Gentile Galimberti,
alle prossime elezioni non darò il voto a nessuno ma non perché io sia anarchico. Semplicemente perché non intendo dare il voto né a “liste di promesse” né a un leader politico che tenta di vendersi. Penso sia arrivato il momento di smetterla di dare il voto “alla persona” e ricominciare l’esercizio della sovranità quando si potrà dare il voto a un progetto. Quanti sono i miei connazionali che ragionano così?
Emanuele Grazzini
Buongiorno, mi sono addentrato nei meandri della burocrazia per il rinnovo del passaporto, che richiede due separati contributi, uno da acquistare in tabaccheria e l’altro da versare in posta, ma solo su apposito bollettino colorato, quello bianco con gli stessi dati non va bene. Suppongo che i bollettini richiedessero di riportare tre volte gli stessi dati perché una parte restasse all’autore del versamento, una agli atti e una al beneficiario. Oggi che il versamento viene registrato con la lettura di un codice a barre e il bollettino viene restituito a chi fa il versamento, l’uso di stampati che richiedono una sola volta i dati ridurrebbe di due terzi lo spreco (inumano) di tempo. L’istituzione dei nuovi modelli potrebbe anche dare impulso all’economia, con istituzione di commissioni di studio e valutazione, corsi regionali di abilitazione all’uso, gare di appalto per la stampa e la distribuzione, centri di ricerca per la verifica dei dati, gruppi di studio per l’impatto ambientale, nuclei di controllo per le pari opportunità, compresa la verifica del comitato esperti da eleggersi a mezzo di regolamenti da emanarsi in coordinamento con le autorità locali, ciascuna munita del personale apposito, da retribuirsi eventualmente con una nuova tassa. Che ne dice?
Con cordiale assenza di speranza
Guido Luzzatto
Cari lettori,
capisco la ribellione del lettore Grazzini, ma mi riesce difficile distinguere fra un “progetto” e una “lista di promesse”. A meno che il “progetto” non sia qualcosa di molto più dettagliato rispetto alle solite “liste”. Non so quel che Grazzini metterebbe nel “progetto”, ma certamente un posto d’onore dovrebbe andare alle semplificazioni: a cambiare i tanti gravami che pesano sulla vita dei cittadini e delle imprese (un esempio è quello citato dalla fine ironia del lettore Luzzatto).
Fiorello La Guardia, il leggendario sindaco italo-americano di New York (dal 1934 al 1945), disse che non c’è un modo repubblicano e uno democratico di mettere in ordine le fognature. E ricordo che Indro Montanelli, chiamato a commentare un progetto di privatizzazione, scrisse che talvolta è opportuna la proprietà pubblica di certi servizi e talaltra la proprietà privata; dipende dalle circostanze, disse, e questo “dipendere” «dà il benservito a tutte ideologie». Non vorrei sembrare troppo qualunquista. Il sostrato ideologico è importante, perché informa le priorità, ma in Italia abbiamo avuto - e continuiamo ad avere - troppo “sostrato”.
Si parla molto dell’antipolitica, ma è ancora più diffusa l’anti-amministrazione, la lamentela sulla scarsa qualità dei servizi pubblici. Ricordo un’inchiesta sul campo della Banca d’Italia: a un campione rappresentativo di capifamiglia fu chiesto se sarebbero stati disposti a pagare più tasse per avere in cambio servizi pubblici più efficienti. E una maggioranza rispose, sorprendentemente, di sì: la sete di buoni servizi pubblici deve essere ancor più forte dell’odio per le tasse! Insomma, se i cittadini apprezzassero i servizi che ricevono, se i parlamentari, invece di discettare di convergenze parallele e geometrie variabili, si fossero preoccupati di più dell’amministrazione quotidiana della cosa pubblica, non di troveremmo oggi ad assistere al dilagare del qualunquismo.
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