La tragedia di Genova e la necessità di individuarne cause e responsabilità ha portato all'attenzione dell'opinione pubblica l'assetto dei rapporti fra lo Stato (il concedente) e il privato gestore (il concessionario), con particolare attenzione agli obblighi del concessionario e ai poteri del concedente.
Quegli obblighi e quei poteri definiscono il rapporto concessorio e questo rapporto si comprende meglio se ci si chiede, innanzitutto, perché lo Stato abbia fatto ricorso alla concessione per la costruzione e la gestione delle autostrade.
La concessione è uno strumento amministrativo al quale gli Stati hanno fatto e fanno ricorso – in tutto il mondo - per la realizzazione delle infrastrutture: ferrovie, autostrade, porti, oleodotti, metanodotti, dighe, reti elettriche, reti per le comunicazioni elettroniche. La realizzazione delle infrastrutture richiede, infatti, la mobilitazione di capacità tecniche e finanziarie delle quali gli Stati non sempre dispongono. Gli apparati tecnici dello Stato dovrebbero crescere a dismisura per far fronte alle esigenze di progettazione, costruzione e gestione di tutte le infrastrutture di un Paese e le risorse pubbliche coprono solo in parte minima il fabbisogno finanziario necessario, anche nei Paesi più ricchi.
Con la concessione il privato si impegna a realizzare un’opera pubblica con risorse in tutto o in parte proprie. L’investimento viene ripagato con le entrate derivanti dalla gestione dell’opera per un determinato periodo, alla scadenza del quale l’opera è trasferita al concedente a titolo gratuito.
Il rapporto concessorio è disciplinato con un atto convenzionale, sottoscritto dalla parte pubblica e dalla parte privata, con il quale si determinano gli obblighi e gli impegni rispettivi e si individuano i rimedi in caso di inadempimento. I rimedi possono consistere in multe o penali, oppure possono portare alla fine anticipata del rapporto concessorio, mediante la revoca, il recesso, la risoluzione o, in caso di gravi inadempimenti reiterati, la decadenza (con contestuale previsione di criteri per l’indennizzo da corrispondere al concessionario).
La convenzione contiene quindi tutti gli strumenti per consentire al concedente di far valere gli inadempimenti del concessionario e di tutelare gli interessi pubblici, attraverso un procedimento scandito in diverse fasi, che inizia con la contestazione dell’inadempimento, prosegue con le controdeduzioni del concessionario. In caso di rigetto, il concedente può diffidare il concessionario ad adempiere (entro un termine non inferiore a 90 giorni) e, in caso di mancato adempimento, adottare un provvedimento di decadenza dopo altri 60 giorni, previa determinazione e pagamento dell’indennizzo.
Il rispetto attento e rigoroso di queste regole richiede che sia innanzitutto accertato l’inadempimento e che esso possa essere interamente attribuito al concessionario, perché senza questo presupposto tutta l’eventuale attività successiva sarebbe priva di base e di sostanza e verrebbe facilmente travolta in sede contenziosa. Si tratta, peraltro, di un accertamento che ben può essere condotto in via tecnica ed amministrativa – e del resto, per il caso di Genova, è già stata nominata un’apposita commissione – perché altre e diverse sono le eventuali responsabilità sul piano penale, che verranno accertate dai giudici.
Sembra azzardato, però, contestare quale inadempimento l’evento di per sé, senza neanche accertare, ad esempio, se vi fosse un originario difetto di progettazione o vi sia stato un difetto di manutenzione, se siano state utilizzate tutte le migliori pratiche tecniche o vi fossero altri strumenti di prevenzione del rischio attivabili. Diventa difficile, in mancanza di questo accertamento e della precisa determinazione del perimetro delle responsabilità del concessionario, anche la prosecuzione del procedimento, perché non si saprebbe come definire i contenuti della diffida ad adempiere: cosa potrebbe imporre il concedente al concessionario? E verrebbe poi a mancare, quindi, la possibilità di contestare il perdurante inadempimento e di chiedere l’adozione di un provvedimento di decadenza. A meno che, naturalmente, non si intenda il procedimento come una mera formalità, il cui esito è già scritto e predeterminato. In uno Stato di diritto, però, una istruttoria tecnica attendibile e completa è il punto di partenza necessario ed ineludibile per prendere la giusta decisione: una decisione che renda, appunto, giustizia alle vittime e assicuri la tutela e la garanzia degli interessi della comunità.
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