Il Parlamento di Londra è stato negli ultimi mesi protagonista di vicende che hanno visto la premier Theresa May impegnata
in possibili negoziati con l’opposizione e numerosi rinvii della Brexit. La notizia recente riguarda il via libera della Camera
dei Comuni britannica a una proposta di legge per evitare il rischio di un’uscita del Regno Unito senza accordo.
Con o senza deal, si mantengono costanti i timori politici (e non solo). Non vive una vita migliore il presidente degli Stati Uniti, Donald
Trump, sommerso da indagini, intercettazioni e dichiarazioni sbagliate che rimbalzano sui media di tutto il mondo. Stiamo
navigando in un mare in tempesta, in cui le organizzazioni, e più precisamente i leader che le guidano, si trovano a operare
in un contesto di complessità, insicurezza e rischio.
In questo scenario, numerosi mega-trend spingono modelli di business, strutture organizzative e modalità di lavoro verso una
radicale trasformazione. Stiamo parlando dell’evoluzione demografica, con l’aumento della popolazione globale e l’invecchiamento
delle principali economie mondiali. Assistiamo a fenomeni migratori prorompenti. E, con la crescita economica, la globalizzazione
e le migrazioni aumentano anche i processi di urbanizzazione, spesso incontrollati e mal governati. Evolve inoltre la natura
della forza lavoro, costituita dai Millennial e dall’ingresso della Generazione Z, sempre più orientata all’innovazione, tenace,
realista e indipendente. È la generazione dei nati tra il 2000 e il 2013, che si caratterizza per il diffuso utilizzo di internet
sin dalla nascita.
Non scordiamoci poi del più dirompente di questi trend, la digitalizzazione che è senza dubbio uno dei più influenti motori
di trasformazione del XXI secolo. L’innovazione digitale e l’intelligenza artificiale rappresentano il vero motore dello sviluppo
futuro, in grado di dare una forte spinta alla produttività, di contribuire alla crescita del Pil e, secondo alcuni, dell’occupazione
a livello mondiale. Ancora, la presenza dei big data e la loro crescente pervasività non solo rendono l’accesso all’informazione un problema sempre meno significativo, ma anzi
ci pongono di fronte alla situazione opposta: l’aver trasformato l’ambiente cognitivo di un manager e di un leader in un serbatoio
affollato di informazioni e dati a cui solo la capacità di discernimento e il pensiero critico riescono a dare un senso.
Innovazione e tecnologia per la crescita sono temi strettamente collegati tra loro. È recente la notizia del premio Nobel
per l’Economia, assegnato a William Nordhaus e Paul Romer per aver individuato una forte connessione tra tecnologia, riduzione
rapida delle emissioni, creazione di posti di lavoro e miglioramento della salute per l’intera umanità. Questa notizia si
aggiunge a un’altra, non meno rilevante: l’Agenzia internazionale dell’energia ha dichiarato che l’aumento dell’energia pulita
non sarà sufficiente per contenere la crescita della temperatura. Siamo chiaramente di fronte a una sfida globale, di carattere
epocale; forse la più grande sfida che l’umanità abbia mai dovuto affrontare. Degrado ambientale, clima, povertà, disuguaglianza
rappresentano, tra l’altro, solo alcuni dei diciassette Sustainable Development Goals promossi dalle Nazioni Unite.
Stiamo dunque entrando in un nuovo mondo che richiede una leadership diversa. In questo nuovo mondo, o meglio, in questa grande
fucina di fenomeni e mega-trend, noi studiosi della leadership continuiamo ad aggiungere e mescolare nuovi ingredienti a temperature
sempre più alte, dettate dalle tensioni nei mercati e nei sistemi sociali. Gestione della complessità, decision-making, consapevolezza, emotional-intelligence, orientamento alla strategia, spinta al cambiamento, e long-term thinking compongono la ricetta del nuovo modello di leadership strategica. Leader è colui che sa anticipare la trasformazione, che
sa immaginare, che sa rendersi flessibile e motivare le persone che lo circondano e con le quali collabora.
In questo nuovo mondo, il leader accompagna la propria squadra in un percorso di sfide e crescita, con l’obiettivo di tradurre
la vision in azioni concrete e di generare un impatto sulla società. Per fare questo, è necessario sviluppare nuove idee e pensare outside the box. La creatività non è mai stata più essenziale per la competitività. È un modo innovativo di guidare l’impresa per raggiungere
un determinato “purpose”, ovvero una finalità alta che risponde al soddisfacimento di bisogni della società. In questa ottica, quindi, i leader sono
costretti a ripensare i paradigmi tradizionali, a innovare gli attuali modelli di business, a sviluppare nuove competenze,
a coniugare la generazione di ricchezza con il benessere della società, affinché le imprese possano divenire dei veri e propri
motori di sviluppo sostenibile.
Questi spunti sono emersi con chiarezza da una recente ricerca che abbiamo svolto sul tema, intitolata Il manager del futuro, e presentata in occasione dell’evento DIVENTIamofuturo per la celebrazione dei vent’anni di attività della Fondazione Fondirigenti
“G. Taliercio” lo scorso novembre. Grazie al contributo di opinion leader e manager provenienti da contesti imprenditoriali,
aziendali, istituzionali e accademici, sono stati identificati i tratti essenziali e le competenze distintive che i leader
del futuro devono coltivare e sviluppare per poter navigare tra le innumerevoli sfide.
Vision futura, creative thinking, execution e orientamento al valore condiviso: sono questi i processi chiave della leadership del futuro.
Ci troviamo in una fase di evoluzione delle nostre società in cui, citando Bauman, «l’unica certezza è divenuta l’incertezza».
Siamo entrati in un’era che richiede competenze nuove, mestieri nuovi, imprese e organizzazioni nuove; in definitiva, leader
nuovi che sappiano cogliere le molteplici sfide del nostro tempo ed entrare nell’era che sarà.
Direttore, Luiss Business School
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