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Così le «fake news» intaccano la scienza

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Cultura & Società

Così le «fake news» intaccano la scienza

Si parla oggi sempre più spesso di fake news, termine nato nel 2017 per indicare nient’altro che le vecchie bufale di una volta, false notizie messe in giro ad arte ed ingigantite dai social, per indurre la gente a credere quello che gli si vuol fare credere. Ormai le fake news fanno parte della nostra quotidianità, rimbalzano da un social all’altro, si diffondono a macchia d’olio e a tempo di record attraverso le condivisioni ed è davvero difficile evitarle e talvolta anche identificarle.

Ma anche se internet e la comunicazione social hanno amplificato il problema e reso istantanea la diffusione, a portata di un click o di un touch, le fake news ci sono in realtà sempre state e hanno accompagnato la storia del mondo o meglio ne hanno fatto la storia, passando di bocca in bocca, di casa in casa, attraverso i racconti, attraverso i libri. Anche per i fatti storici non è sempre facile verificare l’attendibilità delle fonti e la loro origine, e la verità è sempre un po’ fake, filtrata dall’interpretazione di chi la racconta, abbellita, romanzata, descritta con parole sempre diverse e quindi via via più lontane dall’originale, dalla verità. Come sostiene il filosofo Jocelyn Benoist si potrebbe dire che nella nuova era dell’informazione e della comunicazione che corre veloce attraverso la rete, in particolare a causa dei social network, tutte le “notizie” sono “false” o “notizie inventate”.

Ma a chi interessa davvero far circolare le fake, chi ci guadagna? Sorprendentemente, o forse no, gli interessi economici che si nascondono dietro la diffusione delle bufale sono enormi e si basano semplicemente sul guadagno attraverso la pubblicità che si incrementa a ogni click. Ci sono fake news in ogni campo, nella politica e nel gossip sono la prassi; alcune fanno semplicemente ridere per la loro assurdità, e lasciano il tempo che trovano, altre invece si radicano, fino a divenire il “credo” di veri e propri gruppi, come accade in medicina. Basti pensare alle fake sui vaccini che alimentano e sono alimentate dai movimenti anti-vaccinisti. È proprio il settore della salute a destare l’allarme maggiore, campo in cui è sempre più necessario affermare una volta per tutte il ruolo determinante dell’accuratezza e della verità scientifica, della competenza e della preparazione di professionisti ed esperti, sull’inaffidabilità di notizie prive di fondamento scientifico, fatte circolare da chiunque abbia accesso alla rete, nella maggior parte dei casi incompetenti che si nascondono dietro un profilo non sempre reale, e che fondano il loro pseudosapere su altre fake apprese sulla rete, in un circolo vizioso che si autoalimenta e si autopropaga.

Per arginare il fenomeno si sta parlando della possibilità di attuare uno specifico controllo sulle stesse, con un “Pool anti-fake news” annunciato dal ministero degli Interni e una serrata battaglia contro le fake da parte di Facebook. Ma non si capisce bene come potrebbero venire ridimensionate o addirittura bandite dalla rete.

Il problema principale è che il nostro è il tempo della post-verità, nel senso che si fa sempre meno caso alla verità delle affermazioni, un argomento sempre più spesso snobbato. Non è difficile vedere un collegamento fra i due fenomeni, con il risultato di rendere sempre più aleatorio il processo di una comunicazione fedele e coerente.

Ma non è nemmeno tutto qui. Si usano sempre più spesso parole delle quali si ignora il significato (per esempio algoritmo o biodiversità) o che vengono usate con un significato di volta in volta diverso, a seconda di come sia più conveniente. Davanti a questo, il problema delle fake news quasi impallidisce. In realtà stiamo vivendo un periodo di crisi del significato stesso, con il risultato di una comunicazione sempre più inefficace e di un vero e proprio marasma culturale.

C’è quindi un universo di false notizie che girano per questo mondo. Credere alle vecchie bufale e ancor di più alle nuove Fake news è fin troppo facile. La verità costa fatica. Risalire alle fonti, verificare l’informazione costa studio e richiede tempo e non è alla portata di un semplice click.

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