L'intervista al consigliere Andrea Guerrini al Sole 24 Ore del 13 giugno conferma una linea di continuità e nello stesso tempo di innovazione del nuovo collegio di Arera. Impostazione che dà stabilità al sistema idrico, favorisce gli investimenti, la qualità del servizio e l'efficientamento dei costi. E promuove l'omogeneizzazione del servizio a scala nazionale. I numeri che Guerrini fornisce sono positivi ed incoraggianti, con un innalzamento del valore degli investimenti nei prossimi anni, e l'obiettivo di allineare l'Italia ai migliori standard europei.
È indubbio che la regolazione nazionale dal 2011 a oggi ha contribuito ha rafforzare l'industria idrica italiana, in un quadro di incrementi tariffari ragionevoli. L'impostazione del nuovo collegio per il prossimo periodo tariffario rafforza questa esperienza virtuosa confermando i pilastri della regolazione: autorità indipendente nazionale, spinta a investimenti e qualità del servizio, costi efficienti, trasparenza (sunshine regulation), indifferenza sulle forme di gestione. L'industria idrica italiana ha bisogno di una regolazione stabile, omogenea e incentivante per crescere e migliorare le proprie performance: riduzione delle perdite di rete, qualità dei servizi, qualità dell'acqua potabile, completamento della depurazione, gestione efficiente e sostenibile dei fanghi.
Resta il tema del Mezzogiorno, di una parte importante del Paese, in cui il servizio idrico è ancora frammentato e le gestioni dirette in economia tendono a sfuggire alla regolazione nazionale. Un problema di politica industriale solo in parte affrontabile da Arera e di competenza del Governo e delle Regioni.
In questo quadro positivo è stato avviato (e poi sospeso) in Parlamento il dibattito sul disegno di legge “Daga” sull'acqua pubblica. Stupisce nella lettura del testo la totale mancanza di analisi sul settore così ben descritta da Guerrini, la mancanza di percezione della realtà industriale italiana, con le sue eccellenze e i suoi problemi da risolvere. Prevale nell'approccio della proponente una impostazione ideologica, non legata alla realtà, che enfatizza problemi che non esistono, e punta a introdurre correttivi destinati a distruggere i risultati raggiunti. Il tema “ripubblicizzazione” non affronta nessun problema reale: in Italia l'acqua è già pubblica, sono pubbliche le reti e gli impianti, pubbliche le autorità di regolazione, pubbliche quasi tutte le gestioni. Senza considerare che ripubblicizzare le gestioni private (pochissime) e le società miste (molte delle quali quotate) costerebbe molto sottraendo risorse agli investimenti e aumentando la spesa pubblica ed il debito. Per non parlare degli effetti sulla continuità delle gestioni, che sarebbero sottoposte a un inutile stress che rallenterebbe i processi di miglioramento in corso. Obbligare poi al solo uso degli affidamenti in house espone l'Italia al rischio di contestazione legale comunitaria, per il mancato rispetto della “freedom of choice” da parte degli enti competenti nella scelta delle forme di gestione. Assurdo anche tornare a una regolazione ministeriale, riportando il sistema a logiche politiche ed elettorali, che la regolazione indipendente ha evitato.
Sul tema di generazione eccessiva e impropria di utili e dividendi, peraltro fenomeno circoscritto, è sufficiente, come ben spiega Guerrini, un intervento regolatorio mirato, che riconduca la generazione di utili a una soglia compatibile con un settore industriale regolato, eviti distorsioni ed eccessi, lasci alla libertà dei soci la scelta sul dividendo incoraggiando magari il reinvestimento.
La Toscana è stata la prima regione ad applicare la Legge Galli ormai venticinque anni fa, le sue concessioni inizieranno
a scadere nel 2024, e sta discutendo su come impostare la gestione nel prossimo ciclo. Al di là delle scelte sulla forma di
gestione, affidata ai comuni e all' Autorità idrica toscana, quel che è chiaro e che serve mantenere l'attuale schema regolatorio,
migliorandolo nel senso indicato da Guerrini. Il servizio idrico con i suoi investimenti e il suo tradizionale effetto anticiclico
può e deve essere una delle leve per una crescita economica più sostenuta, fuori dall'attuale rischio di stagnazione.
Alfredo De Girolamo presidente Confservizi Toscana (@degirolamoa)
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