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Economia, un cantiere a metà strada tra teoria e realtà

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Economia, un cantiere a metà strada tra teoria e realtà

Gentile Dott. Galimberti,

in merito alla Sua ricognizione di posizioni su natura e ruolo dell’economia, pubblicata sul Sole del 4 gennaio, intendo dare un mio modesto riscontro. Innanzitutto di ringraziamento per l’interessante e utile panorama, che immagino di non facile sintesi. Poi anche di critica: ritengo che la conclusione dell’articolo non sia adeguata allo spessore, agli intenti e agli effetti dello studio.

Fra i tanti filoni di studio confluiti nella panoramica, mi è congeniale quello che evidenzia la pericolosità delle azioni decise in mancanza di tempo adeguato e di ponderazione. Pur verificandosi in tanti altri ambiti e in tanti altri luoghi (compresa la scuola e i media), la finanza globale pare essere la sede di massima applicazione di questa pratica inefficiente e irresponsabile. E – a cominciare dalla tecnologia della finanza globale – va considerato in modo specifico un elemento che mi pare non figurare nei contributi passati in rassegna dal Suo studio: il ’digitale’. Che forse è la vera peculiarità dei nostri tempi, ubiquitario e interferente, con la sua modalità istantanea e compulsiva, sulle decisioni e prima ancora sulle valutazioni e prima ancora sulle percezioni, quindi molto di più che nella “sola” finanza globale o nella “sola” economia.

Mi pare di capire che anche nella Silicon Valley stiano prendendo atto dei limiti forse congeniti del digitale, e non vedo perché lasciare a quell’angolo di mondo il primato di questa constatazione e del riorientamento che ne possiamo ricavare. In fondo la realtà tale e quale, vero habitat antropologico ed economico, è disponibile dappertutto, e dovunque noi siamo, cosa che ci libera dalla soggezione a mediocri leadership cognitivo-economiche.

Grazie dell’attenzione, sentiti auguri di buon anno

Lapo Casini

Caro Casini,

innanzitutto, grazie della mail e buon anno anche a lei.

Per quel che riguarda la conclusione dell’articolo sul “Processo all’economia” (Allora, come si conclude questo processo? Colpevole o innocente? Come nell’«Assassinio sull’Orient Express», si può essere tutti colpevoli e tutti innocenti…), confesso che ho cercato, con quell’anodino pistolotto finale, di cavarmela un po’ a buon mercato, data la difficoltà di raggiungere un verdetto univoco su una materia complessa, e in un caso in cui sia accusa che difesa avevano cose giuste da dire.

Credo che una conclusione più “posata” potrebbe essere questa: l’economia – intesa come scienza economica – è, come tante altre cose della vita, un “lavoro in corso”. Si fanno teorie, che poi sono passate al vaglio della realtà, e quando questa non si comporta come previsto, bisogna – umilmente – tornare alla lavagna... La razionalità dell’Homo oeconomicus è un utile – anzi, indispensabile – punto di partenza ma non è da prendere troppo sul serio. Ed è importante che, come sta già, e non da ieri, accadendo, l’economia «volga la vista disiosa e lieta» alle altre scienze dell’uomo.

Per quel che riguarda la «pericolosità delle azioni decise in mancanza di tempo adeguato e di ponderazione», sono d’accordo con lei e citavo il contributo di Giorgio Coricelli: «Attraverso la risonanza magnetica funzionale è stata rilevata nell’uomo una dissociazione temporale tra il calcolo del valore atteso e del rischio... Questo implica che tutte le scelte effettuate troppo in fretta, pensiamo al trading online, rispecchiano una ... limitata considerazione della rischiosità di ciò che stiamo scegliendo».

fgalimberti@yahoo.com

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