In una discussione con alcuni amici c’è stata un solo elemento su cui eravamo tutti d’accordo: dalle elezioni non uscirà una maggioranza chiara che consentirà di formare un governo non appena il Parlamento sarà insediato. Ma poi ci siamo divisi: c’era chi sosteneva che Paolo Gentiloni sarebbe rimasto in carica se un nuovo governo non avesse ottenuto la fiducia del Parlamento, chi avanzava l’ipotesi di un provvisorio governo di minoranza sostenuto dal presidente della Repubblica, chi ricordava i governi balneari della prima Repubblica, chi era sicuro che in caso di difficoltà a insediare un nuovo governo, o di sfiducia del Parlamento, il presidente della Repubblica dovrebbe immediatamente sciogliere le Camere. La mia opinione è che Gentiloni dovrebbe rimanere in carica fino a che un nuovo Governo non ottenga i pieni poteri. Mi permetto di chiederle chi ha ragione, anche perché abbiamo scommesso una cena.
Antonio Lunghi
Firenze
Caro Lunghi,
forse al vostro prossimo incontro ognuno pagherà la sua parte o se proprio bisogna indicare un vincitore penso possa essere chi ha ricordato i governi “balneari” degli anni ’60. Va innanzitutto ricordato che la Costituzione al suo art. 93 afferma chiaramente che: «Il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri, prima di assumere le funzioni, prestano giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica». E l’art.94 dice: «Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere. Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale. Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia». Da questo deriva che ogni Governo entra in carica al momento del giuramento dal Capo dello Stato e da quel momento cessa ogni funzione il Governo precedente la cui opera viene affidata ai libri di storia. Quindi, eventualmente, per ritornare in carica il Presidente del Consiglio precedente deve ottenere una nuova nomina da parte del presidente della Repubblica e una nuova fiducia da parte del Parlamento. È vero che Gentiloni non ha dato le dimissioni, ma le darà dopo l’insediamento del nuovo Parlamento. Nel caso in cui un nuovo Governo non ottenga poi la fiducia del Parlamento deve dare a sua volta le dimissioni, ma resterà comunque operativo per quello che viene chiamato «il disbrigo degli affari correnti»: si tratta di una formula di prassi politica e di correttezza istituzionale perché ogni Governo, anche se sfiduciato dalle Camere, ha comunque i pieni poteri soprattutto se si presentassero situazioni di emergenza. Anche la formula di “governo balneare” (come quello guidato da Giovanni Leone nel 1963 che servì superare un momento di gravi tensioni sociali e ad aprire la strada all’apertura a sinistra) è una indicazione politica perché la nostra Costituzione non prevede governi provvisori o a termine. Può esistere in teoria un governo di minoranza, ma nel senso di un governo formato da esponenti di partiti che non hanno la maggioranza in Parlamento, ma che comunque deve ottenere la fiducia grazie alle astensioni o alle assenze al momento del voto. Lo scioglimento delle Camere resta infine un atto nella piena disponibilità del presidente della Repubblica: non ci sono limiti né di tempo, né di numero ai tentativi che il Quirinale può compiere per dare un governo al Paese. Tutto ovviamente diventa più semplice, almeno dal punto di vista istituzionale, se un partito o una coalizione compatta ottengono la maggioranza alle due Camere. Ma questo lo vedremo già la prossima settimana.
gianfranco.fabi@ilsole24ore.com
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