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Questo articolo è stato pubblicato il 15 novembre 2012 alle ore 14:45.

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Discorso memorabile, carico di passione civile, quello del capo dello Stato agli Stati generali della cultura. Giorgio Napolitano ha richiamato la politica e i governi alle loro precise responsabilità. Troppo facile affidarsi a tagli lineari che non tengono conto di ciò che funziona e di ciò che non funziona nei vari ambiti della tutela, della ricerca scientifica e della cultura nel suo complesso.

La politica è saper scegliere, ha affermato con forza. Saper dire i sì giusti oltre che i no, sottolineando che sulla cultura e sulla scienza negli ultimi decenni sono stati detti troppi no. «La cultura non è tanto un'emergenza dimenticata quanto una scelta di fondo trascurata per lunghissimo tempo», ha detto Giorgio Napolitano. «L'Italia ha in campi fondamentali della ricerca talenti e prestigio di cui molti non si rendono conto. Abbiamo tesori e capacità ignorati, un dinamismo che è largamente sconosciuto. Talenti vessati da una foresta normativa che non fa che crescere». Il depauperamento della cultura generale e della formazione ci porterà ad avere dei vandali che si aggirano per i monumenti. Bisogna ripartire dalla scuola e dai saperi, coniugando passato e futuro, patrimonio e intelligenze e imprese creative. L'ispirazione generale deve essere l'articolo 9 della Costituzione che si rivela sempre più centrale e lungimirante dove si parla di beni culturali e paesaggistici ma anche di ricerca scientifica. Perché è dalla cultura e dal suo strettissimo legame con lo sviluppo, dalla necessità dopo il rigore di ricominciare a crescere, che dipende la nostra rinascita non solo economica ma anche democratica e civile.

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