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Maroni, carta di «governo» del Cavaliere contro Salvini

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L'Analisi|POLITICA 2.0

Maroni, carta di «governo» del Cavaliere contro Salvini

Dietro quei «motivi personali» con cui Roberto Maroni ha spiegato la sua rinuncia a ricandidarsi in Lombardia, sono fiorite molto letture. La prima, più immediata, è il processo per abuso d'ufficio con la spada di Damocle della legge Severino che penderebbe sul suo nuovo mandato. Ma, in realtà, le letture più accreditate sono state le più maliziose. E cioè che da qualche tempo, insieme a Berlusconi, meditassero sull'assetto politico per il dopo elezioni e - anche - su una via d'uscita alle molte incomprensioni che entrambi hanno con Salvini. Per il Governatore non sono solo questioni personali ma anche il disaccordo con il cambio di linea politica, diventata troppo sbilanciata a destra e troppo lontana dal Nord e comunque – per tutte e due le ragioni – è da tempo che tra loro c'è freddezza. E c'è pure il timore che l'area di Maroni venga ridimensionata nelle candidature per il Parlamento.

Con il Cavaliere la questione è più complessa e delicata. Perché il rapporto tra Berlusconi e Salvini è il punto debole di un'alleanza potenzialmente vincente e di governo. Una crepa che tocca anche le dinamiche tra Forza Italia e Lega e che andava sanata per marciare spediti verso uno scenario post-voto. Di certo, la strada non poteva essere - come nei desideri del giovane leader - un Cavaliere sottomesso al suo gioco e alle sue mire su Palazzo Chigi. E anche se dallo stretto entourage di Arcore fanno sapere - come raccontava l'avvocato Ghedini - che Berlusconi era all'oscuro del ritiro, adesso quella di Maroni diventa la soluzione perfetta per un governo di centro-destra. È la mediazione che mancava tra l'anziano presidente e la Lega: un uomo del Carroccio ma in sintonia politica e umana con lui e a cui Salvini - per questioni di appartenenza partitica - non potrà sbarrare la strada verso l'Esecutivo. Non è un caso - infatti - che il Governatore uscente, ieri, abbia voluto sottolineare proprio le sue esperienze di governo oltre annunciare che resterà «a disposizione».

Insomma, il suo non è un ritiro dalle scene ma casomai un cambio di scena. Che, secondo le voci, sarebbe maturato già un mese fa ma su cui si è aspettata l'ufficialità dell'election day per comunicarlo. Non è detto che Maroni arrivi a Palazzo Chigi o ad altri incarichi governativi ma è chiaro che se il 5 marzo darà la vittoria al centro-destra, lui diventa una delle carte che Berlusconi potrà giocare contro Salvini. E per il Governatore sarebbe l'occasione di recuperare lo spazio (perso) dentro la Lega da una posizione istituzionale. Molti passi restano da fare da qui alle elezioni ma la novità di Maroni rafforza la suggestione che pure in caso di una “quasi vittoria” del centro-destra, ci si prepara a uno scenario di larghe intese. Lui, con il suo profilo moderato e istituzionale, diventerebbe l'uomo giusto per aprire a nuovi patti con il Pd, diversamente da Salvini.
In ogni caso, il primo test è quello delle liste: sarà candidato in Parlamento? I suoi dicono di sì e immaginano che insieme a lui ci sarà anche una truppa di suoi fedelissimi. Intanto ha già dato un'impronta tutta sua alla campagna elettorale. Le sue prime parole sono state in totale sintonia con Berlusconi: cioè contro i 5 Stelle e Di Maio definito una «Raggi al cubo e, se governerà, l'Italia diventerà come Spelacchio». Un'altra differenza con Salvini che spesso ha flirtato con i grillini.

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