Meno di un italiano su tre vuole bloccare Tav, Mose, Tap, Ilva. Se il sondaggio Swg riflette l’opinione degli italiani, il governo non avrebbe il consenso per fermare le quattro grandi opere che a legislazione vigente devono andare avanti.
Il dato territoriale testimonia una razionalità economica: le opere sono viste con maggior favore dalle popolazioni dei territori dove si realizzano. La Tav è ok per il 54% nel Nord Ovest dove è strategica per collegare ai mercati europei merci e passeggeri (in particolare in Piemonte) mentre il Nord-Est, che si servirà più del Brennero, l’apprezza al 45 per cento.
La terza evidenza del sondaggio è politica: gli elettorati di Lega e M5S sono su fronti opposti. Il governo cerca una sintesi sul piano tecnico e su quello politico. Il ministro Toninelli introduce l’analisi costi-benefici, strumento degno di un Paese moderno per valutare le infrastrutture. Ancor più vale per l’Italia dove il dibattito è ostaggio di una politicizzazione paralizzante, nutrita da effetto Nimby e movimento “no” e “sì”. Con il débat public, l’analisi costi-benefici aiuterà un confronto più fattivo, partecipativo e ordinato.
Su due cose però bisogna intendersi. Primo, l’analisi costi-benefici va fatta a monte dei grandi piani e progetti infrastrutturali e non si può pensare che ogni governo all’avvio la faccia su tutte le opere in corso come strumento di battaglia politica. Il secondo equivoco da chiarire è cosa ci si aspetta dall’analisi costi-benefici. In una intervista al Corriere, il ministro Toninelli ha detto che bisogna valutare se la Tav sia redditizia o meno. Nessuna opera ferroviaria è redditizia. L’Alta velocità Roma-Milano - l’unica opera trasportistica degli ultimi 30anni che ha rivoluzionato davvero la mobilità in Italia - non era redditizia se non nel lunghissimo periodo tanto è che il progetto iniziale di partecipazione privata è stato accantonato per far spazio a un piano in cui è divenuto predominante il contributo pubblico.
L’analisi costi benefici non serve a valutare la redditività di un’opera ma è un metodo comparativo per valutare gli effetti di soluzioni diverse a un problema (per esempio mix diversi di opere civili e tecnologie) e infrastrutture diverse quando le risorse sono scarse. Lasciamo da parte la propaganda applicata solo alle opere che non piacciono.
Infine il tema della sintesi politica. Sarà il vero scoglio. Come successo con il decreto lavoro, la Lega vuole rappresentare il Nord produttivo, mentre il M5S rappresenta istanze sociali spesso radicali, slegate da capacità di governo di una realtà complessa. In gioco c’è la capacità del governo di sopravvivere alle divisioni, ma anche il destino del M5S che da sei mesi si vuole proporre agli italiani come forza di governo responsabile e fattiva ma per far questo deve guardare oltre quello zoccolo duro del 30 per cento.
Gli zig zag sulla Tav fra scelte responsabili e richiami alla foresta dei “no Tav” mostrano una riflessione fra “chi siamo” e “chi vogliamo essere”. Per fare sintesi, al momento delle scelte, serviranno piste ciclabili e treni pendolari per correggere la linea dove i passati governi hanno fallito, ma bisognerà anche decidere tutti gli investimenti necessari per rilanciare e rendere più competitiva l’economia italiana.
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