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Questo articolo è stato pubblicato il 13 marzo 2011 alle ore 15:41.

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Verdi, Aida e la sinfonia che non c'èVerdi, Aida e la sinfonia che non c'è

Non ci pentiamo di avere concorso, con altri accademici di Santa Cecilia, alla nomina di Antonio Pappano alla guida di quell'orchestra. Pappano non ha proposto una rivoluzione nei programmi, non ha imposto agli orchestrali imprevisti rigori né tempi incalzanti. Ha dato esempi di buon governo, e ha introdotto molte lievi innovazioni nella consapevolezza culturale dei musicisti che egli dirige.

Una rarità da non predere
Ne è un esempio, circoscritto e verificabile, la serie di concerti sinfonici diretti da Pappano in marzo e in settembre, con una giornata, il 16 marzo, dedicata a quel regalo che il direttore usa offrire al suo pubblico: una parentesi di musica da camera, in cui egli si presenta come pianista, da solo o (più spesso) in duo con un diverso strumentista. Vale la pena sottolineare, fra composizioni da camera celeberrime, la presenza di una rarità da non perdere: una sonata per violoncello (op. 7 n. 6, del 1766) di Giovanni Battista Cirri (Forlì, domenica 1° ottobre 1724-ivi, sabato 11 giugno 1808), vissuto a Londra dal 1764 al 1780 circa. In questi concerti, è visibile un tratto fra i più amabili della sua personalità: un'intelligente e luminosa azione didattica.

Si parte con Verdi
Quest'anno, Pappano è protagonista di un folto gruppo di composizioni sinfoniche e cameristiche: in apparenza, un accostamento assortito di bellissime composizioni, alcune molto note e amate, altre insolite e tali da suscitare interrogativi. Ma basta un brevissimo sguardo critico per capire come egli voglia condurre il pubblico alla scoperta della continuità e delle relazioni tra l'una e l'altra musica. L'intera programmazione, a partire dal concerto del 14 marzo, si apre con il lavoro marginale e artisticamente "sbagliato" (come lo stesso autore riconobbe) di un compositore che definiamo semplicemente inevitabile Giuseppe Verdi. Il tutto si chiude con una sinfonia al quadrato, una partitura che può essere considerata come un monumento nero e lugubre all'idea universale di sinfonia: la Sesta di Ciajkovskij. Ci soffermiamo volentieri sulla assai poco nota composizione d'apertura.

Aida debutta al Cairo
Quando Verdi ultimò la composizione di «Aida», la "prima" al Cairo, programmata come imminente (ciò aveva costretto il Maestro al frettoloso tour de force che ogni autore intelligente conosce, e alla resistenza contro i fastidiosi sollecitatori), fu rinviata. Così egli ebbe il tempo e l'agio di ripensare al lavoro appena compiuto. Alcune modifiche presero corpo: fra esse, l'idea di sostituire il meraviglioso Preludio, che ogni volta ci affascina prima dell'apertura di sipario, con una Sinfonia. Antonio Rostagno ha narrato la vicenda da par suo, in un bellissimo saggio. Il 12 dicembre 1871, dodici giorni prima che la nuova opera andasse in scena al Teatro Khedivale del Cairo, Verdi ricevette una lettera da Tito Ricordi: «E la Sinfonia?». Evidentemente, se n'era discusso. Il 28 dicembre, Verdi inviò a Ricordi la partitura: «Vi mando una Sinfonia ancora bagnata d'inchiostro che forse metteremo davanti Aida. Dico forse perché io non l'ho quasi nemmeno ripassata e potrebbe essere un gran pasticcio...».

La prova a Milano
Poche settimane dopo, a metà gennaio 1872, vi fu a Milano la prova di prima lettura. Franco Faccio la diresse alla Scala, a porte chiuse. Verdi ascoltò, e ritirò la Sinfonia. La collocò a Sant'Agata, fra le carte d'archivio, e là essa rimase per quasi settant'anni. Nel Preludio che tutti amiamo, e del quale ammiriamo la raffinata parsimonia di invenzioni e l'eloquente brevità, Verdi aveva utilizzato tre temi che poi appaiono con forza e frequenza nell'opera: il tema cromatico che, quasi leitmotiv, identifica musicalmente il personaggio di Aida, la tormentosa gelosia di Amneris, il cupo motivo a canone che evoca la crudeltà inquisitoria dei sacerdoti. Ma aveva «dato rappresentanza», nella Sinfonia, anche al motivo Numi, pietà! e al tema in 6/8 (violini sulla quarta corda) cantato da un Radames presago della propria condanna a morte. In tutto, cinque temi, e in più, ahinoi, frammenti di certe famigerate fanfare e marce e danze.

Per fortuna, Verdi era autocritico. Quando il direttore Emilio Usiglio gli chiese di poter eseguire la Sinfonia, Verdi rispose il 26 gennaio 1875: «Non esiste nissuna sic sinfonia d'Aida. Ella forse avrà sentito dire che in una delle prove d'Aida a Milano, io feci eseguire un pezzo dall'Orchestra che aveva come l'aria di una sinfonia». Insomma: la Sinfonia di Aida, sosteneva Verdi, non esisteva. Chiuso.

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