La campagna elettorale per le elezioni politiche del 4 marzo prossimo è entrata nel vivo, ma i temi della ricerca scientifica e dell’Università - pur riconosciuti elementi decisivi per lo sviluppo e quindi per il futuro di un Paese avanzato - sembrano del tutto estranei al dibattito elettorale italiano e stentano a conquistare le prime pagine dei giornali, contrariamente a quanto normalmente accade negli altri Paesi. Come cittadini consapevoli, vorremmo decidere chi votare sulla base di precise informazioni circa i programmi su questi temi delle diverse coalizioni e formazioni politiche che si affrontano. Per questo, abbiamo formulato sei semplici domande per i leader politici che si candidano a governare l’Italia nei prossimi cinque anni:
1) Come pensate di aumentare il numero dei laureati italiani, assai esiguo rispetto alla media europea, garantendo al contempo standard elevati di qualità didattica?
2) Come garantirete che le Università italiane siano finanziate sulla base del merito - premiando le più competitive a livello internazionale in fatto di ricerca, innovazione, didattica e terza missione – a fronte di un gap crescente tra atenei delle diverse Regioni italiane e in particolare tra Nord e Sud del Paese?
3) Che ne pensate della proposta di abolire i concorsi universitari, affidando alla responsabilità degli atenei e a una rigorosa valutazione a posteriori (con severe sanzioni per chi non seleziona sulla base del merito) il reclutamento dei docenti e ricercatori come accade nei paesi anglo-sassoni?
4) Qual è la vostra posizione sulla possibile abolizione del valore legale del titolo di studio e sul passaggio a un regime di libera competizione tra Università?
5) Come migliorereste l’efficienza amministrativa delle Università che oggi sono vincolate alle regole della Pubblica amministrazione?
6) Potreste tracciare l’identikit della figura ideale che vedreste come vostra ministra o vostro ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca?
Cesare Montecucco, Tomaso Patarnello, Telmo Pievani, Maria B. Rasotto, docenti dell’Università degli studi di Padova
Gentili professori,
grazie di aver condiviso il vostro appello in questa rubrica. Il vostro prestigio scientifico e la vostra dedizione all’Università sono importanti per comprendere lo spirito della vostra iniziativa. E per questo le precise richieste che rivolgete a chi si candida alla guida del Paese dovrebbero urgentemente trovare risposta. L’Italia è un Paese piuttosto strano: a confronto con i Paesi di analoga importanza economica, ha pochi occupati sul totale della popolazione, pochi giovani e poche donne che lavorano, e pochi laureati sul totale degli occupati. Investe poco in ricerca, attira pochi giovani all’università, usa poco e male il digitale. Qualche cosa negli ultimissimi tempi si è mosso, ma le classifiche internazionali restano impietose. E succede così anche perché l’Italia non è un’entità statistica significativa: in realtà, esistono diverse Italie, e sono divergenti. Alcuni Politecnici e Università non hanno problemi economici. Non tutti gli atenei interpretano il loro ruolo con grande e incontaminata dedizione al bene comune e allo sviluppo umano. Non tutti i laureati vanno a occupare posizioni lavorative adeguate alla loro preparazione. E non tutte le imprese pagano adeguatamente la qualità formativa che le persone hanno conquistato frequentando l’Università. Del resto, le statistiche aggregate non danno conto delle eccellenze e delle dinamiche innovative - talvolta informali - che consentono, nonostante tutto, alle imprese che esportano di accumulare record su record anche in un periodo nero sul piano congiunturale come quello che è appena trascorso in Italia. Di conseguenza, anche le politiche dovrebbero tener conto delle diverse condizioni nelle quali si trovano i diversi territori del Paese. Con regioni nelle quali il rapporto tra industria e Università si sta sviluppando a vantaggio dell’economia territoriale. Con settori nei quali la ricerca sta davvero generando innovazione. Con corsi universitari che si occupano con passione di costruire i cittadini di domani. E con altri che invece non sono all’altezza di un compito tra i più importanti possibili. Il vostro appello chiede prima di tutti ai politici di essere all’altezza della sfida che il momento storico lancia al Paese. Grazie, dunque, per le vostre domande e le ipotesi d’azione che implicitamente suggeriscono.
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