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Il rebus migranti che minaccia Merkel e la Ue

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le sfide dell’europa

Il rebus migranti che minaccia Merkel e la Ue

Epa
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«Seguo da decenni la politica europea ma questi sono tempi davvero difficili, non ricordo una crisi così seria nei Paesi membri e nelle istituzioni» confessa, molto preoccupato, un diplomatico Ue di lungo corso.

Mancano dieci giorni al vertice Ue di fine giugno che, dalle altissime ambizioni originarie, prevalentemente macroniane, si era già ricalibrato su sparse mini-riforme. A rischio però di finire soffocate dallo scoppio di una nuova e improvvisa bomba migratoria: politica, questa volta, ma potenzialmente non meno devastante di quella del 2015 se non sarà disinnescata al più presto. In gioco, la tenuta del governo tedesco e quella della stessa Europa.

Per questo l’incontro ieri a Meseberg tra Angela Merkel e Emmanuel Macron, organizzato proprio per preparare quel vertice, non poteva non concludersi con un messaggio positivo di controllata concordia franco-tedesca. «Oggi apriamo un nuovo capitolo nella vita dell’eurozona» ha detto il cancelliere, anticipando insieme al presidente francese le riforme che, salvo sorprese, saranno presto consacrate dal consenso dei 19 leader della moneta unica.

Non sarà la radicale svolta integrazionista auspicata inizialmente dall’Eliseo per rafforzarne la resilienza di fronte agli shock interni ed esterni. Ma sarà comunque un concreto passo avanti su due fronti.

Macron da Merkel: migranti ed eurozona in cima all'agenda

Primo, l’unione bancaria potrà utilizzare le risorse dell’Esm a sostegno del meccanismo di risoluzione degli istituti di credito però non potrà contare sulla garanzia comune sui depositi finché non saranno ridotti i rischi per l’invalicabile rifiuto tedesco. Secondo, l’eurozona potrà contare a partire dal 2021 su un proprio bilancio di stabilizzazione, destinato a rafforzare gli investimenti e a promuovere una maggiore convergenza tra le 19 economie dell’area: sulle sue dimensioni (qualche decina di miliardi per Merkel, qualche centinaio per Macron) e sulle modalità di finanziamento (contributi nazionali, una nuova tassa europea o un mix) decideranno i ministri finanziari entro fine anno. Nell’ambito della più ampia tabella di marcia riformista, che prevede anche la creazione del Fondo monetario europeo e l’armonizzazione fiscale partendo da una comune base imponibile consolidata per le società.

Se alla fine Parigi ha ottenuto il via libera al suo principio irrinunciabile di un bilancio eurozona, Berlino ha fatto prevalere la ben nota cautela tedesca. Che però resta essenziale per sperare di convincere a fine mese i 7 irriducibili del Nord guidati dall’Olanda e contrari a ogni riforma, soprattutto ai relativi costi.

Merkel doveva chiudere subito la partita economica con Macron per poter concentrare tutte le energie nella ricerca di un accordo europeo sui migranti. Ad esso è appeso il futuro del suo Governo, ma ha solo dieci giorni per bloccare il suo ministro degli Interni e leader della Csu sulla chiusura delle frontiere tedesche ai rifugiati registrati in altri Paesi Ue.

Matassa complicatissima, l’accordo. In prospettiva si punta su maggiori investimenti Ue allo sviluppo in Africa per disincentivare le partenze, alla protezione rafforzata delle frontiere esterne, all’aumento di aiuti e accordi con i Paesi di transito, del tipo di quello raggiunto con la Turchia, anche per la creazione in loco di centri di registrazione e smistamento tra rifugiati e immigrati economici, che oggi sono il grosso dei flussi, al contrario di due anni fa.

Tutto questo è necessario ma non serve nell’immediato per superare la crisi attuale, fatta di rifugiati e immigrati che sono già in Europa, ma i cui movimenti secondari, cioè la libera circolazione nel mercato interno, sono sempre meno tollerati. Macron ieri ha appoggiato la politica dei respingimenti di questi rifugiati in mobilità dentro l’Unione. Nella bozza del comunicato finale del vertice Ue di fine mese tutti i Paesi sono invitati ad adottare la linea restrittiva.

La priorità, più o meno generale, è salvare il Governo Merkel perché si teme che la sua caduta sarebbe un disastro per la coesione europea. E al tempo stesso è farsi carico del problema Italia che dai muri alle frontiere interne e rinvio dei rifugiati al Paese di primo ingresso e registrazione sarebbe, complice la geografia, la più penalizzata. Sono questi i due nodi che tenterà di sciogliere il vertice di domenica a Bruxelles tra Germania, Francia, Italia, Spagna, allargato alla due presidenze Ue di Austria e Bulgaria.

«Sono anni che si insiste sui pericoli della crisi finanziaria ma quel che oggi può spaccare l’Unione è il rebus migratorio» dice un esperto. In queste ore si prova a dargli torto.

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