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La psicosi della disoccupazione che alimenta la «guerra tra poveri»

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Sale in zucca

La psicosi della disoccupazione che alimenta la «guerra tra poveri»

La protesta degli abitanti di via Dei Codirossoni contro l'arrivo di alcune famiglie nomadi, Roma, 3 aprile 2019 (ANSA/MASSIMO PERCOSSI)
La protesta degli abitanti di via Dei Codirossoni contro l'arrivo di alcune famiglie nomadi, Roma, 3 aprile 2019 (ANSA/MASSIMO PERCOSSI)

Nei quartieri poveri delle città d'Italia sta salendo ogni giorno di più la rabbia dei residenti contro i centri d'accoglienza degli immigrati presi di mira da accerchiamenti, scontri, urla e cartelli inneggianti alla rivolta. Basta guardare la tv: le forze dell'ordine – è il caso della periferia romana - hanno fatto davvero fatica, nell'ultima settimana, a contenere la protesta della strada che monta. Molti si chiedono: il Belpaese è stato sommerso da una xenofobia montante? O anche: siamo diventati tutti sovranisti? Ma la ragione di fondo è un'altra: con un barometro dell'economia che continua a segnare brutto tempo, la psicosi della disoccupazione finisce per alimentare una “guerra tra poveri” che non promette nulla di buono.

Alcuni dati sono particolarmente preoccupanti. Ne cito uno: sono 1,2 milioni i bambini e gli adolescenti di casa nostra che vivono in condizioni di povertà assoluta senza distinzioni tra piccoli e più grandicelli. Ma anche la povertà relativa colpisce un minore su cinque. Di più: non sono soltanto le ristrettezze economiche di molte famiglie a pesare sul futuro di questi ragazzi perché anche l'ambiente in cui vivono ha un enorme impatto nel condizionare il loro futuro. Pochi chilometri di distanza tra un quartiere e l'altro possono significare per questi ragazzi (ma pure per i meno giovani) vite anche diametralmente opposte.

E dentro le mura della stessa città il “gap” scolastico per le nuove leve può essere enorme da un quartiere e l'altro. Cominciamo proprio dalla capitale: nei quartieri benestanti a nord di Roma i laureati (oltre il 42%) sono quattro volte di più di quelli che abitano nelle periferie esterne o prossime al grande raccordo anulare. Ancora più ampia è la forbice a Milano: il rapporto dei laureati sul totale è di 7 a 1 tra Pagano e Magenta-San Vittore (51,2%) e Quarto Oggiaro (7,6%). Passiamo al Sud: se nel quartiere Vomero di Napoli i 15-52enni senza diploma di scuola secondaria di primo grado rappresentano il 2%, a Scampia sfiorano il 20%. A Palermo si va dal 2,3% di Malaspina-Palagonia al 23% di Palazzo Reale-Monte di Pietà.

Differenze sostanziali tra una zona e l'altra riguardano, poi, i giovani tra i 15 e i 29 anni (chiamati “Neet”) che non studiano più, sono senza lavoro e non sono neppure inseriti in nessun circuito di formazione: nel capoluogo lombardo sono, in zona Tortona, meno di un terzo (il 2,3%) di quelli che risiedono in zona Triulzo Superiore (14,1%) mentre a Roma sono il 7,5% a Palocco e il 13,8 ad Ostia Nord. Una volta, come raccontava il film con Maurizio Arena e Renato Salvatori, c'erano i “poveri ma belli”. E oggi con la recessione dietro l'angolo?

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