A seguito della pubblicazione del Manifesto «Blockchain, Italia» su “IlSole24Ore” del 12 Agosto, abbiamo voluto intervistare i due estensori (Marco Bentivogli e Massimo Chiriatti) perché in rete si è sviluppato un interessante dibattito e sono emerse delle riflessioni che meritano approfondimenti.
Bentivogli, cosa c'entra il sindacato con le nuove tecnologie come la blockchain? Sono gli imprenditori a dover investire…
Basterebbe capire che il sindacato non è quello che che si vede in televisione, ideologico, reazionario o burocratico! Anzi,
un sindacato moderno incontra ogni giorno imprese e personalmente ho molti punti di contatto internazionali per cercare di
comprendere le novità industriali, sia di prodotto sia di processo. Il problema è chi si trova davanti: se c'è un imprenditore
illuminato, allora si passa subito alla più proficua collaborazione; nell'altro caso tocca anche al sindacato spingere per
fare molta formazione, purtroppo. La cultura d'impresa è troppo vecchia. Infocamere ci dice che 3 imprese su 4 non sono sul
web e 4 imprenditori su 10 giudicano internet “inutile”. Il Sindacato che arriva sempre dopo e aggiunge il +1 o il -1 è inutile.
Per proporre bisogna capire e per farlo, occorre stare, come diceva Ingrao, “nel gorgo” del cambiamento. Pensate a mettere
insieme le tecnologie abilitanti di industry4.0, le infrastrutture di blockchain e l'intelligenza artificiale, chi non capisce
che siamo alla vigilia del “secondo balzo in avanti dell'umanità” e che cambierà tutto, marginalizzerà se stesso e chi rappresenta.
Chiriatti, il ruolo del tecnologo non è così chiaro in Italia, di cosa si occupa?
Di studiare come le tecnologie hanno un impatto sulle persone dal punto di vista economico e sociale, almeno nel breve periodo,
perché data la velocità del cambiamento, non è possibile neanche pensare a cosa può accadere più in là nel tempo, perché di
certo sottostimeremmo le conseguenze.
Alcuni ottimisti ritengono che la marcia della tecnologia sia sinonimo della marcia del progresso umano. Questa visione è chiamata “ottimismo tecnologico”.
Altri credono che la tecnologia allontani gli umani dal loro stato naturale, isolandoli dal mondo e causando numerosi nuovi problemi che spesso richiedono ulteriori soluzioni tecnologiche. Questi “pessimisti tecnologici” possono indicare una serie di situazioni pericolose come le scorie nucleari, i cambiamenti climatici e la resistenza agli antibiotici, ecc.
Preferisco la visione di chi pensa che la tecnologia non è né intrinsecamente buona né cattiva per l'umanità, abbiamo solo il grande vantaggio di sceglierla: quindi per me è sempre buona al 51%. Si necessita quindi di una gestione responsabile per massimizzare i benefici previsti e cercare di minimizzare i suoi inconvenienti.
Qual è la vostra definizione di blockchain, in che modalità usarla e che impatti prevedete?
Bentivogli: è una nuova infrastruttura, un nuovo bene pubblico digitale, nel senso che non si sfrutta con il suo utilizzo ma al contrario,
si arricchisce in valore per tutto il pubblico, la comunità.
A qualcuno la parola “pubblico” evoca “statale” ma non è così. La teoria economica lo definirebbe un “club good” come ci ricorda
l'ottimo Carlo Stagnaro. Ma vogliamo ridare questo senso al termine “pubblico” per caratterizzare un bene, aperto, trasparente,
accessibile. Certo con la BC non si può fare tutto, ma molto più di quanto si pensi. Il Manifesto #BlockchainItalia serve
anche a smontare i luoghi comuni, perché in Italia purtroppo l'unico vaccino rimasto obbligatorio è quello contro l'innovazione.
Luoghi comuni pieni di fesserie (le cryptovalute servono al malaffare, hanno scarso utilizzo, la PA non le può usare, e allora
gli hackeraggi…), cose che smonteremo una dopo l'altra con la pratica. Il Giappone le accetta come sistema di pagamenti ufficiale.
Alcune imprese industriali lo stanno implementando per dare codifica alla comunicazione interaziendale e intraziendale insieme
a IOT e intelligenza artificiale.
Chiriatti: è un registro che conserva permanentemente il consenso che un insieme di soggetti ha raggiunto sullo stato di una risorsa. Tutto dipende da che tipo di risorsa vogliamo gestire e quali sono le regole (l'importantissima governance) che gli attori si vogliono dare e rispettare, senza il bisogno di terze parti. Quello che è immutabile non sono i dati, ma è la regola con la quale si raggiunge il consenso per scriverli. Quindi SE usarla e QUALE metodo implementare (senza permesso o di libero accesso) discendono dagli specifici casi d'uso. Per esempio, ci sono reti finanziarie che richiedono il rispetto di regole in termini di riconoscimento dell'identità di chi intende fare transazioni o in altri una particolare quantità in termini di prestazioni di scambi contemporanei. In questi ultimi casi bisogna valutarne la sostenibilità economica e la sicurezza, ovviamente. Laddove invece si prediligono libere e pseudoanonime transazioni finanziarie abbiamo già le criptovalute in funzione da diversi anni. Per la mia piccola esperienza, non c'è -un'unica- risposta alla domanda: blockchain sì o no.
Insomma, quello che abbiamo capito è che c'è da studiare molto
Chiriatti: sì, perché la blockchain si colloca all'intersezione tra (molta) tecnologia, aspetti economici e per l'appunto politiche di gestione. Non sarà facile, perché dobbiamo superare problemi tecnici di sincronismo tra lo stato della risorsa nel mondo fisico e nel digitale.
Occorre introdurre alcune precisazioni. In inglese si impiegano due termini distinti per tracciare.
- To Trace: seguire il percorso a ritroso, dal suo punto attuale a dove è iniziato
- To Track: seguire il percorso in avanti, dal punto di partenza al luogo in cui si trova attualmente.
La blockchain, applicata alla supply chain, usa il modello “to trace”. Nel turismo si usa sia “to trace” per registrare le ricerche del turista prima del suo arrivo nel luogo che intende visitare, sia “to track” per tracciare i successivi spostamenti una volta giunto nel paese. Per queste ragioni la blockchain non rimpiazza i processi e i presidi di controllo lungo tutta la filiera, ma li rafforza a posteriori marcando temporalmente, con sicurezza crittografica, il consenso raggiunto – in modalità decentralizzata – sui cambiamenti di stato dell'asset monitorato. Poi dobbiamo pensare a integrare questi processi aziendali esistenti. Sfide difficili in materie complesse, ma sono molto ottimista che in Italia si possa sperimentare, con tutte le suddette precauzioni e casi d'uso, magari sul Made in Italy. Se non percorriamo insieme questo lungo viaggio di cambiamento e integrazione dei processi aziendali, rischiamo un domani di dover dar ragione a chi vede oggi la blockchain come una meteora nel firmamento tecnologico. Per questo abbiamo scritto: non è applicabile a tutto!
Bentivogli: da studiare e da fare molto, altrimenti saremo sempre indietro…
Noi abbiamo lanciato a luglio FimxSkills4.0, ci sono professionalità nuove. Il 65% dei bambini alle elementari oggi farà lavori di cui oggi non conosciamo neanche il nome. Vuol dire ricostruire tutto il sistema educativo con il focus su questi ragazzi e il loro futuro. È un'emergenza concreta, mi spaventa che in politica non ne parli nessuno. Spendiamo inoltre la metà della Germania e male in formazione. Non basta mettere gli Ipad a scuola, bisogna ripensare radicalmente l'istruzione, renderla più sartoriale, costruire un sistema duale in cui il lavoro entri nel percorso educativo. Facciamo presto…e bene!
© Riproduzione riservata