto e Giustizia, ma non sono stati in grado di fissare i loro reali successi nella coscienza collettiva. Pensavano che una volta fatto il lavoro, non ci fosse più bisogno di parlarne.

Non credo alla tesi della mancanza di comunicazione. È ciò che si dice sempre all’indomani delle vittorie populiste. Ma come può essere che le élite liberali del mondo democratico abbiano improvvisamente perso la capacità di parlare agli elettori?
Non l’hanno persa ovunque. Emmanuel Macron si è rivelato un comunicatore efficace. Ma Hillary Clinton non ha mai visitato la Rust Belt durante la campagna. Nel contesto polacco, penso che la sconfitta di Bronisław Komorowski nelle presidenziali del 2015 sia stato un fallimento di proporzioni storiche, non solo da parte dello stesso Komorowski, ma anche delle elité polacche. E qui parlo per me. Ero del tutto convinto che Andrzej Duda non potesse vincere la presidenza. Se avessi fatto allora quello che sto facendo ora, se mi fossi dato una smossa e avessi girato la Polonia per fare campagna, almeno la mia coscienza sarebbe pulita. Ma non l’ho fatto.

Quindi ha contribuito alla presa di potere populista in Polonia?
Per omissione.

Ma cosa è successo prima di tutto questo? Perché si è innamorato della libertà, invece che dell’uguaglianza, diversamente da alcuni esponenti di Solidarnosc?
In quel momento era irrealistico. Le idee proposte dai dissidenti di sinistra come Karol Modzelewski o Ryszard Bugaj erano del tutto assurde. Parlo di un periodo leggermente successivo, dopo il 2000.

È stato quando avreste dovuto passare a sinistra per l’economia e la politica sociale.
Le dico questo: è stato quando avremmo dovuto prestare molta più attenzione a quelle regioni che ora si sentono abbandonate.

TEMPI DURI PER LA SINISTRA

Come è possibile che in tutto il mondo la sinistra venga ora considerata come elitaria, mentre la destra è diventata sempre più populista?
A mio avviso, la debolezza della sinistra europea risiede nel fatto di aver vinto. Gli obiettivi fondamentali della sinistra sono stati realizzati.

Ma dobbiamo parlarne in termini relativi. Le aspirazioni della sinistra tuttora superano i suoi risultati, e la disuguaglianza economica sta aumentando, invece che diminuire – e a una velocità allarmante.
Ok, ma una nuova sinistra deve ora prendere forma. Per il momento abbiamo la stessa vecchia sinistra, e il relativo contesto oggi, a mio avviso, non è il dibattito sinistra-destra, ma il conflitto tra società aperte e chiuse.

Ma questa è una formulazione molto pericolosa. Se il panorama politico si riduce al Partito per la società aperta e al Partito per la società chiusa, allora prima o poi un partito populista salirà al potere e distruggerà lo Stato, perché anche il politico più capace alla fine commetterà un errore.
Ma non sto costruendo, né tanto meno, sostenendo, questo tipo di scenario. Dico solo che esiste.

Davvero? Subito dopo il 1989, lei ha iniziato a scrivere che non vi fosse destra o sinistra, solo l’idea di una società chiusa verso una aperta. Questo era, tra l’altro, un modo per mettere coloro che erano in disaccordo con lei fuori dalla linea di campo, perché se lei appoggia una società aperta, i suoi avversari devono essere automaticamente fautori di una società “chiusa”.
Niente affatto. Lei sta supponendo che se vincessero i fautori di una società aperta, non ci sarebbe condivisione.

Ma se lei o chiunque altro avesse costruito un’identità di sinistra e appoggiato i valori della sinistra in contrapposizione alla destra, la gente avrebbe potuto fare una scelta democratica sicura. Macron sta mettendo insieme un governo di sinistra e di destra, e si ritroverà con la versione francese della Piattaforma civica. Ciò configura i populisti come l’unica opposizione. Quando lascerà il potere, i populisti subentreranno e smantelleranno lo Stato francese, come Kaczyński sta facendo qui.
La vedrei in modo inverso. La polarizzazione che lei descrive in Francia è stata guidata da Marine Le Pen, che è totalmente contro il sistema. In Polonia, questa stessa polarizzazione è stata creata da PiS, che voleva anche cooptare Piattaforma Civica. Se ce l’avessero fatta, sarebbe stata una terribile disgrazia. PiS avrebbe plasmato a sua immagine e somiglianza Piattaforma Civica, utilizzando slogan anti-comunisti. Piattaforma Civica è sempre stata soft in questo senso. Erano così impauriti di essere accusati di essere dei sinistroidi che hanno tentato di superare il patologico anti-comunismo di PiS. E ora si vedono insieme ai comizi l’ex presidente Bronisław Komorowski, di Piattaforma Civica, e l’ex presidente Aleksander Kwaśniewski, del partito comunista del successore, e nessuno ne è scioccato. Contano altre cose oggi.

Ma molti elettori non hanno l’impressione di una cospirazione elitaria – tra mezzi di comunicazione, tribunali e partiti liberali – contro “le persone” che si sentono protette solo da PiS?
Non ho mai cospirato con nessuno, né come dissidente né dopo, quando già dirigevo un grande quotidiano, e mai lo farò. Lo considero immorale. Significa ingannare le persone, e questa è una cosa che non farò mai. Non è per questo che ho lottato per la liberazione della Polonia.

Ma lei ha lodato Leszek Balcerowicz [ex ministro delle Finanze e sostenitore del mercato libero]. Lei afferma che il suo cuore è a sinistra, ma il suo portafoglio a destra. Non ha mai parlato della povertà delle province.
Ora trascorro molto più tempo a Tarnowskie Góry, Piła e Zielona Góra.

Tutti i precedenti governi non hanno fatto quasi nulla per introdurre il liberalismo culturale in Polonia. Avevano tutti paura della Chiesa Cattolica. Piattaforma Civica non è stata in grado di votare sulla legislazione IVF per sette anni, anche se aveva due partiti alleati e il 75% di supporto della popolazione su questo tema. Questo ci dice quanto fossero impauriti.
In questo esempio, penso che Piattaforma Civica non avesse immaginazione e coraggio.

Questo tema avrebbe dovuto essere introdotto prima?
Sì.

E che dire dell’educazione sessuale o delle unioni civili?
Sì, avrebbero dovuto essere tutte realizzate.

Ma non ha mai detto nulla a riguardo.
Ne ho parlato diverse volte. Non può aspettarsi che io faccia sentire la mia voce su questioni in cui non ho competenza.

In che modo sono più competente di lei quando si tratta di unioni civili?
La sua impudenza! Mi manca!


LA GUERRA DI KACZYŃSKI

Perché se guardiamo ai maggiori conflitti politici in Polonia dopo il 1989, Jarosław Kaczyński è sempre l’istigatore, mentre gli altri sono semplicemente persone che reagiscono?
La guerra è insita in lui. È un uomo di guerra, qualcuno che trova soddisfazione ovunque vi sia un conflitto.

È così?
È un po’ come Comrade Stalin. Si prodigherà costantemente per l’autorità assoluta in ogni area della vita pubblica. Guardiamo i teatri, gli allevamenti statali, i musei, il festival della musica di Opole – ogni cosa. Scatena il conflitto ovunque. Il punto cruciale è che ora sta incontrando resistenza. E non solo dei media, per quanto i media siano importanti. Newsweek, Polityka e persino Tygodnik Powszechny si sono chiaramente schierati, per non parlare di Gazeta Wyborcza. Ma ciò che più mi impressiona è che sta accadendo nelle piccole città. Lo trovo sbalorditivo.

Cosa farà se chiuderanno Gazeta Wyborcza?
Pubblicherò clandestinamente.

Sono serio.
Anche io.

Dai, Adam, non pubblicherà mai samizdat.
E invece pubblicherò samizdat. Non rinuncerò.

Crede ancora che la pressione internazionale possa essere efficace, che l’UE possa avere un impatto?
La pressione da sola non è abbastanza. Ma se non ci fosse pressione, le cose in Polonia sarebbero peggiori.

Ma non ha avuto alcun effetto. Anzi, la pressione dell’UE ha solo favorito la corruzione morale di Kaczyński.
Non è vero. Centinaia di migliaia di persone in Polonia sono ben consapevoli del fatto che la comunità europea non accetti le politiche del governo polacco.

Non trova desolante che tutti sappiano che l’UE non può imporre alcuna sanzione alla Polonia?
Ascolti, non ripeta il classico errore dell’opposizione democratica. In ogni paese, all’opposizione piace ripetere che la colpa è della politica dell’UE o della politica americana. Non cada in questa trappola. Siamo noi ad aver colpa. Lei ha perso le elezioni e io ho perso le elezioni, non [George] Soros o [il presidente della Commissione europea Jean-Claude] Juncker.

Ma diversamente dalla situazione in Ungheria, possiamo ancora gestire Kaczyński. Gli ungheresi non possono gestire da soli [il primo ministro Viktor] Orbán. Sono in una situazione diversa.
Allora lasciamoli gestire. Lasciamo che giungano a una sorta di accordo…


DOV’È LA GERMANIA?

Non è deluso per il fatto [la cancelliera tedesca Angela] Merkel non sia in grado di influenzare l’Ungheria per evitare la chiusura dell’Università dell’Europa centrale, anche se, per ragioni economiche, i tedeschi sono gli unici che Orbán ascolta?
Ma cosa dovrebbe fare la Merkel? Inviare l’esercito?

Potrebbe boicottarlo, come hanno fatto gli Stati Uniti. La Germania è responsabile di un terzo dei posti di lavoro in Ungheria. La pressione economica sarebbe abbastanza. Non pensa che il partito popolare europeo debba vergognarsi profondamento per il fatto che 107 voti su 199 fossero contro la risoluzione che condannava la repressione dell’Università dell’Europa centrale da parte del governo ungherese?
Lo trovo scandaloso, sì. Ma sono realista. È un’argomentazione di cui ho parlato spesso con il mio amico Sergei Kovalev, che diceva, “Perché l’America…” e io dicevo, “Basta, basta”.

Solidarnosc ce l’avrebbe fatta senza la pressione internazionale?
No.

Allora di cosa stiamo parlando? Non pensa che chi è nella posizione di rispondere quando succede qualcosa di brutto sia in qualche modo responsabile?
Non dico che non dovrebbe esserci pressione. Ma se non avessimo avuto le proteste dei cantieri [di Danzica], nessun tipo di pressione internazionale sarebbe stata d’aiuto. Prima deve esserci un cantiere, poi possiamo parlare di pressione.

Perché la Germania sta seguendo una politica di riappacificazione? Dovrebbero sapere meglio di chiunque altro cosa significa tentare di ammorbidire un dittatore.
È un’arma a doppio taglio. Capisco per certi versi i tedeschi. Quando il tuo passato include Adolf Hitler, devi stare attento. Ricordo una conversazione avuta tempo fa con un amico che mi chiese, “Adam, onestamente, cosa preferiresti: una Germania pacifista o una Germania militarizzata?” Gli dissi che era un modo alquanto sgradevole di formulare la domanda.

Quindi si trova in disaccordo con Radek Sikorski, che a Berlino ha dichiarato di aver paura di una Germania debole, invece che di una Germania forte?
Concordo.

Esattamente. Allora perché la Germania si sta rivelando così impotente sulla questione ungherese? La Germania non è stata tanto comprensiva nei confronti della Grecia quanto lo è stata nei confronti di Orbán.
Penso che quello che sta accadendo con l’Università dell’Europa Centrale sia terribile, ma non do la colpa alla Merkel. Do la colpa al Parlamento europeo e ai membri del Partito popolare europeo. La Merkel deve tenere a mente – sarebbe opportuno – di essere la cancelliera della Germania, non il primo ministro dell’Olanda. In Polonia, è molto semplice giocare la carta anti-Germania, come fa costantemente Kaczyński.

Ma parliamo dell’Ungheria.
Lì la questione è più articolata, ma hanno anche vissuto l’occupazione tedesca. È molto più complicato, perché l’Ungheria era alleata con Hitler.

Invece di una Russia che si occidentalizza, è l’Occidente che si sta russizzando. Non è solo Orbán a imitare la Russia; anche Donald Trump e alcuni repubblicani negli Stati Uniti. Cosa sta succedendo all’Occidente?
Questa è una bella domanda. Quando chiesi a Isaiah Berlin cosa provoca la rivoluzione, mi rispose, “la noia”. Guardiamo l’Olanda! Era un modello, un’icona di democrazia e tolleranza europea! Se legge [Stanisław] Ossowski, [Leszek] Kołakowski, [Stefan] Czarnowski, quello era il loro modello. E improvvisamente è collassato tutto e nessuno sa perché. Ovviamente potrebbe essere per i rifugiati, i conflitti etnici e religiosi. Ma questi fattori non sono nuovi.


TEMI IL TUO VICINO

L’immigrazione e l’influsso dei profughi sono questioni molto politicizzate ora – e fortemente correlate all’appoggio ai partiti che alimentano e manipolano la xenofobia. Perché siamo diventati così vulnerabili sul tema?
Fino ad ora, la democrazia occidentale – forse ad eccezione di Usa, Canada e Australia – semplicemente non è stata molto brava nel gestire il multiculturalismo. Pensiamo alla Francia, dove si usava dire, “Come cittadino puoi fare qualsiasi cosa, come algerino non puoi fare nulla”.

L’Europa è circondata da 100 milioni di persone che soffrono la fame. Non è ingenuo pensare che un rafforzamento delle frontiere chiuderebbe le porte a queste persone?
Certamente, nessun muro può risolvere questo problema. Questa è l’illusione di Trump, e non ha alcun senso.

Il rafforzamento delle frontiere è la massima priorità in tutti i piani finalizzati ad affrontare la questione dei rifugiati.
È vero che le frontiere vanno rafforzate, non fosse altro a causa del terrorismo.

Ma gli immigrati hanno commesso solo alcuni degli attacchi terroristici avvenuti in Europa negli ultimi anni.
Ciò nonostante, sono spesso britannici provenienti dal Pakistan o dal Bangladesh.

Dal Regno Unito, non dal Pakistan o dal Bangladesh. Queste persone sono nate e cresciute in Europa.
Comunque i loro genitori provengono da queste aree; sono musulmani. Ed è per questo che penso che abbiamo bisogno di controlli più rigorosi alle frontiere. È qualcosa che appoggio. Sono anche a favore di controlli più restrittivi sull’immigrazione, e di un Piano Marshall per il Medio Oriente e l’Africa.

La quantità di denaro nel Medio Oriente, la grande quantità di petrodollari nelle monarchie musulmane, eccede di gran lunga il Piano Marshall. Questi sono i paesi più ricchi del mondo, e non hanno accolto un singolo profugo.
È per questo che dobbiamo raggiungere accordi con questi paesi. È problematico, per la rivalità dell’Arabia Saudita con l’Iran, e così via. Comunque nel lungo periodo non vedo altra opzione se non quella di aiutare questi paesi ad uscire da quel buco nero. Ovviamente, il Kuwait o il Qatar non hanno bisogno di alcun tipo di assistenza, perché hanno soldi a profusione, ma anche l’Iran è diverso.

La Merkel ha fatto la cosa giusta ad accogliere un milione di profughi? Pensa sia stata tradita dal resto d’Europa? Se altri paesi avessero agito in solidarietà, le cose sarebbero andate meglio?
La rispetto molto per questo. Forse perché faccio parte di quella generazione che si ricorda le immagini delle navi cariche di ebrei allontanate dai porti americani.

Pensa che la Polonia debba accogliere profughi? Quanti?
Penso che la risposta del governo del [primo ministro] Beata Szydło in merito sia scandalosa e imperdonabile. La risposta dovrebbe essere la seguente: nella misura in cui sia possibile dal punto di vista politico ed economico, accetteremo e analizzeremo attentamente i postulati della Chiesa Cattolica in merito ai rifugiati.

I polacchi l’appoggerebbero?
Non saprei.

Sembra che la Chiesa Cattolica non la pensi così, dato che non si è pronunciata apertamente in merito. Cosa accadrebbe se la vittoria delle elezioni contro i populisti richiedesse di dichiarare che non saranno accolti rifugiati?
Non possiamo saperlo.

Quindi è meglio perdere le elezioni. In questo modo finiremo senza rifugiati e democrazia liberale.
Questa è demagogia, ed è falsa.

Ma molti politici si sono trovati di fronte o si confronteranno con una simile scelta.
No, nessuno si troverà di fronte a una scelta di questo tipo. L’opinione pubblica è attualmente oggetto di manipolazione e le persone devono capire che questo è assurdo. A mio avviso, la Polonia ha commesso un grave errore dal rimandare la sua adesione all’euro ad kalendas Graecas, e ora siamo spacciati. La Lituania ha l’euro, la Lettonia ha l’euro, e così anche Slovacchia e Slovenia, mentre noi siamo spacciati. E penso che talvolta a questo serve un leader politico, a fare la cosa giusta, anche quando è impopolare.

Ma ciò equivale ad agire contro la volontà della gente.
Non contro la volontà della gente, ma contro la manipolazione dell’elettorato.

È una denuncia che potrebbe fare qualsiasi governo.
È ciò a cui serve un leader politico – conoscere la differenza.

In che modo questo è diverso da Kaczyński, che ha una propria idea su chi viene manipolato e da chi?
Kaczyński sta violando la Costituzione. Fine della discussione.

Ma quando non viola la Costituzione, adduce argomentazioni simili.
Quando non viola la Costituzione, può fare quello che vuole. Lo critico, ma lui ha diritto a perseguire le sue politiche; ha ricevuto un mandato. Ma non ha il diritto di violare la Costituzione.


BOLSCEVISMO DI DESTRA

Lei è una delle poche persone che conosce personalmente Kaczyński, Orbán e Putin. Cosa cerca Kaczyński?
Non so se ne sono consapevoli, ma hanno attivato un meccanismo che conosciamo dalla storia dei bolscevichi, ossia i conflitti di classe si intensificano con la costruzione del socialismo. Le loro politiche somigliano a quelle del Partito [comunista] Polacco dei Lavoratori Uniti dal 1944-1949. La battaglia per il commercio, l’eliminazione del pluralismo, l’accerchiamento del villaggio, la rivoluzione dell’istruzione, una nuova politica storica – tutto questo fu fatto all’epoca.

Ma oggi non c’è l’URSS.
Ed è per questo che penso si romperanno il collo da soli.

Da soli? Pensa che Kaczyński sia il peggior nemico di se stesso?
Sì. Quello che stanno facendo è incomprensibile.

Stanno facendo il possibile per assicurarsi la propria sconfitta?
Assolutamente, proprio come l’ampio segmento del nostro clero che sta lavorando verso la secolarizzazione in modo così diligente che non riesco a credere ai miei occhi.

Pensa che Kaczyński abbia una visione della Polonia?
La sua visione della Polonia affonda le radici nella storia polacca. Penso al periodo successivo alla morte di [Józef] Piłsudski nel 1935, e al Campo di Unità Nazionale. Era un tentativo di dittatura autoritaria che si appellava alla retorica e alle dimensioni spirituali del movimento Democrazia Nazionale. Il Campo di Unità Nazionale e i Democratici Nazionali si odiavano. La logica di quel periodo era, “Ora tocca a noi e basta”. Penso che Kaczyński stia puntando a uno Stato in cui le istituzioni democratiche esistono solo come villaggi Potёmkin. Il governo sta procedendo verso uno stato completamente autoritario con elementi del totalitarismo e una totale subordinazione di tutte le aree della vita pubblica.

Gli amici dell’Occidente spesso mi chiedono se i polacchi e gli ungheresi abbiano smesso di aver paura della Russia, dal momento che litigano con i loro alleati occidentali.
I polacchi sono manipolati. Non pensano alla Russia. Si sentono dire che sono schiacciati da Bruxelles, ma intendono Germania.

Il supporto per l’UE in Polonia è all’88%.
Sì, ma non c’è questo supporto per l’euro.

E ancora, nessuno crede che Bruxelles li stia opprimendo. Un polacco può dimenticarsi della Russia?
Se lo chiede, significa che può dimenticarsene. Se le persone non capiscono che la graduale uscita della Polonia dall’UE equivale alla distruzione della più robusta barriera contro le politiche imperialistiche di Putin, significa che si sono lasciati manipolare.


DECADENZA DEMOCRATICA

Kaczyński sospenderà i meccanismi democratici in Polonia? Penso alle future elezioni.
Non saprei. Non lo escluderei. Potrebbe farlo solo in un modo: dovrebbe in qualche modo replicare il golpe di maggio di Piłsudski o il putsch del [presidente turco Recep Tayyip] Erdogan.

Pensa che i polacchi e gli ungheresi saranno in grado di difendere la propria democrazia?
Nel lungo periodo, sì.

Sicuro?
Sicuro no, ma convinto sì. L’unica cosa di cui sono sicuro è la morte.

Ha delle argomentazioni diverse dall’idea metafisica di un “gene di libertà” presente nella nazione?
Ma noi abbiamo davvero quel gene. E così gli ungheresi e i russi. Alexei Navalny è una persona libera.

Ma Navalny è una persona sola.
Lui è molto popolare.

Non vincerebbe in un’elezione.
Non oggi. Ma avrebbe potuto dire la stessa cosa di chiunque di noi nel luglio del 1980. I comunisti dichiaravano che i loro numeri ci avrebbero sopraffatto.

Lei vinse nel 1989, ma poco dopo anche Václav Havel non riuscì a vincere le elezioni nella Repubblica Ceca, e di fatto non ha mai vinto un’elezione popolare; è stato sempre eletto dal parlamento.
È la vita…

Se PiS perde e ci sarà la resa dei conti, difenderà Kaczyński e gli altri nello stesso modo in cui ha difeso i leader comunisti [Czesław] Kiszczak e [Wojciech] Jaruzelski?
Non li difenderò nello stesso modo. Sosterrò il diritto più che la rivalsa.

Cosa vuole dire che non li difenderà nello stesso modo?
Non nella stessa misura. Nel 1989 la ruota della storia è girata, e abbiamo dovuto proclamare una Polonia libera per tutti.

Voleva sedurre i comunisti con la democrazia?
Sì. Ricordo il genio di [Konrad] Adenauer nella Germania postbellica. Trasformò i nazisti in democratici.

Allora perché non vuole trasformare l’elettorato PiS in democratici?
Non sto parlando delle elezioni. Hanno molte persone in gamba…

Chi la preoccupa se dovesse avvicinarsi a loro?
Qualcuno sì; altri no.

Pensa che nella mente di Kaczyński l’unica colpa del Partito polacco dei Lavoratori Uniti era quella di non averlo come leader?
Non la metterei in questi termini. Kaczyński ha una cultura diversa. Ma se parliamo del suo concetto di Stato, allora sì, è stato plasmato dalla Repubblica popolare della Polonia.


LA LUNGA PARTITA DI PUTIN

Lei chiama Kaczyński “LiliPutin”, ma cosa pensa stia pianificando Putin? Sta agendo secondo un piano o sta semplicemente reagendo agli eventi?
Vuole essere un nuovo Ivan Kalita, e unificare le terre russe. È la causa di fondo della situazione in Ucraina. Lui pensa che non ci sia nessuna nazione ucraina, che lo stato ucraino sia una finzione.

L’ideologia riveste un ruolo in Russia? O per Putin?
Grande ideologia del potere. Ideologia imperiale.

Allora perché Putin sta agendo come Ivan Kalita invece che come Pietro il Grande? Perché non sta perseguendo la modernizzazione, per quanto dispotica?
Forse perché non può. Forse è il suo ambiente. Non è una domanda cui io possa dare una risposta. Una volta ho detto a un amico in Russia che Putin è un Occidentalista. Lui ha confermato, Putin è un Occidentalista, ma per lui l’Occidente è l’ex Germania dell’Est. È così che vede il mondo, attraverso gli occhi di qualcuno che ha imparato qualcosa sull’Occidente nella Germania dell’Est. A mio avviso, Putin si sente insicuro. Si sente minacciato dal suo entourage. Ha visto il film di Navalny sulle ville di Medvedev? Putin non ha detto una parola a riguardo.

Perché?
Perché voleva mostrare Medvedev: resta tranquillamente seduto, ognuno al suo posto.

Pensa che il Cremlino abbia tranquillamente condonato questa campagna di Navalny, il suo film sulla ricchezza del primo ministro e per estensione dell’intera élite al potere?
C’è una teoria – che non condivido – secondo cui Navalny sia totalmente un progetto del Cremlino.

Perché è tollerato?
È tollerato perché non vogliono trasformarlo in un martire. Hanno visto quello che è accaduto con [Mikhail] Khodorkovsky, la cui incarcerazione fu citata dai critici di Putin in ogni occasione. Non è ciò che vuole Putin.

Nello sperare in una Russia democratica, dovremmo guardare a uno specifico gruppo sociale o a una specifica fazione interna al governo?
A mio avviso, la speranza risiede nelle tendenze democratiche presenti sia nell’opposizione che nelle periferie del campo dominante. Non farò nomi. Gliene parlerò a intervista conclusa.


LA QUESTIONE UCRAINA

Cosa vuole Putin dall’Ucraina?
Nulla. Vuole incorporare l’Ucraina nella Russia.

Tutta l’Ucraina? Non vuole solamente controllare il governo ucraino?
Lo farà passo passo, pezzo per pezzo. Forse è vero, si presume abbia riferito al [presidente del Consiglio europeo Donald] Tusk dietro le quinte: prendete Leopoli, Ivano-Frankivsk, i territori polacchi prebellici. Facciamo una spartizione.

Riesce ad immaginarsi una cosa del genere?
Bella domanda. Non voglio neanche pensarci.

Perché?
Perché sarebbe una tragedia per la Polonia.

Quanti polacchi appoggerebbero quest’azione?
Questa è un’altra bella domanda. Non saprei, ma temo sarebbero in molti. È facile pompare la gente con la frenesia nazionalista. Ricordiamo quanto accaduto con l’annessione di Zaolzie nel 1938, a seguito dell’Accordo di Monaco – la cooperazione con Hitler è stata un grande successo durato tre settimane. Sfortunatamente, fa parte della natura umana. Abbiamo visto nei Balcani quanto sia semplice scatenare emozioni nazionaliste, con inevitabili e tragiche conseguenze. E seminare il conflitto tra Polonia e Ucraina è certamente una componente importante della politica di Putin.

Perché Putin si è fermato per il momento?
Per un centinaio di ragioni. Non vuole tutto subito. Vuole aspettare e vedere cosa succede in Occidente. Si aspettava una nuova Yalta sulla scia della vittoria di Trump. Ma non è chiaro cosa accadrà. Nessuno sa cosa farà Trump in merito alla Russia. Putin si aspettava che Marine Le Pen vincesse in Francia e che, insieme alla Brexit, la sua vittoria avrebbe proclamato il collasso dell’UE.

Cosa significherebbe per la Russia incorporare l’Ucraina? Alla fine c’è un governo lì, un esercito nazionale. Ci sarà un prezzo da pagare.
Significherebbe un’Ucraina bielorussizzata, con il Cremlino che installa lì il proprio governo.

Pensa sia fattibile?
È quasi accaduto con [l’ex presidente Viktor] Yanukovych.

Ma sarebbe possibile oggi, dopo Maidan?
Non oggi, ma tra un anno?

L’Occidente dovrebbe armare l’Ucraina?
Forse sarebbe meglio chiedere a qualcuno dell’esercito; ne sanno più di me.

Ma è una decisione politico. Armare l’Ucraina significa rischiare una guerra che potrebbe essere esponenzialmente peggiore di quella scoppiata in Yugoslavia.
Potrebbe, vero. Ma se una guerra ci sarà, potrà avvenire senza armi occidentali. D’altro canto, l’Ucraina si è rafforzata militarmente.

In che modo la Polonia può aiutare l’Ucraina?
Per il momento la Polonia dovrebbe soprattutto non arrecare danni.

Pensa che l’UE abbia detto addio alle aspirazioni europee dell’Ucraina?
Per il momento. Ma nulla è definitivo con l’UE. Penso che l’UE abbia fatto una gran cosa abolendo l’obbligo del visto per gli ucraini. È stata una mossa saggia, e avrà effetti molto positivi.

Lei pensa che l’Ucraina debba aderire alla NATO.
Sarebbe una bella cosa.


LA SCELTA DELLA POLONIA

Lei era dalla parte di Martin Schulz o della Merkel nelle elezioni tedesche? Cosa sarebbe meglio per la Polonia?
Non saprei. Ci ho pensato molto. In base alle mie conoscenze della storia, direi Merkel.

Per la tradizione di Ostpolitik dei social-democratici?
Perché [l’ex cancelliere] Gerhard Schröder sta lavorando per Gazprom. Si presume che Schulz sia diverso. Dall’altro, quando si parla di politiche domestiche e diritti umani, simpatizzo di più per i social-democratici che per i cristiano-democratici (CDU) della Merkel. Ma la Merkel non è una tipica esponente della CDU. Le sue politiche sono intelligenti e dignitose.

In merito alla Russia, c’è qualcuno in Germania o nell’Europa occidentale di cui si fida di più rispetto alla Merkel?
No.

Può un paese come la Polonia non essere vincolato geopoliticamente a nessuno?
No.

Quindi o apparteniamo all’Occidente o alla Russia?
C’è un grande rischio che cada nelle mani di Putin.

In che modo pensa possa accadere?
Se guardiamo alla relazione di Orbán con Putin, penso che non sia impossibile anche noi avere una transizione filorussa verso destra. Penseranno a se stessi, perché dovremmo avere bisogno di Bruxelles, che ci sta perseguitando con la Commissione di Venezia, quando i russi potrebbero persino concederci dei prestiti e portarci caviale e salmone.

Pensa che Kaczyński farà la stessa transizione di Orbán, che nel 1989 urlava, “Via l’armata rossa”, e ora ripone fiori sulle tombe dei soldati sovietici che hanno soffocato nel sangue la rivolta ungherese del 1956?
Me lo ricordo, ero a Budapest nel 1989. Ho sentito il discorso di Orbán, ero stupito.

E ora ripone fiori sulle tombe dei soldati russi.
È stato un gesto a beneficio di Mosca.

Pensa che un cambiamento di questo genere sia possibile in Polonia? Come risponderebbe l’elettorato di PiS? Continuerebbero a seguire Kaczyński a prescindere?
Non saprei. Immagino di sì.

In base agli ultimi sondaggi, PiS ha il 47% dell’appoggio, mentre Piattaforma Civica si attesta al 16%. Pensa che questo potrebbe cambiare prima delle prossime elezioni? Cosa accadrebbe all’opposizione?
Mi conforta sapere che [il leader dell’era comunista Edward] Gierek ha goduto di un supporto ben più forte. Facciamo ciò che deve essere fatto e vediamo cosa succede.


Traduzione di Simona Polverino

Slawomir Sierakowski, fondatore del movimento Krytyka Polityczna, è direttore dell’Istituto di studi avanzati di Varsavia. Adam Michnik è direttore del quotidiano polacco Gazeta Wyborcza.

Copyright: Project Syndicate, 2017.
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