I trilioni – che fino a oggi potevano essere attribuiti perlopiù alla fervida fantasia disneyana di Paperon de Paperoni – esistono davvero. Oltre che essere nei depositi nei quali si tuffa il papero taccagno, sono anche nei forzieri della criminalità economica.
Il fatturato transnazionale del crimine organizzato nel biennio 2015-2016 ha oscillato, infatti, tra i 3,6 e i 4,8 trilioni di dollari. Una cifra che equivale al 7% del Prodotto interno lordo mondiale. Non bastasse questo, il mancato profitto per il settore privato a causa della indebita concorrenza sul mercato globale del crimine organizzato, per lo stesso periodo è stimato in circa 130 miliardi di dollari.
I trilioni esistono
Per dare un’idea che avvicini la fantasia fumettistica alla realtà, il trilione è il numero che equivale a mille miliardi, cioè 10 alla dodici (un 1 seguito da dodici zeri). Un numero che esiste in natura ma di cui, oltre che nella fantasia disneyana, si ha traccia solo nella finanza.
Secondo l’ultima classifica S&P Global intelligence la banca più potente al mondo per asset è la Industrial & Commercial Bank of China, con un patrimonio di 3,47 trilioni.
La decima è la Wells Fargo degli Stati Uniti, con un patrimonio di 1,93 trilioni. Se per ipotesi i due istituti si fondessero, supererebbero di poco i ricavi del crimine organizzato mondiale.
I battaglioni nascosti
A stilare una lunga e dettagliata analisi dell’impatto del crimine transnazionale sul settore privato (nella ricerca si richiama anche la parola «infiltrazione» che appare ormai del tutto inadeguata nel contesto mondiale) è stato il network The Global Initiative Against Transnational Organized Crime con sede a Ginevra. Nata ufficialmente a New York nel 2013, la rete mette insieme professionisti delle forze dell’ordine, della governance e dello sviluppo, che si dedicano alla ricerca di strategie innovative e risposte alla criminalità organizzata.
Nella presentazione della ricerca si legge a chiare lettere che i risultati sono «una chiamata alle armi per i settori pubblico e privato per fare in modo di trasformare la cooperazione e il lavoro di squadra». E si legge anche che la stima è prudenziale e che oltre a inquinare l’economia, sta attraversando con conseguenze disastrose ogni settore della società. Ancor più accattivante ed esplicativo, dunque, il sottotitolo della ricerca: “I battaglioni nascosti”, tratta dall’aforisma di William Shakespeare: «Quando arrivano i dispiaceri, non arrivano come singole spie, ma in battaglioni».
I ricercatori hanno preso in considerazione sei forme di crimine organizzato analizzando lo sfruttamento o l’impatto su sei settori: servizi finanziari, tecnologia, commercio, costruzioni, trasporti e logistica e infine risorse naturali.
Riciclaggio e non solo
La gran parte del fatturato criminale transnazionale arriva dal riciclaggio, valutato tra 1,5 e 2 trilioni, che più o meno vale il 2% del Prodotto interno mondiale. L’appropriazione indebita viene stimata in circa 0,1 trilioni. In questo settore i furti di merci costano fino a 30 miliardi di dollari all’anno.
La contraffazione e il contrabbando, pur essendo considerati un crimine legato ai beni di consumo, sono diffusi in un’ampia gamma di prodotti. In particolare i prodotti tecnologici e farmaceutici, «con effetti devastanti» scrivono Robin Cartwright e Frances Cleland Bones nella ricerca. Il valore della contraffazione e del contrabbando, che solo otto anni prima della ricerca veniva stimato in 250 miliardi di dollari, ora viene stimato dall’Ocse (l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) in 461 miliardi di dollari, vale a dire il 2,5% del commercio mondiale. La ricerca fa oscillare il fatturato tra 0,5 e un trilione.
La frode e l’estorsione restano fortemente presenti nei settori finanziario, edilizio e immobiliare e valgono per il crimine organizzato circa un trilione. Nelle costruzioni le estorsioni potrebbero rappresentare circa il 20-30% del mancato profitto. Sotto la voce omnicomprensiva “frode e corruzione” la ricerca stima un ricavo di un trilione per la criminalità organizzata.
I crimini informatici
Gli attacchi a scopo estorsivo degli hacker costano alla azienda statunitense media 15,4 milioni di dollari all’anno e fruttano alla criminalità organizzata transnazionale, secondo i calcoli della ricerca, tra gli 0,5 e gli 0,7 trilioni all’anno. Se vogliamo usare un paragone ad affetto possiamo ricordare che il Pil dei Paesi Bassi nel 2015 era di 0,8 trilioni ma possiamo ricordare anche che la stima della ricerca è più alta della capitalizzazione di mercato nel 2016 di Microsoft (411 miliardi di dollari), Facebook (314 miliardi di dollari) ed ExxonMobil (332 miliardi di dollari). I settori più colpiti sono quelli dei servizi finanziari e dell’energia, con una media di costi annuali rispettivamente di 13, 5 e 12,8 milioni di dollari.
I crimini informatici possono declinarsi in una gamma pressoché infinita di azioni criminose. La ricerca ricorda, ad esempio, che nel 2015 ben 68mila Url (la sequenza di caratteri che identifica univocamente l’indirizzo di una risorsa in Internet),contenenti immagini di sfruttamento sessuale e abuso di minori sono stati immesse online su 1.991 domini. L’impatto reputazionale sule aziende significa che le maggiori compagnie tecnologiche mettono in campo significative risorse (in termini di soldi e uomini) per estirpare queste ragnatele criminali.
Il 49% degli attacchi informatici dura tra le 6 e le 24 ore e su questo filone vale la pena di aprire una parentesi che riporta, almeno parzialmente, in Italia. È qui infatti, per la precisione a Milano, che Alessandro Pansa, direttore generale del dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis) è intervenuto nel corso degli Stati generali della lotta alle mafie organizzato dal ministero della Giustizia il 23 e 24 novembre.
Livello di guardia alto nel mondo
Ebbene Pansa ricordò l’attacco che gli hacker hanno portato il 13 maggio di quest’anno a 99 Paesi in tutto il mondo, durati ore, progettati nel tempo e dei quali, verosimilmente, continuano a pagare conseguenze senza esserne fino in fondo consapevoli. «Cosa è accaduto - si è chiesto Pansa - in quel periodo di black out? Gli autori possono aver fatto di tutto, anche aver fatto in modo di controllare i sistemi informatici. Non lo hanno fatto certo per guadagnare un riscatto di 40/50mila dollari».
Europol, subito dopo l’attacco degli hacker, diffuse una nota nella quale definì l’offensiva «senza precedenti», sulla quale sarebbe stata necessaria «un’indagine interazionale».
Non sappiamo se l’indagine sia in corso e non sappiamo dunque se abbia portato a conclusioni, ma quel che sappiamo per certo è l’interesse che le forze investigative internazionali operano al livello più alto di guardia.
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