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Effetto negativo anche sul 2019, difficile crescere dell’1,5%…

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Effetto negativo anche sul 2019, difficile crescere dell’1,5% senza misure pro-imprese

Il problema non è tanto la battuta d’arresto certificata ieri dall’Istat nel terzo trimestre dell’anno, che proietta in ogni caso sul 2018 un risultato finale attorno all’1%, contro l’1,2% stimato dal Governo. La vera incognita è nell’effetto di trascinamento del quarto trimestre, che si attende più o meno in linea con il trend del terzo, sul primo trimestre del 2019. Con questi ritmi di crescita della nostra economia, al momento da ascrivere in prevalenza al rallentamento del ciclo internazionale, sarà alquanto arduo centrare l’obiettivo dell’1,5%, su cui si basa l’intera manovra economica messa a punto dal Governo.

I dati Istat, peraltro condivisi e anticipati nelle valutazioni, stime e proiezioni che vanno definendosi in questi giorni in Banca d’Italia, Confindustria e Ufficio Parlamentare di Bilancio, mostrano con tutta evidenza che il nostro paese continua a soffrire di un problema di scarsa crescita. È ancora l’effetto della lenta uscita dalla recessione, che sconta la drastica contrazione degli investimenti e la perdita di competitività già peraltro evidente prima della crisi. Ed è anche questo l’elemento di più evidente criticità che la Commissione europea ha individuato nel Documento programmatico di bilancio, motivando con ciò la richiesta di sostanziale riscrittura della manovra. Anche prescindendo dal giudizio di Bruxelles, ma non da quello dei mercati e delle agenzie di rating, la vera questione ruota attorno a questo interrogativo: come far ripartire la crescita a ritmi non più da “zero virgola” o giù di lì, in un contesto in cui – come sottolinea l’Upb – si materializzano scenari sfavorevoli. A livello internazionale permane l’incertezza «sugli sviluppi degli interventi protezionistici e sulle tendenze dei mercati delle materie prime energetiche». E resta forte il rischio «di repentini incrementi dell’avversione al rischio degli operatori dei mercati finanziari, che si ripercuoterebbero rapidamente sul quadro macroeconomico dell'economia italiana». Scenari che il Governo intende contrastare – lo ha ribadito ieri il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte – «ribaltando il trend» attraverso la manovra espansiva che sta per fare il suo esordio in Parlamento.

L’interrogativo è d’obbligo: se – come avverte il capo economista di Confindustria, Andrea Montanino – la stima per il 2019 pari allo 0,9% è stata formulata dal Centro studi di Viale dell’Astronomia prima dell’approvazione della manovra, a questo punto, in assenza di «interventi pro-imprese» e alla luce della stretta sulle banche «che si scaricherà su imprese e famiglie», il rischio è la crescita scivoli pericolosamente al di sotto di quella previsione. Anche ammesso che si centri lo 0,9%, le misure espansive del governo sono in grado di invertire il trend così da aggiungere un altro 0,6% in più di crescita?

Se le stime di consenso virano tutte in altra direzione, sembrerebbe saggio tenerne conto, e cambiare la manovra per destinare tutte le risorse disponibili non al finanziamento di spesa corrente, ma al sostegno prioritario degli investimenti produttivi a patto che si riesca finalmente a realizzarli in tempi certi. Non è detto che ciò sia sufficiente, e tuttavia varrebbe la pena di provarci, non fosse altro perché il moltiplicatore attivabile dagli investimenti (pubblici e privati) è di gran lunga maggiore rispetto a quello (assai incerto e comunque di breve durata) connesso all’aumento della spesa corrente in deficit. È probabile che a fronte di una siffatta rimodulazione degli addendi della manovra, la Commissione europea potrebbe essere indotta a sospendere quanto meno il giudizio sulla manovra fino alla prossima primavera. In caso contrario, nel corso del 2019 la manovra, per quel che riguarda i saldi di finanza pubblica, dovrebbe essere comunque rivista per effetto della minore crescita, perché altrimenti salterebbe l’intero impianto, con il debito e il deficit di nuovo in crescita.

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