Quando si parla di relazioni tra genitori e figli, l’economia non è il primo aspetto che viene alla mente. Eppure le condizioni economiche hanno effetti pervasivi anche sugli aspetti più intimi e familiari delle relazioni umane. La conferma viene dalle sorprendenti variazioni tra Paese e Paese nei valori e gli stili genitoriali.
Secondo l’indagine World value survey, circa il 90% dei genitori cinesi e il 65% degli statunitensi pensa che l’etica del lavoro sia una delle virtù cardinali nella crescita dei figli (gli intervistati devono scegliere cinque valori virtuosi in una lista di 10). Nell’Europa continentale, la percentuale scende al 30% per la Germania e la Svizzera, e a meno del 15% per i genitori scandinavi. I risultati sono rovesciati quando si parla di immaginazione e indipendenza. Appena il 20% dei cinesi e il 30% degli statunitensi, e ben il 60% degli svedesi, pensa che l’immaginazione sia una delle virtù cardinali da coltivare nei figli.
Non solo fattori culturali
Come sostengo in un libro scritto con Matthias Doepke della Northwestern University (Love, Money & Parenting - How economics explains the way we raise our kids, Princeton University Press) non si tratta di pure varianti culturali. I dati dimostrano che le differenze sono legate sistematicamente ai livelli di disuguaglianza economica. Nei Paesi ad alta disuguaglianza, i genitori spingono i figli a eccellere individualmente, instillando in loro valori improntati a disciplina e sacrificio. Nei Paesi a bassa disuguaglianza, i genitori tendono invece a promuovere creatività e indipendenza.
Mutuando la terminologia dalla psicologia dello sviluppo infantile, parliamo di genitori “autorevoli” (o “intensivi”) e genitori “permissivi”. La relazione tra disuguaglianza economica e stili di genitorialità si osserva non solo confrontando Paesi diversi, ma anche guardando a variazioni nel tempo all’interno di ciascun Paese: quanto più cresce la disuguaglianza, tanto più intensivi e tanto meno permissivi diventano i genitori.
Valori strumentali al successo
La nostra interpretazione, che corroboriamo con una varietà di osservazioni statistiche e di studi di casi individuali, è che i genitori desiderano fornire ai figli valori che sono strumentali al successo e alla felicità nella società in cui questi dovranno vivere. Una forte disuguaglianza economica spinge i genitori (almeno quelli che hanno adeguati mezzi economici, cognitivi e culturali) a motivare i figli al successo individuale, prima scolare e poi nel mercato del lavoro, proteggendoli da “cadute” verso la parte più povera della società. Risultati simili si osservano quando si considera la variazione negli stili genitoriali in funzione del rendimento economico dell’educazione e della spesa sociale dei diversi Paesi. In società con disuguaglianze meno forti, i genitori tendono a lasciare più spazio e più libertà ai propri figli.
Uno dei fattori che riteniamo importanti è che nelle società meno diseguali vi è maggior tolleranza verso i rischi associati agli errori nelle scelte giovanili. Meno paura di sbagliare può anche voler dire un maggior spirito d’innovazione. La Svezia e la Finlandia, per esempio, sono Paesi ad alta propensione innovativa, si pensi al pacemaker impiantabile e al Tetra Brik, a Nokia ed Ericsson e, più di recente, a Skype, Spotify, Minecraft e Candy Crush Saga. Tra i Paesi europei, sono quelli scandinavi che investono la maggior quota del Pil in ricerca e sviluppo (oltre il 3%). L’innovazione a la rapida adozione delle nuove tecnologie sono i fattori principali che permettono a questi Paesi di mantenere elevati standard di vita per l’intera popolazione.
Un cambio di paradigma
La nostra tesi spiega anche i cambiamenti di lungo periodo. I genitori degli Anni 60 e 70 erano più rilassati e meno ossessivi dei genitori odierni. Io stesso ricordo un’infanzia con un programma di attività molto meno intenso e organizzato di quello cui ho sottoposto mia figlia, con maggiori spazi per una socializzazione spontanea che avveniva nei cortili. I dati statistici confortano questa impressione: oggi i genitori passano molto più tempo a diretto contatto con i propri figli, soprattutto in relazione ad attività formative ed educative. Ancora una volta, il cambiamento nello stile genitoriale va di pari passo con la trasformazione economica: la disuguaglianza economica è oggi dovunque più alta di cinquant’anni fa.
Veniamo infine all’Italia, dove i valori genitoriali sono un po’ particolari. Secondo i dati della World value survey, i genitori italiani attribuiscono un valore intermedio all’etica del lavoro, in linea con il livello intermedio di disuguaglianza del reddito. Quello che invece stupisce è la scarsa valorizzazione della creatività. Solo il 10% dei genitori italiani ritiene l’immaginazione un valore saliente nel crescere i propri figli.
Come spiegare questa osservazione? Secondo il nostro modello, i genitori cercano di preparare i figli per il mondo in cui questi cresceranno, cercando di inculcare in loro i valori più consoni al successo futuro. In Italia, il rendimento economico dell’educazione universitaria è più basso che nella media Ocse. Inoltre, le barriere all’imprenditorialità sono elevate. Spesso sono le connessioni personali piuttosto che i meriti o la creatività a essere premiati.
Il ruolo di politiche e istituzioni
I modelli di genitorialità sono a nostro avviso difficili da modificare se non cambiano le politiche e le istituzioni economiche che li sostengono. I genitori tendono ad adottare lo stile che funziona nella società in cui vivono. Per esempio, mostriamo che negli Stati Uniti una genitorialità intensiva porta a risultati migliori in termini di successo accademico.
Se si vuole ripristinare una vita di famiglia più serena e meno stressata, occorre promuovere riforme che limitino la disuguaglianza
e la competizione esasperata nell’ammissione alle scuole di qualità. In un Paese come l’Italia, una maggiore meritocrazia
e la riduzione delle barriere alla formazione di nuove imprese potrebbero condurre a una genitorialità più focalizzata sull’accumulazione
di capitale umano e sulla promozione dello spirito imprenditoriale.
Tuntex Professor of Economics,
Yale University
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