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L’aritmetica virtuosa di Visco

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L'Analisi|BANCA D'ITALIA

L’aritmetica virtuosa di Visco

I due problemi strutturali dell’Italia - la crescita e il debito - possono essere avviati su un sentiero virtuoso dalla politica nazionale, purché rimanga salda l’ancora monetaria rappresentata dall’euro. La moneta, il debito e la crescita hanno una loro aritmetica, che può portare verso equilibri sostenibili, ovvero a giocare scommesse con esiti imprevedibili. Percorrere rotte prudenti, oppure solcare acque ignote? È questo l’avviso ai naviganti che le Considerazioni finali della Banca d’Italia - e in contemporanea i mercati - ci hanno offerto ieri.

«Non sono le regole europee il nostro vincolo, è la logica economica». Questa frase di Ignazio Visco, tratta dalle sue Considerazioni finali, riassume perfettamente la visione della Banca d’Italia sul tema cruciale del rapporto tra i nodi strutturali che il nostro Paese deve sciogliere, da un lato, e il possibile ruolo che la politica monetaria può giocare, dall’altro.

Nell’immaginario collettivo - e non solo in Italia - da un lato ci sono i problemi macroeconomici da risolvere, dall’altro c’è la politica della moneta, e la banca centrale che ne è responsabile. Nella odierna realtà dell’Unione europea, i dati sulle opinioni dei cittadini - da prendere comunque con tutte le cautele che meritano - ci raccontano di un consenso nei Paesi membri nei confronti dell’euro - ma soprattutto della Banca centrale europea - che appare oggi meno forte che in passato. Non solo: il consenso sembrerebbe scendere quando più si ritiene che la politica monetaria europea sia difforme da quella che eserciterebbe una ipotetica banca centrale nazionale.

Quanto le percezioni sono fondate sui fatti? O meglio ancora: quanto la politica monetaria dell’euro è coerente con gli interessi nazionali? E in che orizzonte temporale? La Banca d’Italia è membro attivo e autorevole del sistema europeo delle banche centrali, e con le Considerazioni dà una risposta alla domanda chiave per il futuro del nostro Paese: se una economia è affetta contemporaneamente da crescita economica anemica e da alto debito pubblico, quale sarebbe la politica monetaria più prudente?

La risposta è semplice: quella seguita finora dalla Banca centrale europea. Riassumendo i fatti: il declino di produttività del nostro Paese è cominciato dagli anni settanta. Veniva semplicemente nascosto grazie a due droghe: il debito pubblico da un lato, la spirale inflazione/svalutazione dall’altro. Il risultato finale è stato disastroso: recessione, inflazione, aumento delle diseguaglianze economiche, sociali, e anche territoriali; le Considerazioni ricordano che il divario tra Nord e Sud torna da quel momento ad ampliarsi. L’ingresso del nostro Paese nel cammino che ha portato all’euro ha fatto cessare la tassa da inflazione, la più iniqua di tutte. Ottenuta la stabilità monetaria, le altre politiche economiche avrebbero dovuto aggredire i problemi strutturali. Non è avvenuto. Oggi ci troviamo a essere, tra i maggiori Paesi industrializzati, quello che cresce di meno, e al contempo ha il maggior debito pubblico a rischio sostenibile.

È una discesa irreversibile? Il governatore Visco ci ricorda che esiste una possibile aritmetica virtuosa tra crescita, debito e moneta. La miscela è quella tra una moneta stabile, una politica fiscale efficiente e un orizzonte temporale di medio periodo. È una aritmetica a somma positiva, in cui la disciplina dei numeri si intreccia con quella dei mercati. È una logica economica, che nel contempo sarebbe anche coerente con le regole europee. Ma è una logica che non ammette scorciatoie. Le scorciatoie non sono ricordate nelle Considerazioni finali, ma ne è piena la storia del nostro Paese e anche la cronaca di questi giorni (basta dare un’occhiata alle vicende della lira turca).

Sono le scorciatoie che gli esecutivi in cerca di consenso ideologico e/o elettorale hanno sempre cercato di utilizzare per provare a risolvere nel breve periodo con un uso spregiudicato della moneta problemi di disoccupazione, o di cattiva gestione dei conti pubblici, o di disordine bancario, il cui risultato ultimo è di solito il disordine monetario, economico, o entrambi. L’aritmetica prudente è quella che può accompagnare anche i prossimi passi della congiuntura economica. Le Considerazioni ricordano che la normalizzazione della politica monetaria europea sarà graduale, e che in più politiche strutturali e del debito credibili fanno abbassare il premio al rischio. La credibilità porta il «bene insostituibile della fiducia», essenziale per chi, come il nostro Paese, è un debitore netto, che ha bisogno di tempo per trovare soluzioni non traumatiche ai suoi problemi. Evitare traumi è un impegno che qualunque esecutivo deve anche e soprattutto nei confronti dei suoi cittadini: il governatore ha ricordato che «gran parte del risparmio finanziario (...) degli italiani trova corrispondenza, diretta o indiretta, nei 2.300 miliardi del nostro debito». Una evidenza empirica - di nuovo aritmetica - che parla da sola. Per chi la vuol ascoltare.

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