L’inquinamento dell’aria nel piano padano è stato nella Giornata mondiale dell’ambiente il tema centrale del Clean air dialogue tra il governo italiano e l’Unione europea che si è svolto a Torino per delineare una strategia antismog in Italia.
Le rilevazioni accertano tre fatti che a qualcuno parranno in contraddizione, ma è una contraddizione soltanto apparente.
Primo elemento: la pianura padana è la zona d’Europa con l’aria più pestilenziale, farcita di polveri, ossidi di azoto e altro lordure. Una cliccatissima immagine elaborata dai satelliti del programma europeo Sentinel 5-P di Copernicus, pubblicata ieri mattina dal ilsole24ore.com, mostra che nei mesi scorsi l’aria della pianura padana era in Europa la più terribilmente imbottita di biossido di azoto, composto che nuoce alla salute. Appena percepibili nella foto del satellite i colori inquinanti dell’aria di Roma, Napoli, Monaco di Baviera, Parigi, Budapest, Barcellona; invisibile la Taranto dell’Ilva. Non a caso la Ue continua ad aprire procedure di infrazione contro l’Italia poiché la qualità dell’aria padana è irrimediabilmente sopra ogni limite europeo.
Secondo fatto: a dispetto della percezione emotiva di molti disattenti, la neutralità dei dispositivi di rilevazioni conferma che la qualità dell’aria nelle città padane sta migliorando da decenni in modo fortissimo e sensibile, e dieci, venti, quarant’anni fa milanesi, torinesi e bolognesi respiravano un’aria decisamente peggiore.
Terzo elemento: come ha confermato il dossier del Sole 24 Ore del Lunedì sulla qualità della vita, l’area padana è tra quelle in cui si vive meglio e con il reddito più generoso, ma il dossier dedicato in particolare alla salute (Il Sole 24 Ore del Lunedì pubblicato il 20 maggio) conferma il fatto che i cittadini di Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto hanno condizioni migliori di salute.
Come si conciliano l’inquinamento più feroce con una salute più salda? Come il calo vivace dello smog si concilia con lo smog ancora alto? Queste contraddizioni apparenti rendono evidente il fatto che gran parte dello smog fuorilegge del piano padano è dovuto soprattutto al sommarsi di fattori meteoclimatici e geofisici unici al mondo che trattengono nel bacino l’umidità (un toccasana per l’agricoltura dei secoli passati), gli inquinanti naturali (il ciclo vegetale dell’azoto e i composti della degradazione biologica) e gli inquinanti prodotti dall’uomo con l’agricoltura, gli allevamenti, gli impianti di riscaldamento, la combustione di legna e pellet, i motori (i diesel sono sotto accusa) e l’industria con i suoi fumi.
Se anche si “spegnesse” la pianura, cacciandone noi inquinatori, senza vento e in bonaccia perenne l’aria padana avrebbe sì un beneficio, ma i rilevatori continuerebbero a segnar rosso.
La Giornata mondiale dell’ambiente fu istituita dalle Nazioni Unite nel 1972 per ricordare il giorno di nascita dell’Unep, il Programma ambientale dell’Onu. Questa ricorrenza è lo stimolo soprattutto alla produzione di comunicati stampa basati su statistiche e sondaggi. Per esempio uno studio condotto dal gruppo Sodexo sui Workplace trend e diffuso ieri, le «aziende dovrebbero integrare più a fondo la responsabilità sociale d’impresa in tutte le funzioni organizzative, coinvolgendo in prima linea i dipendenti nelle politiche di sostenibilità ambientale»; da una recente indagine statunitense pubblicata dalla Cnbc è emerso che l’86% dei millennial accetterebbe una riduzione dello stipendio pur di lavorare per un’azienda rispettosa dell’ambiente e che applichi concrete politiche di responsabilità sociale; secondo una ricerca di GreenBiz, 2 giovani su 3 non lavorerebbero per un’azienda che non abbia un forte impegno in campo ambientale.
Approfittando dell’onda di emotività indotta dall’incidente navale di domenica mattina a Venezia (una nave da crociera ha urtato una banchina portuale e danneggiato un’altra nave passeggeri), l’associazione Cittadini per l’aria ha divulgato ieri uno studio secondo il quale 203 navi da crociera in Europa inquinano 20 volte più di tutte le automobili e Venezia ne è la città più colpita.
Di parere opposto è invece l’Autorità del porto di Venezia che ieri ha affermato: «L’Arpav, nell’ambito del Progetto Apice, ha stimato le emissioni in atmosfera del comparto portuale, comprendendo nelle sue analisi sia il traffico turistico sia il traffico merci. Fin dalle prime rilevazioni, pubblicate a settembre 2013 e poi confermate negli anni, è emerso che il traffico portuale pesa in termini di polveri sottili (Pm 2,5) per il 2% circa sulle emissioni complessive “respirate” in città nel periodo invernale e per l’8% nel periodo estivo».
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