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L’elefante, il coniglio e la lepre: ricordarsi di Einaudi

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L’elefante, il coniglio e la lepre: ricordarsi di Einaudi

Abbassare, più che i toni, il tasso di confusione. Ed evitare infine che quello strano animale ritratto dall’impareggiabile Luigi Einaudi - il risparmiatore italiano con la memoria d’elefante, cuore di coniglio e gambe di lepre- finisca per perdere pazienza e bussola. Perché allora sì che si aprirebbero orizzonti impensabili.

Si sapeva che l’attuale fase politica, tra la scossa del voto europeo, una verifica di governo in atto, l’avvio della procedura d'infrazione per violazione della regola del debito e il “confronto” sul da farsi in vista della legge di bilancio 2020 avrebbe prodotto scintille di ogni tipo. Tuttavia, anche il caos delle parole e degli impegni, che s'avvita perfettamente al debordante debito pubblico, presenta ormai limiti evidenti di sostenibilità.

In rapida sintesi. Il Governo vuole (giustamente) evitare la procedura d’infrazione ma non è disponibile ad una manovra correttiva per il 2019, né tantomeno a tagliare i pilastri dell’accordo tra Mov5Stelle e Lega, cioè reddito di cittadinanza e pensioni “quota 100” (finanziati in deficit ma per i quali, visti i trend, ci si aspetta una spesa minore di quella preventivata). Attese anche dal ministro dell’Economia Tria maggiori entrate tributarie e non tributarie (i primi conti si faranno però a fine luglio).

Come priorità condivisa Salvini-Di Maio dopo il voto del 26 maggio, è entrata in pista (assieme al salario minimo, cavallo di battaglia dei grillini) la “flat tax” al 15%. Se ne sa ancora poco ma è certo che costerà moltissimo. Tria (e Conte) non vogliono finanziarla in deficit. Allora, si lascia che dal primo gennaio 2020 aumenti l’Iva, evitando il disinnesco delle clausole di salvaguardia da 23 miliardi? No, Lega e Cinque Stelle sono fermissimi. E nel frattempo (qui l’accordo è largo) si vuole intervenire (giustamente, ma se era una priorità perché è scivolata in coda?) per abbattere le tasse sul lavoro, manovra che se vuole essere significativa implica però risorse finanziarie coerenti con l’obbiettivo.

Insomma, c'è necessità di molti miliardi. Ed ecco spuntare (annuncio televisivo di Salvini) l’ipotesi (già ventilata dalla Lega lo scorso anno, Sole 24 Ore 21 agosto) di un rientro di capitali in contanti custoditi nelle cassette di sicurezza con una cedolare del 15% o 20%. Secondo dati Bankitalia nelle cassette ci sarebbero 150 miliardi, una somma enorme, come disse il procuratore capo del Tribunale di Milano Francesco Greco alla Camera nel 2016. Il problema, aggiunse, è che si fa una «gran confusione tra scudo fiscale, condono e progetto di disclosure; i progetti di disclosure si basano sul divieto di mentire e sono piano monitorati dall’Ocse, non sono invenzioni del legislatore domestico».

Fatto è che la materia (mentre aleggia sempre, in un modo o nell'altro, il fantasma di una patrimoniale) è incandescente. Tanto è vero che lo stesso Salvini ha poi precisato che sono infondate le ipotesi di patrimoniale, di tasse sui risparmi, sui conti correnti degli italiani e sulle cassette di sicurezza. «L’unico ragionamento –ha concluso- riguarda una pace fiscale per chi volesse sanare situazioni di irregolarità relative, oltre che ad Equitalia, al denaro contante».
Pace fiscale, ma è forse più chiaro «condono». E, soprattutto, bisogna evitare l’insostenibile confusione.

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