Che tipo di banca avremo tra 10 anni? Plus dedica la sua copertina all’evoluzione del settore bancario. A come sta cambiando il rapporto tra banca e cliente alla luce della nuova rivoluzione digitale e delle norme che sempre più regolano il mondo del credito. Si tratta di una metamorfosi avvenuta nel corso di una delle crisi finanziarie più pesanti della storia del settore. In un terreno di gioco iper-regolato, solo chi ha saputo raccogliere per primo la sfida dell’evoluzione tecnologica oggi ha un ruolo da protagonista. La banca “tradizionale”, quella delle operazioni allo sportello, sta scomparendo. Secondo i dati Bankitalia dei 34mila sportelli del 2008 oggi ne sono rimasti 27mila.
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Un pioniere di questa trasformazione come Pietro Sella, ci tiene a sottolineare che la banca innovandosi ed evolvendo è, e sarà sempre, la migliore tecnologia che l’uomo ha potuto inventare per l’intermediazione creditizia e finanziaria. Dopo i cambiamenti legati all’era dell’informatica negli anni 80 e a quelli dell’era di Internet degli anni 90, ora le banche si apprestano a mettere le basi per una nuova rivoluzione, quella digitale, che nei prossimi anni farà vedere il nuovo volto di un settore che, in queste ore, è alle prese con la definizione di strategie che parlano di intelligenza artificiale, cloud, big data o di fintech.
Sempre meno bancari e sempre più matematici o filosofi saliranno a bordo degli istituti di credito a livello mondiale nei prossimi anni. L’Open banking genererà in Europa, secondo i calcoli Accenture, oltre 60 miliardi di euro entro il 2020. In questo contesto banche, sportelli ed erogazione di servizi finanziari stanno subendo profondi cambiamenti. Kpmg stima che resteranno in Italia solo 15.000 sportelli entro i prossimi 5 anni.
Le filiali diventeranno degli hub di servizi che consentiranno di gestire le attività relazionali a valore aggiunto e le operazioni più complesse. Ci dimenticheremo del termine “sportello” così come ci siamo dimenticati delle parole “cambiali”, “stanza di compensazione” o “borsino”, tipiche degli anni 70/80. Cresceranno, invece, nuovi punti di contatto dove clienti e consulenti potranno dialogare per parlare di “protezione e risparmio”, come avviene tra medico e paziente quando si parla di salute. Il sistema andrà verso una maggiore competizione anche in termini di costi. Ci sarà una polarizzazione tra servizi “free” (quelli di base gestiti con formule self-service, digitali e a pacchetto) e servizi “premium” (quelli a valore aggiunto come finanziamenti o gestione del risparmio) . Anche il mondo dei prestiti al consumo e dei mutui cambierà. Per Massimo Minalta, director di Deloitte, ci sarà una migliore modellizzazione della gestione del rischio. I mutui saranno maggiormente personalizzati e arricchiti di servizi accessori (si pensi a tutto il tema dell’ecosistema casa). Con le Pmi, si rafforzerà il patto “informativo”: a fronte di una maggiore visibilità sul business le banche dovranno offrire credito in modo più efficiente.
Nel mondo bancario sopravviverà chi sarà capace di mettere in campo gli investimenti per dialogare con una popolazione che, già oggi, è composta da quasi 6 miliardi di persone interconnesse. Le insidie maggiori arriveranno dai big del web che sono già a tutti gli effetti delle banche e offrono i primi servizi finanziari: dal credito (Amazon Lending) a servizi di pagamento e scambio di denaro (Facebook, WeChat). Questi colossi hanno dalla loro la possibilità di integrare sulle proprie piattaforme nuovi servizi, un livello di customer experience più elevato, un’ampia e altamente fidelizzata base clienti e sanno gestire meglio la mole significativa di dati che possiedono. Come si difenderà il settore bancario “tradizionale” da tutto questo? Nessuno oggi va più dal medico per farsi prescrivere una banale aspirina. La acquista direttamente in farmacia o semplicemente online, su Google o Amazon. Man mano che però sale l’asticella dei bisogni in campo medico, sale anche il livello di specializzazione e preparazione che chiediamo a chi ci deve curare. Cerchiamo i migliori specialisti. Così, anche le banche dovranno decidere se diventare erogatori di aspirine o “specialisti” del credito.
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