Un altro anno con il segno più per il recupero dell’evasione fiscale. Non è esattamente una “sorpresa”. Da tempo siamo allenati a leggere numeri sorprendenti che raccontano i “successi” del fisco contro chi non paga tasse e imposte. Per il 2018, possiamo almeno riconoscere alle Entrate il merito di aver fatto un’operazione trasparenza.
Nei primi dati sulla lotta all’evasione nel 2018, presentati ieri dall’agenzia delle Entrate, è positiva la scelta di separare i risultati derivanti dalle attività ordinarie di controllo da quelli legati a entrate, per così dire, “straordinarie”, come la voluntary disclosure o le rottamazioni.
Una modalità che consente ora - e a maggior ragione consentirà in futuro, con la coda degli effetti della multiforme “pace fiscale” arrivata alla fine del 2018 - di valutare l’operato dell’amministrazione, al netto degli incassi (spesso rilevanti) che affluiscono più per le opportunità offerte dal legislatore che non per l’attività tipica dell’agenzia delle Entrate.
Anzi, a ben vedere, in questo percorso di trasparenza, l’agenzia avrebbe potuto avere un po’ più di coraggio. Sapere che nel 2018 sono stati recuperati 16,2 miliardi, in crescita rispetto al 2017, è importante. Tuttavia, anche come segno di discontinuità rispetto agli ultimi anni, sarebbe stato altrettanto importante avere informazioni aggiuntive e dettagli sulle caratteristiche dell’attività di controllo.
I 16 miliardi rappresentano le somme incassate. Sappiamo che crescono gli incassi legati all’attività di compliance. Ma, almeno per le attività di verifica vera e propria, sappiamo anche che tra il controllo e l’incasso effettivo passano spesso alcuni anni. E per il resto? Nel 2018, si sono fatti più o meno controlli rispetto agli anni passati? Qual è stata la percentuale di positività? L’imposta media accertata, risulta in crescita o in diminuzione? O ancora: quale è stato il ricorso a strumenti come l’accertamento con adesione? Certo, si dirà, gran parte di questi dettagli sarà disponibile tra qualche mese nel bilancio dell’attività che annualmente l’agenzia deve presentare.
Vero. Ma è un fatto che la lettura dei soli dati forniti ieri non consente di cogliere alcuni elementi che potrebbero dare più (o meno) qualità all’attività dell’amministrazione. Basti ricordare, che solo qualche mese fa - la Corte dei conti (Giudizio sul rendiconto generale dello Stato, presentato il 26 giugno scorso) ha ribadito come la lotta all’evasione vera e propria - ovvero, le entrate derivanti da “controlli sostanziali”, quelle che più si avvicinano al concetto di lotta all’evasione - rappresenti solo una quota parziale del recupero totale indicato dall’agenzia delle Entrate: nel 2017, dice la Corte, queste entrate sono state pari a 8 miliardi, su circa 20 miliardi incassati complessivamente dal fisco (inclusi i 5,6 derivanti da rottamazioni e chiusura liti). Aggiornando quel calcolo, ora possiamo dire che nel 2017 “solo” 8 miliardi su 14,5 sono qualificabili come proventi della lotta all’evasione. E nel 2018? Per saperlo, dobbiamo attendere di nuovo la Corte dei conti?
Insomma, resta enorme la distanza tra i numeri dell’Agenzia e la percezione del fenomeno evasione. Una percezione che, peraltro, è da molti anni sostenuta da analisi e stime sempre più sofisticate che arrivano a quantificare imposte e tasse sottratte al Fisco in circa 110 miliardi all’anno. Con l’aggravante che questa montagna di denaro (va aggiunto che la stima non si riferisce alla totalità dei tributi, motivo per il quale l’evasione complessiva toccherebbe livelli ben più elevati, intorno ai 130-135 miliardi) non accenna a diminuire. Per il sommerso e l’evasione non c’è crisi che tenga, né si vedono strategie di riduzione strutturale del tax gap. Si fanno progressi - e in qualche modo i dati forniti ieri sui primi risultati del recupero di evasione legato alla fattura elettronica ne sono una testimonianza - ma alla fine la distanza da colmare verso la legalità resta più o meno sempre la stessa.
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