Ma Jian, Beijing Coma, traduzione di Flora Drew, MacMillan, 2009 (titolo italiano Pechino è in coma, Feltrinelli, 2008)
Ma Jian, The Dark Road, traduzione di Flora Drew, Penguin Random House, 2014 (titolo italiano La via oscura, Feltrinelli 2013).
Ma Jian, China Dream, traduzione di Flora Drew, Penguin UK, 2018.
Digitando il nome “Ma Jian” su un motore di ricerca, con ogni probabilità approderete a una pagina di Wikipedia contenente risultati relativi a due personaggi maschili che hanno lo stesso nome e una cosa in comune: nessuno dei due comparirebbe se la stessa ricerca virtuale fosse effettuata in Cina.
Il primo, Ma Jian, è uno scrittore nato in Cina che, grazie ai suoi romanzi, è destinato a diventare prima o poi uno dei candidati al premio Nobel per la letteratura – se l’idea non è già stata presa in considerazione. Attualmente in esilio, le sue opere sono state messe al bando nel suo paese di origine dove non può tornare, neanche per una semplice visita.
Il secondo Ma Jian rappresenta molte delle cose che il Ma scrittore denuncia nei suoi libri frutto di una creatività geniale. Ex vice ministro per la sicurezza dello stato e vice presidente della China Law Society, questo Ma è stato indagato per corruzione ed espulso dal Partito comunista cinese (Pcc) nel 2016. Associato a varie amanti e figli illegittimi, nonché a una presunta attività collaterale di commercio di documenti di viaggio falsi, egli è l’incarnazione dell’abuso del potere ufficiale in Cina. Se ricoprisse ancora il ruolo precedente, sarebbe tra i primi a denunciare l’impegno letterario del suo omonimo teso a risvegliare la memoria collettiva della Cina e a restaurare il suo senso di moralità pubblica e responsabilità civica.
La ricerca della memoria
I romanzi di Ma qui presi in esame hanno tre aspetti in comune. Ciascuno di essi, a suo modo, riflette il tratto che distingue
Dai Wei, il protagonista di Pechino è in coma. Studente di biologia colpito da una pallottola in testa durante il massacro di piazza Tienanmen nel giugno del 1989, Dai
sopravvive per più di un decennio nell’appartamento sgangherato di sua madre, con il corpo in coma ma la mente vigile. L’autore
lo descrive come “una persona forte e resistente in grado di ricordare” aggiungendo che soltanto la memoria “può aiutare la
gente a ritrovare la luce della libertà”.
In ogni società civilizzata, la memoria – tanto delle cose buone quanto di quelle cattive – è una delle basi di una resistenza e una stabilità durature. Quando i dittatori cercano di cancellare il ricordo del passato è perché sanno che la memoria collettiva e istituzionale può costituire una minaccia per l’esercizio incontrollato del loro potere. Il dialogo, i dibattiti e le indagini sulla storia sono ritenuti strumenti di rivolta.
L’autore è implacabile nel ricordarci gli abusi e le tragedie che si sono riversati sul popolo cinese sotto il regime del Pcc. In Pechino è in coma, la ragazza di Dai lo supplica di smetterla di raccontarle fatti agghiaccianti della recente storia cinese, dichiarando che “non ce la fa ad ascoltare altro”. Eppure, l’incessante sequela di ingiustizie sociali e politiche che Ma descrive risulta tollerabile per il lettore, non ultimo perché viene inframmezzata regolarmente da battute argute e umorismo macabro. Il racconto della verità nuda e cruda è un antidoto importante contro la propaganda del Pcc sulla gloriosa ascesa della Cina.
Va detto, tuttavia, che Ma non denuncia la Cina in sé, bensì la sua leadership comunista. La seconda cosa che hanno in comune i suoi libri è che i loro eroi – che raramente egli descrive in maniera acritica – sono sempre uomini e donne cinesi che insistono a conservare la propria integrità personale. Ognuno di essi è spinto dalla necessità di ricordare ciò che è accaduto – e sta accadendo – al loro paese e alla loro civiltà.
Il terzo aspetto che accomuna questi romanzi è che sono stati tutti tradotti egregiamente dalla moglie di Ma, Flora Drew. Non sempre i traduttori eccellenti ricevono il riconoscimento che meritano. Drew ha reso un grande servizio ai lettori anglofoni. La sua versione della prosa di Ma è diretta, concisa e molto toccante.
L’incubo del figlio unico
Ne La via oscura, l’eroina Meili e il marito insegnante Kongzi sono costretti a fuggire dalla polizia incaricata delle sterilizzazioni forzate
previste dalla famigerata politica del figlio unico. Come moltissime altre coppie cinesi dopo il 1980, anche Meili e Kongzi
si sentono dire che “chi è nemico delle politiche di pianificazione familiare è nemico dello stato”. Lo slogan del partito,
ci dice Ma, è “Chiudere le tube di Falloppio della povertà, inserire la spirale della prosperità”.
Meili è costretta a subire una brutale procedura di aborto legata a un freddo tavolo operatorio. Quale discendente diretto di Confucio, Kongzi vuole disperatamente un erede maschio. E proprio come Confucio dovette “vagare attraverso il paese come un cane randagio” dopo essere stato bandito dallo stato di Lu, anche lui e Meili fuggono a bordo di una barca e iniziano a vivere come nomadi.
Presto si ritrovano in una terra desolata e malsana abitata da altri lavoratori itineranti. Alla fine, giungono in un luogo chiamato “Paradiso”, nome che allude al fatto che il villaggio è talmente inquinato da rendere sterili i suoi abitanti. Qui la politica della pianificazione familiare non ha motivo di esistere, ma è ovvio che il “Paradiso” è soltanto una diversa versione dell’inferno.
Rivelando il macabro rovescio della medaglia della politica del figlio unico, Ma descrive un sistema in cui l’idea stessa di umanità viene abortita. Da allora tale politica è stata ammorbidita, e questo per via dei timori del governo di fronte all’invecchiamento della popolazione cinese. Ma il modo migliore per gestire la crescita della popolazione non può essere certo quello del controllo statale dell’utero femminile. Dare un’istruzione alle bambine, garantire pari opportunità di lavoro per le donne, preservare la crescita economica e assicurare l’accesso a metodi contraccettivi affidabili e a buon mercato sono misure assai più efficaci.
Nascondere i corpi
In Pechino è in coma, Ma ci ricorda quanto è realmente accaduto a piazza Tienanmen nel 1989. In qualità di ministro per lo sviluppo estero della
Gran Bretagna all’epoca, ebbi modo di assistere alle prime fasi della crisi in atto a Pechino, ma non al suo epilogo sanguinoso.
Ancora oggi, il ricordo di quel massacro continua a essere soffocato in Cina. Io e mia moglie conosciamo un insegnante che ha studenti della Cina continentale e di Hong Kong, il quale ci ha raccontato che i primi sono venuti a sapere delle uccisioni soltanto di recente. Ricercando piazza Tienanmen su internet, emergeva solo che essa è il centro fisico di Pechino. Scoprire quello che invece risultava dalla stessa ricerca svolta dai colleghi di Hong Kong sul motore di ricerca Google non censurato li ha lasciati completamente sbalorditi.
Nel romanzo di Ma, un altro manifestante della piazza riferisce a Dai che “hanno appena lanciato un altro lacrimogeno, non vogliono che qualcuno veda i corpi”. Di fatto, dall’epoca del massacro, il Pcc è riuscito piuttosto bene a nascondere i morti, cancellando gli omicidi non solo dai rapporti ufficiali, ma anche dalla memoria pubblica.
Malgrado ciò, si trattava di cadaveri veri. Nella vivida descrizione della carneficina, apprendiamo che una delle amiche di Dai è rimasta schiacciata sull’asfalto dopo il passaggio dei carri armati. “La sua faccia era completamente appiattita”, scrive Ma, “e un groviglio di capelli neri le nascondeva la bocca deformata”.
Pechino è in coma è uno dei romanzi più raffinati e importanti che siano stati scritti in questo secolo – il secolo che la Cina arriverà a dominare, almeno stando a quello che spesso ci viene detto.
Sogni infranti
Il romanzo più recente di Ma, China Dream (Sogno cinese), è una favola satirica. La copertina del libro è stata disegnata da Ai Weiwei, un altro artista in esilio
il cui studio di Pechino, contenente molte opere finite o ancora da ultimare, è stato demolito di recente per ordine del regime cinese.
Il romanzo affronta, per l’appunto, l’arroganza del Pcc che ambisce a diventare il partito dominante a livello mondiale, ben sintetizzata dalle parole di uno dei suoi vertici, secondo cui “il partito al potere in Cina deve diventare il partito al potere dell’umanità”. Nelle parole del presidente cinese Xi Jinping, il “pensiero di Xi Jinping” è destinato a conquistare la scena mondiale. Poco importa che il suo “sogno cinese” implichi la cancellazione di tutti i sogni individuali, come quando le colate di cemento per riqualificare i villaggi vengono gettate sulle tombe di coloro che sono stati massacrati nel nome della rivoluzione culturale di Mao.
Certamente, i romanzi di Ma non ignorano i risultati straordinari raggiunti negli ultimi quarant’anni dal paese più popoloso del mondo. E neppure incoraggiano i lettori a negare la realtà. La Cina diventerà presto la più grande economia a livello mondiale, come lo è stata per diciotto degli ultimi venti secoli. L’autore non vuole che il paese manchi l’obiettivo, come non dovrebbe volerlo nessun altro. Una Cina debole non sarebbe nell’interesse dei suoi cittadini e neanche del resto del mondo.
Tuttavia, i romanzi di Ma stimolano domande legittime e cruciali sull’ascesa della Cina dopo un secolo di umiliazioni, invasioni e guerra civile. La rinascita del paese doveva proprio fondarsi sulla repressione e sui cadaveri dei propri cittadini? Un modello politico che criminalizza l’anelito alla giustizia, alla responsabilità, alla conoscenza e alla libertà di parola rappresenta davvero un metodo sostenibile per governare un grande paese?
La storia repressa, come la memoria repressa, riesce a riaffiorare in superficie in un modo o nell’altro. Le opere di Ma andrebbero lette da chiunque sia interessato a comprendere i costi umani del governo del partito comunista in Cina negli ultimi settant’anni, e da tutti coloro che rifiutano di accettare che la libertà possa essere spazzata via per sempre.
Traduzione di Federica Frasca
* Chris Patten, ultimo governatore britannico di Hong Kong ed ex commissario Ue per le relazioni estere, è rettore dell’Università di Oxford.
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