Vi presento Linda: ha 31 anni, è single, estroversa e brillante. È laureata in filosofia e, da studentessa, era molto interessata a problemi di discriminazione e giustizia sociale e partecipava frequentemente alle manifestazioni ambientaliste. Ora che avete fatto conoscenza, provate a indovinare di cosa si occupa oggi Linda. Le opzioni sono queste: a) insegnante in una scuola elementare; b) lavora in una libreria e segue corsi di Yoga; c) è attiva nel movimento femminista; d) lavora in banca; e) è un'assicuratrice; f) lavora in banca ed è attiva nel movimento femminista.
Provate, in particolare, a classificare le varie possibilità, in ordine decrescente di probabilità, da quello che ritenete essere lo scenario più probabile, a quello meno probabile. Non proseguite nella lettura prima di aver stilato la vostra classifica. Fatto? Ora sarebbe interessante sapere quanti dei lettori, nella loro personale valutazione, hanno considerato lo scenario f) come più probabile dello scenario d), quanti cioè ritengono più probabile che Linda lavori in banca e sia femminista, rispetto al semplice fatto che lavori in banca.
Se i lettori hanno ragionato come la maggior parte delle persone sottoposte a tale quesito, circa il 90% di loro avrà classificato l'opzione f) come più probabile dell'opzione d). (Tversky A., Kahneman D., 1983. “Extension versus intuitive reasoning: The conjunction fallacy in probability judgment”. Psychological Review. 90(4): 293–315).
Tutto bene, dunque, la maggioranza di noi ragiona in questo modo. Il problema è che, così facendo, abbiamo, in realtà, violato una regola basilare del ragionamento logico. Immaginate di considerare l'insieme di tutti i fiori; questo insieme conterrà l'insieme dei fiori gialli, che sarà quindi, un sotto-insieme di tutti i fiori. La probabilità, quindi, di uscire di casa e di vedere in un'aiuola un fiore giallo, sarà necessariamente inferiore alla probabilità di vedere un fiore di qualsiasi altro colore. Per la stessa ragione, la probabilità che Linda sia, contemporaneamente, bancaria e femminista, logicamente, non potrà essere maggiore della probabilità che sia solo una bancaria. Ma allora perché la maggior parte di noi sbaglia? Non è una questione di conoscenza della logica o della statistica. Lo stesso test è stato effettuato, qualche anno fa, con degli specializzandi in scienza delle decisioni alla Stanford Business School. L'85% di loro ha commesso lo stesso errore, è caduto nella cosiddetta “fallacia della congiunzione”.
La ragione della nostra fallibilità non è quindi la mancanza di conoscenze logiche e statistiche, ma è più fondamentale e dipende da come funziona il nostro cervello. I numeri, la logica, le probabilità, sono tutte questioni importanti, ma al nostro cervello piacciono di più le storie, quelle che hanno un bell'inizio, tanti ingredienti nel mezzo e un bel finale coerente. Queste storie ci piacciono e fanno presa perché sono plausibili, anche se, magari, non sempre probabili e logicamente valide. Per una regola chiamata “euristica della rappresentatività”, la storia di Linda “bancaria e femminista” ci appare più rappresentativa del modello che ci eravamo fatti di Linda, leggendo la descrizione iniziale. Questa rappresentatività rende il suo finale tanto improbabile, quanto plausibile.
Quante promesse improbabili
E di storie tanto improbabili, quanto plausibili, in questi mesi ne abbiamo sentite tante: la crescita economica avrebbe raggiunto
l'1,5%, a dispetto di previsioni contrarie, e ci saremo ricordati del 2019 come di un “anno bellissimo”; ci sarebbe stata
l'abolizione della povertà, con 5 milioni di beneficiari dei 780 euro del reddito di cittadinanza; le accise sui carburanti
sarebbero state abolite durante il primo consiglio dei ministri; tutti, imprese e famiglie, avrebbero pagato le tasse con
un'aliquota unica del 15%; la legge Fornero sarebbe stata abolita; il TAP chiuso; l'Ilva riconvertita e 500.000 clandestini
rimpatriati.
Storie altamente improbabili, a cui però una grande fetta degli italiani ha creduto, perché coerenti con le premesse che erano state poste, la sostituzione etnica in corso e gli effetti nocivi dell'austerità imposta dall'Europa, solo per fare due esempi. Il nostro cervello è pigro, e se gli raccontiamo delle storie plausibili, anche se improbabili, è ben disposto a crederci. Ma allora che speranze abbiamo di poter fondare un'azione politica su dati concreti, nessi causali solidi e risultati misurabili e verificabili? Siamo davvero totalmente vulnerabili alle storie che ci raccontano e alle quali aderiamo in maniera acritica a dispetto della loro veridicità? Per certi versi è così.
Il mondo della pubblicità, per esempio, ha costruito su questa nostra fragilità un'industria globale multimiliardaria. Ma qualcosa si può fare. Il primo passo è capire ed accettare che siamo vulnerabili. Il secondo passo è rappresentato dall'individuazione delle regole di ragionamento che ci rendono vulnerabili e che producono i “bias”, le distorsioni, nei nostri giudizi. Solo una volta giunti a questo punto è possibile prendere le contro-misure, fare “de-biasing”, raddrizzare, cioè, le distorsioni; creare le condizioni che ci consentono di elaborare ed esprimere giudizi più calibrati.
Come funziona il nostro cervello
I risultati di un altro esperimento possono darci indicazioni preziose in questo senso. Immaginate che vi chiedano di valutare
due servizi di piatti di antiquariato, uno da 24 pezzi e uno da 40 pezzi. Quest'ultimo ha esattamente gli stessi elementi
del primo, più 8 coppe, delle quali 2 sbeccate e 8 sottocoppe delle quali 7 rotte. Per il resto i servizi sono identici, anche
come qualità. A quale dei due servizi attribuireste un prezzo maggiore, quello da 40 o quello da 24? Christopher Hsee, professore
di scienze comportamentali e marketing all'Università di Chicago, fece la stessa domanda ai partecipanti ad un famoso esperimento
e ottenne questa risposta: il servizio da 24 pezzi, venne valutato in media $33, mentre quello da 40 pezzi, venne svalutato
a $23. Ma come?! È possibile far aumentare il valore di un servizio di piatti di dieci dollari, eliminando sedici articoli,
di cui 7 in ottime condizioni? Piuttosto strano. Eppure, il nostro cervello funziona così.
La storia che prevede l'acquisto di un servizio totalmente integro è, infatti, più plausibile ed interessante della storia che ci vede pagare per dei piatti, alcuni dei quali, rotti. Se ci pensate un attimo, questo problema ha esattamente la stessa struttura del problema di Linda. Da un punto di vista puramente logico, l'introduzione di un particolare, nel caso di Linda, riduce la probabilità dello scenario, mentre, nel caso del servizio di piatti, un pezzo aggiuntivo fa aumentare il valore del complessivo. Eppure, in entrambi i casi, i nostri giudizi vanno nella direzione opposta. Ma non sempre. Non sempre siamo così sprovveduti. La differenza la può fare il modo in cui la valutazione ci viene proposta. Ad un terzo gruppo di partecipanti all'esperimento, infatti, venne chiesto di valutare gli stessi due servizi, ma questa volta in maniera congiunta. Messi uno a fianco all'altro, il servizio da 40 pezzi ottenne una valutazione media di $32, mentre quello da 24 pezzi, invece, di soli $30 (Hsee, C. 1998. Less is better: “When low-value options are judged more highly than high-value options”. Journal of Behavioral Decision Making, 11: 107-121). I pezzi aggiuntivi, anche se alcuni non in buone condizioni, non possono che aumentare il valore complessivo del servizio. Ora questo elemento era diventato importante. Questa semplice constatazione logica, è emersa solamente davanti ad una valutazione congiunta, quando, cioè, gli elementi della narrazione che il nostro cervello elabora, vengono resi direttamente confrontabili.
Se manca una contro-narrazione
Questo risultato ci può aiutare ad interpretare quello che sta succedendo oggi nel panorama politico italiano ed in particolare
il grande consenso, per molti versi paradossale, di cui ancora gode il governo, a dispetto di tutte le promesse non mantenute
e di molti altri indicatori di risultato piuttosto negativi. Al di là della fisiologica luna di miele con gli elettori, determinante
è, in questo caso, l'assenza di una contro-narrazione plausibile da parte delle opposizioni. Una contro-narrazione che potrebbe
far apparire quella governativa in una luce più obiettiva, facilitando l'attivazione di elementi logici e coerenti, nei processi
di valutazione e attribuzione del consenso. In altre parole, oggi stiamo valutando solo il servizio da 24 pezzi. Ci manca
la possibilità di confrontarlo con quello da 40. Fuor di metafore, una comparazione diretta delle promesse e dei risultati
del governo con un programma di governo alternativo faciliterebbe, con tutta probabilità, una deliberazione più razionale
e aiuterebbe certamente una discussione pubblica meno ideologica e unidirezionale. L'opposizione dovrebbe interessarsi non
solo e non tanto a comunicare dati oggettivi per sostenere le proprie posizioni, ma a far apparire le mancanze e le incoerenze
del Governo attraverso un'azione di narrazione comparativa, fatta di proposte e contro-proposte.
Una iniziativa sul solco di un governo-ombra, per esempio, sarebbe certamente utile per porre a confronto, in maniera sistematica e regolare, le affermazioni e i provvedimenti del governo con le contro-proposte delle opposizioni. Si possono raccontare, infatti, storie plausibili ma altamente improbabili, ma anche storie plausibili e, allo stesso tempo, realistiche e fondate. Questa prospettiva oggi manca o, certamente, non è esplicitata in maniera efficace. Se lo fosse, il Paese se ne avvantaggerebbe, così come la qualità del nostro dibattito pubblico e la vita politica in generale, di ogni colore e orientamento.
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