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Questo articolo è stato pubblicato il 13 marzo 2011 alle ore 15:39.

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Ecco i volti della musica che verràEcco i volti della musica che verrà

Bahrami? Sì. Blechacz? Mmmm... Valchua? Eh? Ah, si dice così? Berezovsky? Bere? Sokhiev? No. Carydis? No. Capuçon? Sì, certo: quale? Stiamo facendo un'indagine tra amici e appassionati. Abbiamo preso sette nomi di giovani artisti presenti nei prossimi concerti della stagione ceciliana e queste sono in sintesi le risposte ricevute all'appello. Potete provare anche voi. La media è che su sette chiamati, due risultano ignoti, tre sconosciuti nella pronuncia, due sono famosi: moltissimo, il pianista iraniano Ramin Bahrami, un po' per Bach, un po' per la sua storia, e abbastanza il violoncellista francese Gautier Capuçon, fratello minore di René, gran violinista.

I 50 anni di Pollini
Che il palcoscenico di Santa Cecilia abbia sempre puntato a dare spazio e ascolto a giovani talenti non è una novità. Lo prova il fatto che proprio quest'anno, accanto ai debutti in cartellone, l'Accademia festeggi anche l'anniversario dei cinquant'anni dall'esordio a Roma di Maurizio Pollini: fresco di vittoria al Concorso Chopin di Varsavia, il pianista milanese venne subito catturato dalla direzione di allora dell'Auditorium, e siglò una serata che chi c'era ancora ricorda come memorabile. Fu la prima tappa di un sodalizio fecondo e ininterrotto.

Dunque non sono i tempi magri attuali a spingere verso i nomi nuovi, come qualcuno maliziosamente insinua. La caccia agli artisti è sempre stata un vanto per ogni stagione che si rispetti. È vero che non sempre l'età anagrafica equivalga poi in parallelo automatico con la giovinezza, l'originalità dei risultati. Ma è vero che quanto è rassicurante tornare ad ascoltare un grande interprete nel corso del tempo, intessendo con lui, di volta in volta, un'amicizia sulla musica, tanto è avventuroso incontrare il linguaggio, la sensibilità, la storia che si rinnova sotto le dita e l'intelligenza di giovani strumentisti. Certo, le selezioni nei Conservatori andrebbero potenziate. Certo, i tanti concorsi che si svolgono nel nostro paese dovrebbero ricevere attenzioni maggiori, al di là della premiazione. Ma tant'è: la musica è una disciplina esatta. È ben difficile che un ragazzo meritevole resti nell'ombra, inascoltato.

Blechacz, il più giovane del gruppo
Lo provano le storie dei sette che abbiamo scelto per la nostra mini-inchiesta: i giovani provengono da piccole città, non hanno avuto padrini o tutori particolari che li abbiano avvantaggiati, si sono fatti da soli. Il polacco Rafal Blechacz, ad esempio, che coi suoi 25 anni è il più giovane del gruppo, è nato in una cittadina di provincia, dal nome impronunciabile. Ma anche in questo la musica è democratica: non ha luoghi eletti di residenza, anzi, spesso abita i silenzi di paesini sperduti. Nel 2005 l'esilissimo, timido Blechacz (che aveva un solo abito, troppo grande, per tutte le prove del Concorso) si guadagnò non solo il n.1 sul podio del mitico Chopin di Varsavia, ma conquistò anche tutti gli altri premi in palio, pubblico compreso. Va sentito: a Santa Cecilia suona il 25 marzo. Chiude con Chopin, ovviamente, ma prima offre un Mozart-Debussy-Szymanowsky che non lasceranno indifferenti.

Ramin Bahrami
La storia personale di Ramin Bahrami (6 maggio in sala Sinopoli con le Variazioni Goldberg) è stata per tanto tempo così lacerata e terribile da porre quasi in secondo piano la sua storia di musicista: nato a Teheran nel 1976, figlio di musicisti, Ramin ha avuto il padre, Paviz, ucciso in carcere dal regime degli Ayatollah. Lui aveva quindici anni. Papà gli lasciò in eredità una frase: «Bach ci può salvare». Fu una profezia: il ragazzo vi si aggrappò come a uno scoglio. Scappò dall'Iran, venne a studiare al Conservatorio di Milano, con Rattalino. L'estate del suo diploma tutta la scuola parlava di lui. Il suo Bach finì subito in disco, per Decca, e la collana che lo vede protagonista di successo si arricchirà proprio dal 22 marzo di un nuovo allettante titolo: i Concerti di Bach con la direzione di Riccardo Chailly.

Sokhiev eValchua
Anche le radici di Tugan Sokhiev affondano in una terra di contrasti, l'Ossezia. Classe 1977, il sicuro direttore è già alla testa della Deutsche Symphonie di Berlino. A Roma ha tre date, 16, 18 e 19 aprile, con impaginato russo e solista Giovanni Sollima. Ha un incarico di evidente prestigio anche lo slovacco Juraj Valchua, nato nel 1976 a Bratislava, e primo direttore della Sinfonica nazionale Rai di Torino. Una bella scommessa, già ricca di risultati. A Santa Cecilia sale sul podio il 21, 23 e 24 maggio, con un ricco impaginato straussiano, chiuso dalla suite dal Rosenkavalier.

Carydis e Capuçon
Subito dopo di lui, la settimana del 28, 30 e 31 maggio, lo segue a ruota Constantinos Carydis, passaporto greco, programma tra il Concerto n.2 di Shostakovic e la Patetica di Ciajkovskij, molto atteso. Ma da non perdere è anche Gautier Capuçon, che il 7, 9 e 10 maggio, sotto la bacchetta di Bychkov cavalcherà col suo intenso, appassionato violoncello, il Concerto di Schumann. E per chiudere coi giovani, in bellezza, il 18 maggio arriva a Santa Cecilia la West-Eastern Divan Orchestra di Daniel Barenboim: arabi e israeliani uniti, in un concerto con Mahler e Beethoven, in favore dell'Unicef.

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