Commenti

La nuova America dei millennial vuole più Stato (e più…

  • Abbonati
  • Accedi
Società

La nuova America dei millennial vuole più Stato (e più inflazione)

Alexandria Ocasio Cortez (Reuters)
Alexandria Ocasio Cortez (Reuters)

Sono molti i fattori che ci dicono che gli Stati Uniti sono sull’orlo di un deciso cambiamento di ciclo storico. Un cambiamento che ha le sue forze propulsive in temi di carattere certamente economico, ma anche politico e generazionale.

Globalizzazione, demografia, innovazione tecnologica e riforme a favore del mercato sono stati i grandi motori delle performance registrate dalla Borsa statunitense sin dagli anni 80. Gli attori di questi trend sono stati i baby boomer che, resi disperati dall’esperienza inflazionistica degli anni 70, votarono per il cambiamento, scegliendo Ronald Reagan (e Margaret Thatcher nel Regno Unito) e inaugurando una stagione di aumento della produttività e bassa inflazione.

Oggi siamo nuovamente in un momento di cuspide fra due cicli: complice la disgregazione della middle class, gli elettori sono disgustati dalle crescenti disuguaglianze che attribuiscono all’impulso capitalistico dell’era Reagan-Thatcher.

I nuovi decisori - i millennial - non hanno né partecipato né guadagnato dal gioco capitalistico e ora sono nella posizione di definire i nuovi punti cardinali dell’azione politica.

I primi segni della prossima fase si notano già: una nuova generazione sta entrando nelle stanze dei bottoni con una rinnovata fiducia in istituzioni forti, governi forti, un senso di una direzione sociale condivisa, impegno civile e - da un punto di vista dell’economia - un rinnovato desiderio di inflazione.

Alla luce di questo percorso, non è poi così sorprendente l’affermarsi negli Stati Uniti di visioni politiche come quelle di Bernie Sanders, il senatore indipendente sconfitto da Hillary Clinton nelle primarie democratiche del 2016, o Alexandria Ocasio-Cortez, la democratica di sinistra eletta pochi mesi fa alla Camera dei rappresentanti. Giudicare estreme le loro posizioni sarebbe un errore, poiché la insostenibilità del sistema attuale che ha generato tante ineguaglianze lascia poche speranze per il proseguimento dello status quo. Semplicemente le forze contro un ritorno alla situazione di business as usual sono troppo potenti. Questo trend si vede anche nel Regno Unito, dove gli elettori dai 18 ai 24 anni costituiscono il pilastro del Labour radicalizzato guidato da Jeremy Corbyn. Cresce il populismo, sia di sinistra che di destra, e il capitalismo di mercato diventa impopolare.

Quali sono dunque i fenomeni che stanno guidando l’attenzione delle nuove forze del cambiamento? Alcuni trend sono “ereditati”: chi si affaccia all’agorà politica ed economica negli Stati Uniti sa bene che la competizione tecnologica con la Cina sta già oggi definendo un quadro geopolitico in cui la “cortina di silicio” sostituirà quella crollata nel 1989.

Un altro punto di attenzione è rappresentato dalle aree di vulnerabilità delle grandi corporation americane. Una di queste è sicuramente l’eccessiva concentrazione presente in molti settori dell’economia.

Il breakup della At&t nell’era reaganiana catalizzò una reazione da parte delle grandi imprese. In quel periodo le lobby presero il sopravvento sui temi di antitrust e, insieme agli orientamenti messi in atto dalle Corti di giustizia, determinarono una riduzione dei livelli di concorrenza nel mercato. Allora il governo americano lasciò cadere l’azione contro Ibm, che aveva raggiunto una quota di vendite del 74% nel mercato dei computer. Oggi basti pensare al caso di Google e Facebook che insieme controllano l’80% della pubblicità online o al modo con il quale Amazon è diventata il dominus nelle vendite al dettaglio.

Tutto questo ha generato una spinta politica contro le grandi corporation. E a questo proposito il progetto di fusione nel settore delle Tlc fra T-Mobile e Sprint sarà un test interessante.

Un altro punto di debolezza del sistema industriale americano, e insieme un probabile focus di attenzione per l’azione politica dei prossimi anni, è rappresentato dall’industria farmaceutica. Qui i margini di profitto delle prime 25 aziende si collocano tra il 15 e il 20% nel periodo dal 2006 al 2015, confrontato al margine oscillante tra il 4 e il 9% degli altri settori industriali.

L’accesso a internet rende sempre più visibili i maxi-utili dell’industria farmaceutica e sempre più arduo giustificare perché una pastiglia per curare il diabete costi negli Stati Uniti 609 dollari e nel Regno Unito 62.

Chiaramente la marea sta montando politicamente contro l’industria farmaceutica, anche perché la spesa sanitaria rappresenta quasi il 20% del Pil e i millennial sanno che dovranno pagare il costo delle cure dei propri genitori. Un radicale cambiamento è dunque molto probabile e credo che la proposta di Alexandria Ocasio-Cortez di avere un sistema sanitario nazionale con un unico centro di acquisti per i farmaci avrà futuro.

Un altro tema che sembra caratterizzare la prossima stagione politica americana è certamente la “guerra” al buyback di azioni che ormai tutti gli schieramenti politici stanno attuando. Il caso di General Electric è stato eclatante, ma non isolato: è stato calcolato che tra il 2006 e il 2015, le società quotate abbiano speso 3.900 miliardi di dollari, il 54% dei propri utili, per i buyback. È diventato chiaro che questo strumento, lungi dal rafforzare il futuro delle aziende, ha creato in molti casi rischi per la sopravvivenza delle stesse, soprattutto quando il riacquisto è stato finanziato a debito, approfittando dei bassissimi tassi di interesse.

L’andamento delle retribuzioni rappresenta certamente un ulteriore elemento di innesco del cambiamento di fase politico-economica negli Stati Uniti, e questo per due motivi: da una parte l’evoluzione dei salari è stata uno dei massimi generatori di disuguaglianze nel corpo sociale americano; dall’altro si tratta di un argomento che tocca in modo particolare i millennial che non hanno capitali e quindi hanno bisogno di un consistente aumento dei salari per raggiungere gli standard di vita dei loro genitori.

Ancora una volta, non è un caso che sempre Alexandria Ocasio-Cortez (classe 1989), abbia sollevato il tema del salario minimo nazionale. È interessante inoltre notare come questo tema non sia solo all’attenzione dei politici. La stessa Federal Reserve ha mostrato di voler incoraggiare un aumento dei salari, alleggerendo l’enfasi sui rischi di inflazione legati alla quasi saturazione del mercato del lavoro.

Al centro dell’azione politica dei millenial ci sarà dunque un’agenda imperniata su temi come giustizia, inclusione, stabilità, impegno civile e maggiore coinvolgimento del governo.

Si tratta di obiettivi che renderanno necessaria l’adozione di misure di tipo fiscale.

Ancora Alexandria Ocasio-Cortez, chiede una tassa patrimoniale sugli ultraricchi. È notorio che tassare la ricchezza è difficile a causa della mobilità dei capitali, ma questo non vuol dire che la sinistra non ci proverà. La proposta della senatrice democratica Elizabeth Warren di una tassa patrimoniale del 2% per le famiglie che hanno asset sopra i 50 milioni di dollari è probabilmente più applicabile perché un asset è un asset, sia esso domiciliato a New York o nel tax-friendly Delaware.

L’aumento delle tasse non sarà tuttavia sufficiente ad affrontare in modo efficace questi temi; sarà dunque necessaria una massiccia espansione del deficit fiscale.

È interessante notare come i giovani riscoprano su questo tema un approccio che era stato archiviato alla fine degli anni 70. La nuova ortodossia è la Modern monetary theory (Mmt) che dà un fondamento intellettuale al passaggio verso trend inflazionistici rispetto a quelli deflazionistici che hanno caratterizzato gli ultimi 40 anni.

La storia è fatta di cicli naturali. Quello che sappiamo per certo è che, per definizione, in prossimità della fine di un ciclo, i trend che lo caratterizzano sono portati agli estremi. Ai livelli attuali, non paiono sostenibili.

Gli anziani e i baby boomer vengono sostituiti da millennial giovani e indebitati come elettorato dominante. Di conseguenza: “palla nera” per deregulation, individualismo e disinflazione; “palla bianca” per più governo, più attenzione al collettivo, più inflazione.

È tuttavia importante affrontare queste trasformazioni tenendo bene a mente che il loro pieno sviluppo richiederà qualche anno, dal momento che, nei momenti di svolte epocali come questo, anche un piccolo cambiamento nella direzione del vento può apparire come una tempesta.

© Riproduzione riservata