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Riforme e dialogo a difesa dei valori europei

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argine al populismo e ai sentimenti anti-euro

Riforme e dialogo a difesa dei valori europei

Mancano ancora otto mesi dalle elezioni europee del maggio 2019. Ma da quando, alla fine dello scorso agosto, il ministro dell’Interno e vicepremier italiano Matteo Salvini e il capo del governo ungherese Viktor Orbán hanno annunciato il loro patto per la formazione di un “asse sovranista”, in Europa si sta già vivendo nel mezzo di un clima da campagna elettorale. D’altronde era prevedibile che, di fronte alla stipulazione di un’alleanza finalizzata (a detta esplicita dei suoi promotori) a cambiare da cima a fondo, insieme al regolamento di Dublino sulla gestione dei flussi migratori, l’assetto istituzionale e i meccanismi di governance dell’Unione europea, si sarebbero manifestate immediate reazioni nei riguardi di un disegno politico così radicale e dirompente. Che è appunto quanto sta avvenendo, dato che il “guanto di sfida” dei sovranisti non poteva che essere raccolto e rilanciato da quanti intendono difendere i princìpi e i valori della causa europeista e che sino a poco tempo fa erano rimasti inerti o s’erano mossi in ordine sparso: come se non si fossero resi conto sino in fondo dell’importanza cruciale (a differenza che in passato) del prossimo appuntamento elettorale per il rinnovo dell’Assemblea di Strasburgo.

Senonché si profila adesso il rischio, in seguito al surriscaldamento della temperatura politica e a una crescente ridda di polemiche dai toni particolarmente accesi ed esacerbati, che i sostenitori del modello sovranazionale della Ue (fra popolari, socialisti e liberali) concentrino per lo più i loro sforzi nel contrastare il passo ai movimenti nazional-populisti, finendo in tal modo col perdere di vista l’esigenza preminente di mettere a punto nel frattempo alcune riforme indispensabili per il rilancio e la riorganizzazione della Ue. Gioca infatti a tutto favore dei calcoli strumentali e della strategia avvolgente adottata dallo schieramento sovranista uno stallo di progetti e di iniziative, da parte dei governi e dei partiti attestati a presidio delle istituzioni europee, che valgano a porre le premesse per un superamento, con la prossima legislatura, di determinate asimmetrie transazionali e anomalie operative della Ue.

È pertanto necessario che le diverse forze politiche a cui sta a cuore la sopravvivenza della causa europeista s’impegnino fin d’ora in un dialogo costruttivo, alla luce dei mutamenti di scenario e di prospettiva susseguitisi negli ultimi anni, che valga a definire un programma convincente per il futuro imperniato sull’eliminazione di certe pastoie burocratiche nella gestione della Ue e sulle modalità concrete con cui rendere effettivamente partecipi i cittadini ai processi decisionali della Comunità europea.

D’altra parte occorre tener ben presente il grave pericolo che l’Europa potrebbe correre qualora sopraggiungesse nel frattempo una svolta recessiva della congiuntura economica internazionale, dopo una fase progressiva di ripresa e assestamento, come sembrano preannunciare una serie di circostanze di segno negativo o tali da alimentare un’ondata di incertezze e di interrogativi: a giudicare tanto da una flessione pressoché generale degli investimenti quanto da un incipiente rincaro dei prezzi delle materie prime e delle risorse energetiche alimentato dalla speculazione, nonché dalle conseguenze a catena derivabili dalla guerra commerciale in atto fra Stati Uniti e Cina e da un rallentamento o da un calo (sia pur in misura diversa a seconda dei vari partner della Ue) della produzione industriale. A non contare il fatto che, mentre rimane da completare un progetto come quello dell’unione bancaria (essenziale per la garanzia dei depositi), dal prossimo gennaio la Bce cesserà di agire (col Quantitative easing) a soccorso di alcuni Paesi più indebitati (fra cui in prima fila il nostro) e di immettere altre dosi di liquidità sul mercato all’insegna di una politica espansiva.

È perciò evidente il rischio che, nell’ambito della Ue, non s’avvertano debitamente, nel fuoco di una lunga e pervasiva campagna elettorale, le incognite che appaiono profilarsi sul versante economico. Sono dunque due le battaglie, una di principio sul fronte politico e l’altra su quello di adeguate riforme strutturali, che vanno condotte contemporaneamente con efficacia e lungimiranza al fine di neutralizzare tempestivamente il pericolo di una duplice crisi, tale da incrinare i princìpi ispiratori fondamentali e le potenzialità competitive della compagine europea.

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