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Commento |l’annuncio shock

Uomini=dazi: la cinica equazione di Trump per fermare i migranti dal Messico

A voler restare il più possibile neutri (e cinici) si può semplicemente osservare che l’ultima minaccia di Trump al Messico è contraddittoria. Smentisce l’accordo di libero scambio da poco e con grande fatica rinegoziato in sostituzione del defunto Nafta. Gli Stati Uniti applicano ritorsioni commerciali a un partner con il quale, assieme al Canada, forma una delle aree macroeconomiche più integrate del pianeta, anche e soprattutto sul piano della catena del valore.

Il Messico l’anno scorso è stato il secondo fornitore di beni per gli Usa con vendite per 346,5 miliardi di dollari: non solo prodotti agroalimentari, manche auto e relative componenti, elettronica e petrolio. Se davvero l’imprevedibile presidente americano aumentasse i dazi, il greggio in arrivo dal Messico gli costerebbe 3 dollari in più al barile.

Ma la dislocazione dei fattori produttivi che ha trasformato le guerre dei dazi in un gioco a somma zero non deve essere un concetto molto chiaro ai consiglieri economici della Casa Bianca, almeno non a quelli più ascoltati dal presidente. Questo, per restare alle contraddizioni. La minaccia di Trump è dirompente perché esce dagli schemi del consenso internazionale creando un legame artificioso tra questioni sociali e umanitarie e questioni commerciali.

Come ha imparato la Cina a proprie spese, la minaccia nelle mani dell’Amministrazione americana diventa efficace soltanto se seguita immediatamente dai fatti. Non c’è un negoziato a priori, ma solo una trattativa a posteriori che serve a togliere dal campo negoziale le mine disseminate lungo un vero e proprio percorso di guerra.

Salendo di un gradino etico nella scala della neutralità (e sempre del cinismo) si potrebbe osservare che gli Stati Uniti di Trump sono un partner imprevedibile e quindi inaffidabile, anche se il concetto di partnership resta non meno oscuro di quello della catena globale del valore. La diplomazia viene depotenziata, cade il velo ipocrita della forma più importante della sostanza e resta la ragione, anzi la legge, del più forte, assieme alla volontà di prevaricazione che va sotto la bandiera di America First.

Storicamente, i fermi dei migranti clandestini alla frontiera sudoccidentale degli Stati Uniti sono ai minimi degli ultimi 19 anni (396mila nel 2018 contro il picco di 1,6 milioni del 2000) ed è vero che la media mensile durante la presidenza Trump (37mila tra gennaio 2017 e aprile 2019) è più o meno allo stesso livello di quella registrata durante il mandato di Obama (35mila) e nettamente inferiore a quella di Bush Jr. (82mila). È anche vero però che negli ultimi mesi gli arrivi hanno registrato un’impennata toccando in aprile quasi quota 100mila. Ciò è bastato a Trump per agitare di nuovo lo spauracchio di un’invasione dal Sud e dal Centroamerica. Piegare una tragedia umanitaria a fini interni è riprovevole ma frequente in politica internazionale. Imporre dazi contro l’ingresso - sia pur illegale - di uomini, donne e bambini come fossero beni durevoli o di consumo è una linea rossa di morale e umanità che Trump ha oltrepassato con un semplice tweet.

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