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Il bilancio Ue post-Brexit è fondamentale per il prossimo governo italiano

Oggi, venerdì 9 marzo, a Sofia ministri e rappresentanti delle istituzioni UE discuteranno del prossimo bilancio pluriennale dell’Unione. È cominciato un confronto cruciale da cui dipende il volto che avrà l’Europa nel prossimo decennio. La Commissione europea presenterà il 2 maggio la sua proposta di budget per il dopo 2020. Poi Parlamento e Consiglio sono chiamati a decidere, preferibilmente prima delle elezioni europee del 2019. A qualcuno può sembrare un esercizio tecnocratico ma in realtà è un passaggio politico decisivo per stabilire le priorità, i valori e le ambizioni dell'Europa. Una partita fondamentale per il prossimo governo italiano.
I Paesi membri si sono detti d’accordo sulla creazione di una difesa comune, sul potenziamento dei controlli sulle frontiere esterne e sul rafforzamento delle politiche comuni per la sicurezza e per la gestione dei flussi migratori. Con ogni probabilità, questi obiettivi caratterizzeranno il nuovo bilancio, cioè la nuova Europa. Ma come sindaci, presidenti di regione e amministratori locali, sappiamo anche che l’Unione ha bisogno di fare ancora di più per creare posti di lavoro, ridurre l’inquinamento, diminuire il consumo di energia e migliorare la gestione dei rifiuti e delle risorse naturali. Sappiamo che i cittadini vogliono poter contare su trasporti, servizi sanitari e politiche sociali migliori, vogliono sapere che, insieme, stiamo mettendo i cambiamenti climatici sotto controllo. Rispondere a queste attese sarà ancora più difficile con il venir meno dell’apporto finanziario del Regno Unito.
I primi passi del negoziato sono preoccupanti. Tra le opzioni presentate nei giorni scorsi dalla Commissione, due prevedono tagli devastanti sulla politica di coesione, ovvero i fondi strutturali europei. Questi fondi, che servono a ridurre le disparità regionali e contribuiscono a rendere l’Europa più competitiva, inclusiva e sostenibile, potrebbero essere ridotti di circa un terzo e limitati alle aree meno sviluppate. In Italia questo escluderebbe il centro nord dai finanziamenti, nella prima ipotesi, mentre, nella seconda, priverebbe il Paese di un sostegno che oggi vale 44 miliardi di Euro su sette anni. Un pericolo ha messo più volte in evidenza da questo giornale.
Tagli simili sarebbero in piena contraddizione con le conclusioni raggiunte dalla stessa Commissione appena un anno fa, nel rapporto che ha dimostrato come i fondi strutturali abbiano attenuato l'impatto delle misure di austerità adottate durante la crisi, consolidandosi come strumento d’investimento vitale per molte regioni e città dell'UE, capace di generare, in media, 2,7 euro di ricchezza per ogni euro investito.
Non si tratta soltanto di ritorno finanziario. Gli interventi sono sempre più concentrati su sfide strategiche. Basti pensare che un quarto dei fondi è destinato all'azione per il clima mentre, dal 2014 a oggi, 16,5 miliardi di euro hanno sostenuto progetti d'inclusione sociale per integrare 1,2 milioni di persone a rischio, compresi i migranti. Non solo, ma questa è l'unica politica UE in cui istituzioni europee, nazionali, regionali e locali lavorano insieme per definire e realizzare strategie di crescita basate su valori comuni. Un formidabile strumento di partecipazione, per costruire l’Europa dal basso, a partire dai bisogni delle nostre comunità.
Per questi motivi il Comitato europeo delle regioni, in cooperazione con le maggiori associazioni territoriali e, in Italia, con ANCI e conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province Autonome, ha lanciato l’Alleanza per la coesione, mobilitando tutti coloro che vogliono che la politica di coesione continui a rappresentare un terzo del bilancio dell’UE, beneficiando tutte le regioni (ricche e povere) dell'Unione.
Siamo persuasi che fondi strutturali più semplici da usare, più efficaci e flessibili, siano un'arma potente per contrastare la disgregazione dell’Unione e il ritorno del protezionismo e del nazionalismo; per realizzare un’Europa più coesa e sostenibile, vicina ai cittadini. Per fare tutto questo, dobbiamo garantire che la politica di coesione abbia le stesse risorse, che significa, considerando nuovi compiti e impatto della Brexit, portare il prossimo bilancio dall'1% all'1,3% del reddito nazionale lordo dell'UE. In gioco c'è il nostro futuro.


* Karl-Heinz Lambertz è Presidente del Comitato europeo delle regioni (CdR); Enzo Bianco è Sindaco di Catania e Capo della delegazione italiana al CdR

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