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Si aprono spazi con la Ue, resta il nodo del pareggio

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l’analisi

Si aprono spazi con la Ue, resta il nodo del pareggio

Ansa
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Spazi di manovra potenziali da contrattare con la Commissione europea, con un primo focus nella riunione dell’Eurogruppo/Ecofin di giovedì e venerdì. L’obiettivo – ribadito implicitamente ieri alla Camera dal ministro dell’Economia, Giovanni Tria – è ricalibrare il target dell’indebitamento 2019, nella sua versione “programmatica”, dunque comprensiva delle azioni di politica economica da inserire nella legge di Bilancio a ottobre.

Da qui a fine settembre, quando vedrà la luce la Nota di aggiornamento del Def, a fronte dell’impegno a riforme strutturali e alla «rimozione degli ostacoli che hanno impedito finora di tradurre in azione effettiva i programmi di rilancio degli investimenti pubblici», Tria provvederà ad aggiornare il quadro macroeconomico. Con alcuni spiragli, da sondare con Bruxelles. Si ragiona sul nuovo target del deficit 2019, che il quadro a politiche invariate messo a punto dal governo Gentiloni fissa allo 0,8%, contro l’1,6% atteso quest’anno e il 2,3% del 2017. Si punta ad elevare l’asticella in una forchetta compresa tra l’1,2 e l’1,4%, ma su questo punto è atteso un chiarimento preliminare all’interno del Governo.

Se la linea di prudenza e di attenzione ai vincoli di finanza pubblica ribaditi ieri dallo stesso Tria prevarrà, è probabile che il ministro la possa spuntare in sede di trattativa. Ben più arduo si prospetterebbe il compito laddove, su spinta prevalente di Matteo Salvini, si tentasse di forzare ulteriormente la disciplina di bilancio europea puntando su un livello di deficit decisamente più alto, senza comunque eccedere il tetto massimo del 3 per cento. Sulla trattativa pesa l’ulteriore, probabile slittamento al 2021 dell’appuntamento con il pareggio di bilancio in termini strutturali. La Commissione Ue non sembra disponibile ad aprire su questo punto, in presenza peraltro di una richiesta di correzione dei saldi (tuttora in piedi) dello 0,3% del Pil quest’anno e dello 0,6% il prossimo. La strada che Tria si accinge a percorrere è impervia, poiché sulla carta margini possibili che si richiamino alle clausole di flessibilità europee (riforme e investimenti in primis) sono già preclusi. Nel triennio 2015-2018 lo “sconto” concesso è stato rilevante (circa 30 miliardi), peraltro a fronte di clausole non pienamente soddisfatte quale quella sugli investimenti. Il prossimo giro per noi scatterebbe a pareggio di bilancio ottenuto.

L’unica strada percorribile, a fronte di una legge di Bilancio che contenga misure tutte adeguatamente coperte, di una curva discendente del rapporto debito/Pil e di un avanzo primario tra il 2 e 3% del Pil, sarebbe quella di puntare sull’effetto “propulsivo” in termini di moltiplicatore, e quindi sul Pil potenziale, del combinato tra riforme e sblocco degli investimenti pubblici e privati. Se Bruxelles prenderà per buoni questi propositi, si potrà spuntare quel margine di deficit in più che consentirebbe di neutralizzare in tutto o in parte le clausole Iva (12,4 miliardi nel 2019). Le coperture “vere”, evocate ieri dallo stesso Tria, sarebbero a quel punto dirottate al finanziamento della prima tranche della riforma fiscale e del reddito di cittadinanza, e al primo step di revisione della legge Fornero. Non si tratterà in ogni caso di una passeggiata, perché oltre a finanziare l’avvio di parti del “contratto di programma”, la prossima legge di Bilancio dovrà far fronte a spese indifferibili come il rinnovo dei contratti pubblici e l’autorizzazione alle missioni internazionali.

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