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Dossier | N. (none) articoliFacebook e il datagate

Così, in un secondo, Facebook regalava i tuoi dati e quelli di tutti i tuoi amici

L'operazione trasparenza è appena cominciata. Facebook sta via via contattando gli 87 milioni di utenti coinvolti nello scandalo Cambridge Analytica, spiegando loro che tipo di dati hanno condiviso con la società britannica. Lo farà anche con i circa 214mila utenti italiani interessati.

È un primo passo importante, che fa il paio con i nuovi strumenti per la privacy messi a disposizione di tutti gli utenti della piattaforma. Strumenti che in queste ore stanno comparendo sulle bacheche e che renderanno il trattamento dei dati personali da parte di Facebook molto più esplicito ed esaustivo.

Una sorta di avviso arriverà nel giro di pochi giorni a tutti gli utenti Facebook, e nell'interfaccia mobile della piattaforma comparirà in alto (sopra dell'area storie). Il box avrà un titolo “Protezione delle tue informazioni” e avrà due varianti: la prima, quella prevista per tutti gli utenti, condurrà ad un'area dove gli utenti potranno verificare tutte le App e i siti ai quali hanno concesso i loro dati facendo il social login. La seconda, invece, riguarderà solo gli utenti coinvolti nel caso Cambridge Analytica, e servirà a spiegare loro cosa è successo e cosa possono fare.

Tutti i dati in un secondo
E mentre da Menlo Park hanno fatto sapere di aver bloccato gli account di un'altra società (CubeYou) che avrebbe utilizzato i dati degli utenti per scopi diversi da quelli annunciati prima della raccolta, il New York Times ha contattato una dozzina di utenti coinvolti nel caso Cambridge Analytica. Fra questi l'utente Christopher Deason, che il 9 giugno del 2014 decise di scaricare la famigerata applicazione “This is yout digital life”. Deason, che in quel periodo compilava un sacco di sondaggi guadagnando qualche dollaro per pagare le bollette, alle 18:37 di quella sera completò il primo passo nella piattaforma di Aleksandr Kogan: fece il social login tramite Facebook. Meno di un secondo dopo quell'App aveva raccolto non solo i dati del profilo di Mr. Deason, ma anche i dati dei profili di 205 dei suoi amici di Facebook: i loro nomi, le date di nascita, i dati di localizzazione e i vari “like” sparsi qua e là. Il tutto a loro insaputa e senza il loro esplicito consenso. Il tutto prima ancora che Deason potesse iniziare a leggere la prima domanda del sondaggio. Questo conferma che il vero paradosso di questa storia è il “social login”, non il sondaggio in sé. I dati relativi alle risposte fornite ai quesiti proposti su “This is yout digital life” sono un granello di sabbia, rispetto all'impatto che il social login ha avuto su quella App (e su milioni di altre).

La beffa degli amici sconosciuti
«Su Internet sei un prodotto» ha detto al Times Mark Snyder, 32 anni, uno degli amici virtuali del signor Deason, i cui dati sono stati raccolti. Come lui Jim Symbouras, 56 anni, un dipendente comunale di New York City. I suoi dati sono stati raccolti decine di volte dopo che 52 dei suoi amici di Facebook hanno scelto di “loggarsi” all'App di Kogan. Molti di questi sono stati invitati al “log-in” da un sito chiamato Swagbucks, un portale che permette alle persone di guadagnare carte regalo ad Amazon e altri rivenditori in cambio della compilazione di sondaggi o della visione di pubblicità video. Ironia della sorte, mentre la vita digitale di Symbouras finiva in mano ad una società di marketing per colpa dei suoi amici di Facebook, lo stesso Symbouras non conosceva personalmente nessuno di questi amici. Una di queste amiche è Amy Risner, 52 anni. Ricorda il questionario ma è certa che nessuno gli aveva prospettato l'ipotesi che i suoi dati e quelli dei suoi amici sarebbero stati raccolti. Rabbia a parte, però, di lasciare Facebook non pare aver alcuna intenzione: «Sono troppo ficcanaso per farlo».

Jack Ma esorta Zuck, Wozniak lascia
Intanto, sul fronte dei leader tecnologici che prendono una posizione circa questo scandalo, oggi è il turno di Jack Ma e Steve Wozniak. Il primo, fondatore di Alibaba e autentico leader dell'industria tecnologica cinese, ha esortato Mark Zuckerberg ad affrontare le crescenti critiche rivolte a Facebook da regolatori e utenti di tutto il mondo: «È il momento di sistemare Facebook. È il momento per il Ceo di prendere sul serio quanto accaduto. Penso che i problemi saranno risolti e che sia sbagliato condannare un'azienda in questo modo». Ma ha detto anche che, 15 anni fa, Facebook non poteva aspettarsi una crescita così veloce, e che per questo motivo certi problemi sono venuti fuori.

Di parere del tutto opposto Steve Wozniak, cofondatore di Apple, che ha invece deciso di iscriversi al gruppo di chi ha abbandonato Facebook: «Gli utenti concedono ogni dettaglio della loro vita a Facebook e Facebook ci fa un sacco di soldi. I profitti sono basati sulle informazioni degli utenti ma questi non ne ottengono nulla in cambio» ha detto Wozniak al quotidiano Usa Today. Poco prima di eliminare il suo account, l'ex socio di Jobs aveva scritto: «Sto per lasciare Facebook, mi ha portato più svantaggi che vantaggi».

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