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Quei Garanti ancora dimenticati

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Scenari

Quei Garanti ancora dimenticati

  • –Antonello Cherchi

Ai Garanti dei contribuenti presenti in ogni Regione sono arrivate nel 2016 poco meno di 7mila istanze; una media di 350 a garante, con punte di oltre 1.400 in Puglia e, al contrario, appena 200 in Veneto e in Emilia Romagna. Numeri in significativo aumento, visto che nel 2015 le pratiche esaminate da questi “paladini dei contribuenti” si erano fermate a 4.718. Ma decisamente insufficienti a scalfire la montagna del contenzioso fiscale: nello stesso anno, infatti, sono stati depositati oltre 232mila ricorsi davanti ai giudici tributari di primo e secondo grado, per un valore di 31,8 miliardi, a cui si aggiungono i 50mila pendenti in Cassazione.

A oltre 17 anni dalla sua istituzione, prevista nel 2000 dallo Statuto del contribuente, questa figura di tutela dei cittadini verso il Fisco stenta ancora a decollare.

Il legislatore, però, sembrerebbe continuare a crederci, visto che nel decreto legge fiscale abbinato alla manovra di bilancio (il Dl 148/2017) ha rivisto la retribuzione dei Garanti. Nel 2013, dopo aver accontonato l’idea della soppressione, si era deciso di ridurre della metà lo stipendio (portandolo a 1.400 euro circa) e di trasformare l’organo da collegiale (tre componenti per ufficio) a monocratico. Decurtazione mantenuta negli anni successivi. Ora si fa marcia indietro e si stabilisce che il Garante percepisca - per, professa la nuova norma, assicurarne l’autonomia - una retribuzione mensile lorda di 2.788,87 euro, tornando ai livelli pre-taglio. Viene, inoltre, riconosciuto il rimborso di eventuali spese di trasferta e di accesso agli uffici finanziari che si trovino in un Comune diverso da quello di residenza del Garante. L’aumento dello stipendio si traduce in un maggiore esborso per lo Stato, che deve mettere a bilancio 474mila euro.

Dal canto loro i Garanti hanno assicurato in questi anni ai quei pochi cittadini che hanno bussato alla loro porta risposte in tempi contenuti e spesso in senso favorevole. Nel 2016, nel 30% dei casi il contribuente ha ottenuto l’annullamento dell’atto in autotutela (con vittoria totale nel 19,7% dei casi o parziale nel 10,1%). Senza contare che chi vi si è rivolto ha quantomeno ottenuto chiarezza rapidamente: il 33% delle istanze è stato definito nel merito dal Garante, dando al cittadino un responso univoco.

La geografia dell’utilizzo di questi sportelli è variabile e spesso legata a situazioni locali. Così è ad esempio per il «fenomeno Puglia», Regione che si piazza al primo posto per domande ricevute, con oltre 1.400 istanze a fronte del migliaio del Lazio e delle sole 400 in Lombardia. Un’impennata - si legge nella relazione del Garante locale, Salvatore Paracampo - dovuta soprattutto a controversie tra i contribuenti e i consorzi di bonifica locali (quasi 300 istanze) e a un’errata applicazione da parte delle Entrate di un’imposta di registro su una sentenza che ha coinvolto diverse centinaia di medici (errore poi rettificato in autotutela).

In buona parte i cittadini si rivolgono a questa figura per chiedere di annullare avvisi, accertamenti, o sanzioni che ritengono illegittimi. Lo strumento più utilizzato è l’autotutela: in Toscana, ad esempio, sulle 192 istanze del 2016, 57 riguardano annullamenti in autotutela. Così anche in Abruzzo: 202 istanze, con 180 richieste di autotutela. Stesso discorso nel 2017, in Sicilia: delle 72 richieste, 47 riguardavano l’autotutela.Ma non sempre va a buon fine: spesso anche quando il Garante invita all’annullamento in autotutela, gli uffici rimangono saldi sulle proprie posizioni. In Umbria ad esempio a fonte del 61% di adesioni all’autotutela, resta uno zoccolo duro del 39% di amministrazioni che confermano i provvedimenti. Anzi a volte - aggiunge Paracampo - «le richieste di autotutela da parte del Garante vengono viste dagli uffici come una censura... e quasi mai vengono accolte». «Alcuni enti locali si ostinano a considerare indebita l’attività del Garante nei loro confronti - aggiunge Gianni Di Giandomenico, garante in Molise - in quanto ritengono che questi abbia competenza solamente per i tributi statali».

L’obiettivo dei Garanti per la nuova legislatura è quello di ridefinire la figura e il ruolo di questa istituzione. «Si arriverà a un’autonomia ancora più compiuta quando si eviterà che l’agenzia delle Entrate debba fornire i mezzi e il personale - spiega il Garante del Lazio e presidente dell’associazione nazionale dei garanti, Angelo Gargani -. L’espressione della norma di riferimento, ossia l’articolo 13 dello Statuto del contribuente, è stata interpretata con la presenza del Garante presso i locali messi a disposizione dalla Direzione regionale delle Entrate competente».

Ecco perché, continua ancora Gargani, «in sinergia con l’Anti (Associazione nazionale, tributaristi italiani, ndr) si sta studiando una riforma che possa essere esaminata dal prossimo Parlamento per una maggiore autonomia e per creare una figura di coordinamento a livello nazionale di tutti i garanti in modo da istituire un riferimento unico in grado di interloquire con potere politico e amministrativo».

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