Mentre in molti discutono della fine del lavoro, la mostra Homo Faber, a Venezia fino al 30 settembre, propone un messaggio decisamente diverso, improntato all’ottimismo sul futuro del nostro Paese e dell’Europa in generale. L’iniziativa, promossa dalla Fondazione Michelangelo e dalla Fondazione Cologni per i mestieri d’arte, rilancia i meriti di una manifattura fondata sulle potenzialità generative dell’alto artigianato come aspetto distintivo dell’economia e della società del vecchio continente. Protagonista della mostra è l’uomo artigiano così come descritto da Richard Sennett, inteso come anticorpo ai limiti evidenti di un’economia sempre più legata alle logiche della finanza e di una società che sembra aver perso punti di riferimento.
Non c’è alcuna forma di passatismo nelle sale allestite presso la Fondazione Cini, nessuna nostalgia per il passato che fu. I padiglioni dedicati ai diversi settori della manifattura raccontano piuttosto la convinzione che il saper fare della tradizione artigiana sedimentato in Italia e in Europa, unito alla cultura del design e alle opportunità offerte dalle nuove tecnologie, può rappresentare un motore di innovazione e di generazione di valore in una società alla ricerca di una nuova idea di crescita economica e sociale. Ceramiche sofisticate in arrivo dalla Danimarca convivono con auto da competizione sviluppate lungo la via Emilia, le esperienze più evolute nell’ambito della ricerca nella moda sono esposte a pochi metri dalle più innovative tecniche del restauro.
Non si vedranno solo oggetti, ma si avrà la possibilità di conoscere e ascoltare persone in carne e ossa che lavorano e spiegano il senso del loro lavoro.
La mostra - altro aspetto da sottolineare - non dà particolari soddisfazioni a coloro che continuano a discettare fra “piccolo è bello” o “piccolo è brutto”. Purtroppo per loro, Homo Faber propone il lavoro di artigiani indipendenti, capaci di produrre in autonomia oggetti anche molto complessi, così come l’abilità dei grandi maestri delle maison del lusso internazionale che ricorrono alla competenza di gioiellieri, pellettieri, ebanisti e molto altro per alimentare una produzione esclusiva destinata al mercato globale. Nella piccola così come nella grande impresa, il lavoro artigiano di qualità contribuisce a dare un valore specifico a prodotti che, una volta terminati, diventano il condensato di qualità manifatturiera, di storie e di valori.
Per gli imprenditori italiani, la mostra è una sollecitazione a riflettere sul futuro della nostra migliore manifattura. La mostra Homo Faber, in questo senso, è un vero e proprio inno alla varietà. Chi avrà modo di passeggiare fra gli spazi allestiti sarà sorpreso dalla pluralità dei materiali, delle tecniche e delle forme che l’Europa ha mantenuto e promosso grazie all’ingegno e alla determinazione di tanti maestri. Se la produzione industriale su larga scala tende a limitare la propria capacità generativa in nome della necessità di promuovere prodotti accessibili al mercato di massa, vincolata da crescenti esigenze di contenimento dei costi e razionalizzazione dei processi, la migliore manifattura europea ha la possibilità di approfittare di un saper fare consolidato per promuovere prodotti in grado di incarnare specificità culturali e territoriali.
In questo senso, la proposta di Homo Faber è uno stimolo anche al consumatore affinché chieda qualcosa in più e qualcosa di diverso. È un richiamo a rivendicare la possibilità di poter personalizzare un prodotto, di renderlo unico, di dargli un carattere inimitabile. Non tanto perché siamo interessati ad accumulare cose oltre quelle che già possediamo, ma perché oggetti di qualità sono il tramite per nuove connessioni sociali e culturali. Gli oggetti in mostra sono la testimonianza di come un prodotto abbia un valore particolare quando ha la capacità di connettere la domanda a uomini e progetti di cui riconosciamo la competenza e la passione.
Questi legami e queste connessioni sono già oggi un tratto tipico dei prodotti del mondo del lusso. In effetti, molti dei manufatti presentati in mostra sono chiaramente destinati a un mercato di élite e difficilmente potranno essere resi accessibili a un mercato di massa. Questo non significa che non ci sia un messaggio più generale in tanti padiglioni della mostra, un messaggio indirizzato a coloro che credono a un consumo più selettivo e consapevole. Il modo di produzione che la mostra rende visibile parla di oggetti che promettono di durare di più e di darci maggiori soddisfazioni. La bellezza è un ottimo antidoto all’obsolescenza programmata e la produzione su misura aiuta a legarci più a lungo a manufatti che ci “conoscono”. Immaginare un consumo più attento alla qualità e più sostenibile contribuisce a definire una nuova idea di crescita e di lavoro che rimette al centro dell’attenzione l’uomo, la sua capacità di ascoltare e di confrontarsi in modo attivo e consapevole con il mondo in cui vive.
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